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Arial, sans-serif;">
<p><br>
</p>
<div class="moz-forward-container">Gentili Iscritti, <br>
</div>
<div class="moz-forward-container">mi rivolgo soprattutto ai
Professionisti coinvolti, ai quali evidenzio l'articolo pubblicato
su Press-in che qui incollo.<br>
</div>
<div class="moz-forward-container"><br>
</div>
<div class="moz-forward-container">"Frequento" l'autismo da 34 anni
e sono in angsa da 26. Sin dai primi anni ho sempre assistito a
relazioni in cui si citava la scarsa "potatura" delle sinapsi.
Dunque non si tratta di una scoperta, quanto di un approfondimento
di studi precedenti , ho pensato come profana. La mia domanda per
voi è: nelle analisi genetiche che normalmente quasi tutte le
famiglie effettuano dopo la diagnosi questa particolare proteina è
da ricercarsi specificamente, o si evidenzia negli esami
normalmente effettuati?</div>
<div class="moz-forward-container"><br>
</div>
<div class="moz-forward-container">Grazie dell'attenzione.</div>
<div class="moz-forward-container"><br>
</div>
<div class="moz-forward-container">Noemi Cornacchia<br>
</div>
<div class="moz-forward-container"><br>
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<div style="padding: 20px">
<p>n. 1766<br>
<span style="font-size:130%;"><strong>Spettro autistico:
individuata una specifica forma di autismo</strong></span><br>
<strong><em>Il Font</em></strong> del 29/08/2022</p>
<p>Lo spettro autistico è caratterizzato da una forte
eterogeneità, con sintomi e disfunzioni a livello
neurologico di diversa gravità e impatto.</p>
<p>I ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e
dell’Università di Pisa, hanno individuato una forma di
autismo causata da una specifica alterazione neuronale: la
presenza di un eccessivo numero di sinapsi nella corteccia
cerebrale. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature
Communications, potrà guidare lo sviluppo di futuri
trattamenti farmacologici mirati a ripristinare queste
alterazioni.</p>
<p><strong>Spettro autistico: la scoperta </strong><br>
In questa immagine la porzione di un neurone in cui si
possono<br>
osservare le sinapsi evidenziate da una fluorescenza verde e
la<br>
corrispondente ricostruzione tridimensionale ha permesso ai
ricercatori<br>
di quantificare il numero di sinapsi nelle aree con
iperattività<br>
neuronale.<br>
I ricercatori hanno individuato una disfunzione che riguarda
i neuroni di un’area cerebrale deputata alla comunicazione,
i quali presentano un eccessivo numero di sinapsi, ovvero
quelle microscopiche protuberanze che servono per inviare e
ricevere segnali tra neuroni.<br>
L’osservazione di modelli animali tramite risonanza
magnetica ha mostrato che questa alterazione è associata a
un malfunzionamento del meccanismo molecolare della proteina
mTOR, responsabile della regolazione e produzione di
sinapsi, e potenziale target per trattamenti farmacologici.<br>
A conferma del ruolo chiave di questa proteina, i
ricercatori hanno dimostrato che quando la sua attività
viene inibita farmacologicamente, il numero di sinapsi
ritorna a livelli fisiologici, ristabilendo completamente la
corretta funzionalità dei circuiti coinvolti. “Questo lavoro
si inserisce negli studi sul cervello e le malattie del
neurosviluppo e rappresenta una tessera importante per
decodificare il mosaico rappresentato dall’autismo, che è
appunto un insieme eterogeneo di disturbi e cause”, dice
Alessandro Gozzi, Coordinatore del Centro di Neuroscienze e
Sistemi Cognitivi (CNCS) di IIT a Rovereto.<br>
“La sfida è identificare tutti i tasselli del mosaico
mancanti, così da permettere la futura messa appunto di
terapie di precisione mirate a specifici sottotipi di
autismo”.</p>
<p><strong>Un passo avanti per nuove terapie e farmaci
sperimentali</strong><br>
A partire da questi risultati i ricercatori sono riusciti a
fare un ulteriore passo avanti e identificare fra chi è
affetto da disturbi dello spettro autistico e coloro che
hanno questa specifica forma. A questo scopo, i ricercatori
hanno confrontato i loro dati con quelli provenienti da
banche dati di risonanza magnetica cerebrale di persone con
autismo.<br>
Attraverso l’uso di sistemi di intelligenza artificiale, il
confronto ha evidenziato in un sottogruppo di pazienti
disfunzioni di connettività cerebrale simili a quelle
riscontrate nei modelli murini e contemporaneamente analisi
genetiche hanno rivelato una anomalia della proteina mTOR.<br>
“Con questo studio” - dice il professore Massimo Pasqualetti
dell’Università di Pisa - “Si dimostra ancora una volta
quanto sia fondamentale affiancare alla ricerca clinica
modelli avanzati per lo studio del funzionamento del nostro
cervello.<br>
Questo, sia per capire quali alterazioni molecolari e
cellulari possono essere all’origine della patologia, che
per testare su questi stessi modelli farmaci sperimentali o
interventi terapeutici che potrebbero ridimensionare se non
addirittura eliminare le alterazioni cellulari osservate
nella condizione patologica”.<br>
</p>
</div>
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italic;">
<p> <strong>Press-IN</strong> è un servizio offerto
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Agevolata</strong> Onlus<br>
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