[autismo-biologia] trattamento precoce: quanto precoce?
daniela
daniela a autismo33.it
Mer 24 Maggio 2023 09:20:28 CEST
La sperimentazione descritta nell’articolo
Guthrie, W., Wetherby, A. M., Woods, J., Schatschneider, C., Holland, R.
D., Morgan, L., & Lord, C. E. (2023). The earlier the better: An RCT of
treatment timing effects for toddlers on the autism spectrum. Autism,
0(0). https://doi.org/10.1177/13623613231159153
https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/13623613231159153
è molto importante e difficilmente replicabile, per cui credo che vada
esaminata con molta attenzione.
Da molto tempo si ipotizza che un intervento abilitativo possa essere
tanto più efficace quanto più è precoce, in quanto sfrutterebbe la
maggiore plasticità del cervello presente nei primissimi anni di vita.
La sperimentazione oggetto dell’articolo si pone i seguenti quesiti:
quanto la terapia deve essere precoce e quanto deve essere intensiva?
Per rispondere a questi quesiti sono stati arruolati 82 bambini di età
dai 18 ai 27 mesi con diagnosi di disturbo dello spettro autistico
formulata da clinici esperti, che si avvalevano di numerose fonti di
informazione (A best-estimate diagnosis of ASD was made by expert
clinicians using multiple sources of information: the Autism Diagnostic
Observation Schedule–Toddler Module (ADOS-T; Lord, Luyster, et al.,
2012), symptom rating from a video-recorded home observation (Dow et
al., 2020), parent report of autism symptoms (Wetherby et al., 2021),
and standardized measures of development (Mullen, 1995) and adaptive
behavior (Sparrow et al., 2005).
Da questo gruppo sono stati estratti due gruppi randomizzati. Tutti
hanno ricevuto 9 mesi di trattamento individuale e 9 mesi di trattamento
di gruppo con ESI (Early Social Interaction Model) somministrato dai
genitori, formati e assistiti da professionisti.
La differenza tra i due gruppi è consistita nel tempo di
somministrazione dei due trattamenti: un gruppo ha ricevuto il
trattamento individualizzato a partire dall’età di 18 mesi e l’altro
gruppo lo ha ricevuto a partire dai 27 mesi. Nei nove mesi in cui non
ricevevano il trattamento individualizzato ricevevano il trattamento di
gruppo, in quanto non è più ritenuto etico al momento attuale lasciare
dei bambini con diagnosi di spettro autistico senza trattamento o con un
trattamento “placebo”
I bambini che hanno ricevuto il trattamento ESI a partire da 18 mesi
dopo 9 mesi hanno mostrato esiti migliori di quelli che hanno ricevuto
lo stesso trattamento a partire da 27 mesi. Le aree in cui gli esiti
sono stati migliori nel gruppo trattato sono state: il linguaggio
recettivo ed espressivo, la comunicazione sociale e le abilità della
vita quotidiana.
Questo miglioramento non è stato osservato nel gruppo di bambini che
hanno ricevuto lo stesso tipo di trattamento (ESI) ma non
individualizzato, bensì spiegato nei suoi principi generali ad un gruppo
di 4 o 5 famiglie.
Con un metodo rigoroso difficile da realizzare per interventi
abilitativi è stato dimostrato che:
- esiste una finestra temporale abbastanza stretta durante la quale
l’intervento è più efficace
- l’individualizzazione del trattamento è più efficace del trattamento
di gruppo.
Gli artefici diretti del trattamento sono stati i genitori formati dai
professionisti nel modo seguente:
per i primi sei mesi le sessioni di training dei genitori da parte di
professionisti esperti avvenivano tre volte alla settimana ( due a casa
e una in ambulatorio), mentre negli ultimi tre mesi le sessioni si
riducevano a due sessioni per settimana (una a casa e una in
ambulatorio).
Venivano formati uno o entrambi i genitori e ad essi si chiedeva di
applicare le strategie che venivano loro insegnate per almeno venti ore
alla settimana, in modo che si raggiungesse l’intensità del trattamento
Venivano individualizzati, e attualizzati nel corso dei mesi, gli
obiettivi da raggiungere, fissati consensualmente dai genitori e dai
professionisti.
Gli obiettivi della comunicazione sociale includevano: l’aumento
dell’uso spontaneo di gesti, suoni, parole e attenzione congiunta: la
risposta agli stimoli sociali, la comprensione delle parole, l’uso
funzionale degli oggetti, il gioco di finzione e l’aumento della
reciprocità nell’interazione.
Gli obiettivi della Regolazione Emotiva del bambino includevano: essere
disponibile per apprendere ed esprimere le emozioni, imparare strategie
regolatorie per calmarsi nei momenti di agitazione, comunicare le
proprie emozioni quando frustrati o quando il bambino aveva bisogno di
aiuto e usare strategie regolatorie per restare impegnato in attività e
per affrontare i cambiamenti o le situazioni nuove.
Il Supporto Transazionale includeva l’insegnamento ai genitori delle
strategie di intervento e dei supporti necessari per aiutare i bambini a
raggiungere gli obiettivi prefissati
Da quanto sopra esposto si evince che per i professionisti agire sui
bambini attraverso i genitori richiedeva un grande impegno, dal momento
che dovevano fare acquisire delle importanti competenze abilitative a
dei genitori che quasi sempre partivano da zero.
Il vantaggio di agire mediante i genitori consiste nel fatto che questi
possono estendere l’abilitazione in tutte le ore della giornata e
soprattutto possono utilizzare l’apprendimento incidentale, che è la
forma di apprendimento naturale grazie al quale i bambini normodotati
acquisiscono in modo naturale, senza un insegnamento programmato,
tantissime abilità, in primis l’apprendimento della lingua materna, nei
primi anni di vita.
Quando si passa dalla sperimentazione alla vita reale si devono cogliere
gli elementi essenziali e tradurli nelle diverse situazioni di ogni
realtà.
La formazione degli adulti in molte realtà italiane potrebbe essere
rivolta ai genitori e alle maestre dell’asilo nido in modo da
alleggerire l’impegno dei genitori e da garantire un’abilitazione h 24
ai bambini che frequentano l’asilo nido.
Il coinvolgimento del personale dell’asilo nido presenta un altro
vantaggio. Si supererebbe uno dei punti di debolezza della
sperimentazione, di cui gli autori parlano anche nell’articolo. La
sperimentazione è stata fatta con genitori selezionati in quanto colti e
capaci di acquisire velocemente le abilità necessarie per
l’abilitazione. Ma i bambini con autismo appartengono a tutte le classi
sociali, anche a quelle a basso reddito e a bassa scolarità, mentre il
personale dell’asilo nido garantirebbe un punto di partenza culturale
più alto e più specifico.
Negli ultimi anni anche in Italia la diagnosi di spettro autistico è
stata anticipata in molto casi ai primi due anni di vita.
Questa precocità diagnostica risulta utile, alla luce di quanto sopra
riportato, a patto che ci sia una buona organizzazione sinergica in
senso qualitativo e quantitativo da parte dei Servizi Sanitari ed
educativi per iniziare subito dopo la diagnosi un trattamento “evidence
based”
Daniela Mariani Cerati
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