[autismo-biologia] [autismo-scuola] significato mutevole di autismo

albertofagni a libero.it albertofagni a libero.it
Sab 18 Mar 2023 11:40:45 CET


Buongiorno. 

Cercherò di essere molto conciso nel rispondere alla  Faggioli, dato che la discussione è andata per le lunghe, ma credo di dovermi difendere . 

- Trovo corretto non usare la dicitura autismo di livello zero e sarò il primo a non usarla più, nemmeno in modo provocatorio, quando anche i suoi colleghi (alcuni ovviamente) smetteranno di fare "diagnosi di autismo senza disturbo" ovvero che non soddisfano il criterio D.

- Una diagnosi deve essere fatta se il criterio D viene soddisfatto e non per andare incontro alle esigenze di un paziente. 
Non per sfiducia nei clinici, ma perché basarsi sui racconti di sofferenze passate non ha molto senso, dato che, come lei ha ammesso, dipendono dalla sincerità del paziente stesso.

E il paziente può avere tanti motivi oggi per volere una diagnosi di autismo:
- è meno stigmatizzante della sua diagnosi primaria.
- è figa e si può spendere per fare video di tendenza sui social media
- da alcuni viene spesa per vendersi come formatori nell'autismo, pur non avendo alcun titolo per farlo. 
- per un genitore può essere rassicurante, fa pensare ad una prognosi benigna per il figlio e abbassare parecchio la guardia ( il genitore penserà che anche il figlio potrà agevolmente diventare autonomo come lui) 

Quando scrive che le diagnosi siano cambiate per l'entrata in vigore del DSM 5 , che non considera la DI e il disturbo del linguaggio come sintomi dell'autismo, non concordo, perché non lo erano nemmeno nel DSM IV con la sua triade diagnostica. 

Inoltre non sono io a dirlo, ma Mottron e altri ricercatori, post un estratto preso da uno studio di cui metto sotto il link :

//


Il professor Laurent Mottron, del dipartimento di psichiatria dell'Università di Montreal, ha dichiarato: "Se questa tendenza vale, la differenza oggettiva tra le persone con autismo e la popolazione generale scomparirà tra meno di 10 anni. La definizione di autismo può diventare troppo sfocata per essere significativa - banalizzando la condizione - perché stiamo applicando sempre più la diagnosi a persone le cui differenze dalla popolazione generale sono minori

Pronunciato.”

Lo studio ha esaminato i criteri diagnostici per 23.000 persone con autismo dal 1966 al 2019.

Una diagnosi di autismo si basa su una serie di test psicologici e neurologici che guardano a quanto bene qualcuno può riconoscere emozioni e intenzioni, la sua capacità di passare da un compito all'altro, la pianificazione delle attività, l'inibizione, il volume cerebrale e le loro risposte alla stimolazione sensoriale.

Tuttavia, il rapporto afferma che il team ha scoperto che negli ultimi decenni la differenza misurabile tra le persone con e senza autismo era diminuita fino all'80 per cento. Sebbene i criteri diagnostici siano rimasti gli stessi, il modo in cui sono stati interpretati dai medici è cambiato, ha scoperto lo studio.

"Cinquant'anni fa, un segno di autismo era una mancanza di apparente interesse per gli altri", ha aggiunto Mottron. "Al giorno d'oggi, è semplicemente avere meno amici di altri. L'interesse per gli altri può essere misurato in vari modi, come entrare in contatto visivo. Ma la timidezza, non l'autismo, può impedire ad alcune persone di guardarne altre. L'autismo è una categoria naturale a un'estremità del continuum di socializzazione. E dobbiamo concentrarci su questo estremo se vogliamo fare progressi”.

La sovradiagnosi ha anche portato le persone a essere incluse negli studi per nuovi farmaci e terapie quando non hanno la condizione, avvertono gli autori. Non ci sono stati nuovi farmaci per l'autismo in un decennio.//
tratto da https://www.facebook.com/groups/327140318180758/permalink/946118136282970/

- Quanto al discorso che lei condivida solo in parte ciò che viene promosso e propagandato da Neuropeculiar, lo trovo contraddittorio con il fatto che lei poi dica di far parte del loro comitato scientifico.
 Ricordo che Neuropeculiar spesso banalizza l'autismo, attacca l'ABA e i genitori che la scelgono come intervento e addirittura ha promosso in un loro convegno le posizioni di un genitore che usa la CF con il figlio, anzi è stato reso come modello positivo di genitore. 
Mi fermo qui, anche se potrei scrivere molto altro. 

PS Si, io sono un semplice genitore e non un professionista, ma lo ricordi anche ai suoi amici di NP, visto che ayy

attaccano  di continuo i professionisti e le posizioni scientifiche e nemmeno loro sono dei professionisti, per quanto si definiscano formatori e addirittura "ricercatori".

Saluti 
Alberto Fagni 
> Il 14/03/2023 09:55 Ambulatorio Autismo <ambulatorioautismoadulti a gmail.com> ha scritto:
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> Buon giorno a tutti,
> mi fa piacere che il Sig. Fagni condivida anche lui che l’autismo 0 non esiste, quindi penso che possiamo  bandire per sempre dai nostri discorsi  questa definizione  sbagliata che può fuorviare chi non ha le giuste conoscenze.
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> Posso comprendere le sue perplessità e i suoi dubbi ma vedo che la sua mail è piena di criticità e sfiducia verso l’operato dei clinici. Naturalmente fra gli esseri umani ci sono delinquenti di tutti i tipi, persone poco professionali e persone che cerano di approfittare economicamente della loro posizione. Credo che questo tipo di persona sia ben distribuita in tutte le professioni, i tutti i contesti sociali e in qualsiasi tipo di funzionamento umano. Quindi ce ne sono sicuramente anche fra psicologi psichiatri e neuropsichiatri. Ma questa considerazione non dovrebbe a mio modo di vedere portarci a una sfiducia così grande come quella che traspare dai suoi commenti. Comprendo i suoi dubbi ma  francamente trovo difficile interloquire su una posizione così general generica che riguarda l’umanità tutta.
> 
> 
>  Su tre cose non sono invece assolutamente d’accordo con il Sig. Fagni:
> 1. dire che se "uno ha sempre avuto le capacità di superare le sue difficoltà, senza fare nessun tipo di terapia ed avere nessun tipo di supporto, significa che il criterio D non è soddisfatto” è proprio sbagliato. La sofferenza psichica lascia sempre una traccia che il clinico deve saper valutare e comunque è sempre necessario che si chieda come sta e quanta fatica faccia la persona nel presente. A parte il fatto che in genere le persone adulte che arrivano al percorso diagnostico hanno già fatto prima percorsi di supporto psicologico di cui non sono soddisfatte, ci possono essere innumerevoli  motivi per cui una persona non ha richiesto aiuto, da quello economico alla sfiducia nel lavoro psicologico, dall’orgoglio a forme di malessere tanto forte da impedire di attivarsi, dal non vedere riconosciuto il proprio bisogno al sentirsi dire che non c'è necessità di terapia. E sicuramente ce ne sono tantissimi altri. Non è detto che non avere o non aver avuto una terapia  sia indice di mancanza di bisogno. È compito del clinico valutare la sofferenza e il bisogno ed è suo compito dotarsi delle capacità, della formazione e degli strumenti per saperla riconoscere e saperla comprendere. Posso capire la sfiducia nella capacità dei clinici di fare valutazioni di questo tipo ma trovo sbagliato fare una generalizzazione così negativa. 
> Negli anni ’90 c’erano pochissimi clinici capaci di diagnosticare l’autismo, oggi proliferano i servizi e naturalmente è difficile scegliere e può essere difficile valutare la competenza di un clinico. Ma io sono contenta che i servizi prolifichino perchè questo stimola la crescita professionale. 
> E inoltre naturalmente  ogni adulto che si deve occupare della salute dei suoi cari deve impegnarsi a ricercare il clinico migliore. Non è una cosa che riguardi solo l’autismo.
> 
> 
> 2. Lo stesso vale per quando scrive “ E  i vari test sono facili da  indirizzare. Io posso decidere il punteggio che voglio avere in un test  che voglia "misurare" i miei sintomi autistici, ma se si vuole valutare il mio autismo sul presente un clinico non potrebbe mai darmi una diagnosi…”. Il Sig. Fagni, come del resto chiunque,  può al massimo scaricare i test autosomministrati e se vuole manipolarli  basta che scarichi i punteggi o li cerchi nei libri in cui sono pubblicati.  Così certamente si,  potrebbe manipolarli. Ma un clinico serio non farebbe mai la diagnosi  solo ed esclusivamente su quel tipo di test, proprio perchè essendo facilmente reperibili sono anche facilmente manipolabili. Nonostante questo le ricerche scientifiche ci dicono che comunque alcuni di questi test, come la RAADS-R, per esempio, sono molto forti ma naturalmente si parte dall’assunto che chi compila lo faccia rispondendo in modo onesto. Per fortuna non abbiamo a disposizione solo test autosomminstrati, questi non sono gli  unici test disponibili. Un clinico competente dovrebbe sapere  che ci sono test che raccolgono altri tipi di informazioni che non sono soggette a punteggi tipo “risposta giusta o sbagliata” o con i criteri dei test disponibili on line. Ci sono interviste alle famiglie, interviste ad altri operatori e test che riflettono il parere del clinico. È l’insieme dei risultati di questi test che un clinico esperto dovrebbe saper valutare. In ogni caso mi pare evidente che si continui a sottovalutare il fatto  che la diagnosi è sempre clinica perché non esiste un test che possa considerarsi completamente sicuro al 100%. Questa cosa è ampiamente dichiarata e documentata anche scientificamente ovunque.  I test possono sostenere il giudizio diagnostico ma questo è, alla fine, sempre e solo del clinico. Questo significa che  la diagnosi riflette sempre  il parere professionale del professionista, anche indipendentemente dall’esito dei test. Questo da una maggiore responsabilità al clinico che dovrebbe quindi essere molto attento. Naturalmente il Sig. Fagni non è un professionista e quindi non conosce i test e non sa quale tipo di lavoro deve fare il clinico quando li somministra. Ma proprio per questo trovo che sia fuorviante che faccia affermazioni di questo tipo con tanta sicurezza invece, magari, di chiedere qualche informazione in più.
> Vorrei anche sottolineare che se una persona che richiede un parere diagnostico mente, la responsabilità primaria è sua perché così facendo distrugge la relazione con il clinico. Ci possono essere innumerevoli motivi per cui una persona mente oltre a quelli che il Sig. Fagnmi descrive nella sua mail e ci sono anche tante persone che cercano in tutti i modi di farsi togliere la diagnosi di autismo cercando in tutti i modi di apparire neurotipiche.  In ogni caso, poiché non esiste un test incontrastabile, come potrebbe essere un test genetico, se un paziente mente bene potrebbe comunque indurre un parere sbagliato nel clinico. I clinici devono stare attenti e dotarsi di strumenti, della formazione e della supervisione che serve per contenere questi problemi ma naturalmente potrebbero comunque cadere vittima dell’imbroglio. Ma se è imbrogliato il clinico è la vittima e non il responsabile della menzogna. Chi mente è responsabile.
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> 3. Infine quando dice che non è mutata la diagnosi di autismo per i vari manuali. In realtà il DSM-5 segna un cambiamento epocale perché definisce i Disturbi del Neurosviluppo, che prima non erano definiti, e pone le basi per un’unica diagnosi di autismo escludendo in modo definitivo la disabilità intellettiva e il disturbo del linguaggio dai sintomi di autismo. Un grande cambiamento che suscita ancora molte discussioni come del resto si evince dallo scambio nato dalla mail di Carlo Hanau.
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> Per quanto riguarda Neuropeculiar: il Sig. Fagni si sbaglia, io non ho sollevato nessun discorso né punto nè domanda su questa associazione né sui suoi soci in questa sede né in altre e non ho posto alcuna domanda per cui lui, o chiunque altro, mi debba risposte. 
> Non ho mai preso  le loro difese perché non ho mai pensato che ne abbiano bisogno. Sono persone adulte autonome e autodeterminate, responsabili delle loro scelte e delle loro posizioni.  
> Preciso che,  insieme ad altri colleghi, faccio parte del Comitato Scientifico dell’Associazione. Io mi confronto spesso con loro  e non ho mai avuto problemi a trovare un piano di confronto rispettoso delle posizioni personali, anche quando non siamo d’accordo. Ritengo quindi che chiunque possa trovarlo se lo desidera. Mi pare però poco corretto porre queste critiche in una sede dove nessuno di loro è presente non permettendo nessun tipo di confronto che consenta alle altre persone della lista di conoscerli e di poter fare le proprie valutazioni.
> 
> 
> Infine vorrei dire a Carlo che  trovo grave questa scollatura fra genitori e persone autistiche, saper accettare che ci siano diversi livelli di ricaduta sulla qualità di vita dovrebbe rassicurare sul fatto che non verranno trascurate le persone che hanno dalla loro condizione gravi ripercussioni sulla qualità di vita e sull’indipendenza e l'autonomia, ma per garantire che ciò accada non serve litigare, servirebbe invece promuovere la formazione dei clinici. Perché è da loro che dipende la valutazione della ricaduta sulla qualità di vita e sono loro che dovrebbero saper spiegare chi quando e perché ha bisogno di incerto tipo di aiuto. Card si possa trovare un giusto equilibrio fra ascoltare i clinici e ascoltare le persone autistiche e ascoltare i genitori. Ma anche ascoltare chiunque avario titolo voglia zarlaredi autismo. Paleseante nessuno può parlare per tutti e forse tutti dovrebbero parlare. Per sé o per le proprie associazionni o gruppi.
> 
> 
> Io credo che i clinici possano definirsi davvero competenti di autismo se lo conoscono in tutte le sue declinazioni, stili di funzionamento cognitivo, se lo conoscono nei bambini così come negli adulti, se hanno potuto interagire in diversi contesti non solo in quello clinico.
> 
> 
> Quando sono stata alla Divison TEACCH alla fine degli anni ’90 ho capito che l’autismo era qualcosa di molto più vasto e complesso di quello che noi percepivamo in Italia e ho capito che non avevamo alcuna idea di cosa fosse quello che allora chiamavamo autismo HF (High Functioning). Alla Division TEACCH già da almeno un decennio  avevano servizi differenziati anche in base alla ricaduta sulla qualità di vita e sull’autonomia, avevano gruppi diversificati per stile di funzionamentocognitivo e collaboravano non solo con i genitori ma anche con le persone autistiche, io stessa sono stata parecchio tempo con persone autistiche che mi hanno  spiegato il loro stile di funzionamento e il lavoro clinico di cui godevano. Era la prima volta che mi accadeva d è stata un’esperienza che ha segnato le mie scelte.
> Proprio allora ho fatto alcune scelte professionali che hanno dato una direzione al mio lavoro: ho scelto di tradurre con altri colleghi i test gold standard in Italiano, di  promuovere la formazione su come fare la diagnosi, e ho scelto di approfondire la diagnosi nelle direzioni più complesse: nei bambini molto piccoli e negli adulti senza disabilità cognitiva. Proprio grazie a queste scelte, posso  affermare di essere  certamente stata uno dei primi clinici italiani a fare al diagnosi ad adulti senza compromissione cognitiva che si chiedevano se potevano essere autistici. Ma prima di allora avevo lavorato per moltissimi anni solo con persone autistiche  disabili intellettive e lavoro con loro tantissimo ancora oggi. Io so bene che è proprio perché ho lavorato tanto con loro che ho imparato molte cose che mi sono state molto utili per comprendere meglio le persone autistiche senza compromissione cognitiva. Allo stesso modo poter  ascoltare persone che possono descrivere il proprio mondo interno mi ha permesso di imparare  cose utilissime anche per le persone con disabilità intellettiva. 
> 
> 
> Io ho fatto scelte su cui ho sempre messo la faccia e ancora oggi mi impegno al meglio che posso per tenere aperto uno stabile confronto con le persone autistiche che si occupano di advocacy così come con moltissime altre persone autistiche molto meno presenti sui social, così come con tanti genitori con cui lavoro quotidianamente e, anche se indirettamente, osservando i bambini e tutte quelle persone autistiche di ogni età e stile di funzionamento che non possono descriverci il loro mondo interno ma ci mostrano come agiscono. Mi confronto con colleghi di tutti i tipi, leggo i loro libri, anche quelli dei professionisti psicodinamici. 
> Ascoltare, leggere e confrontarsi  sono per me strumenti di conoscenza. Naturalmente rivendico l’originalità del mio pensiero e rifiuto assolutamente di prendermi la responsabilità di cose che non ho mai detto né affermato.  Se promuovo qualcosa che dice un’altra persona, sia essa un clinico, un genitore o una persona autistica vuol dire che quel contenuto mi è piaciuto e che l'ho trovato stimolante. Solo di quello che condivido e di ciò che dico personalmente mi prendo la responsabilità.
> Ritengo che soprattutto in questo momento storico in cui i criteri diagnostici si son tanto allargati, sia importantissimo, anche essenziale, per clinici  osservare e ascoltare per imparare.
> Ma andrebbe ricordato che osservare e ascoltare non significa aderire a qualsiasi cosa, significa raccogliere elementi per poter pensare e fare le proprie riflessioni e le proprie scelte in una visione più ampia.
> Giudicare senza un confronto induce sempre e solo a grandi tensioni.
> 
> 
> Buona giornata a tutti
> Raffaella Faggioli 
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> > Il giorno 9 mar 2023, alle ore 11:24, albertofagni a libero.it <mailto:albertofagni a libero.it> ha scritto:
> > 
> > 
> > Dottoressa Faggioli, 
> > 
> > io sono d'accordo con lei quando dice che NON esiste l'autismo di livello ZERO , termine che probabilmente ho iniziato ad sare io, per spiegare come ci siano troppi autistici o comunque persone che si dichiarano tali, ma che non rientrano nei criteri della diagnosi. 
> > E come lei sono dell'idea che non si possa usare il termine autistico come semplice aggettivo al di fuori di una diagnosi medica.
> > 
> > Questo punto per me è basilare perché troppe volte leggo di diagnosi "senza disturbo" cioè senza che il criterio D sia soddisfatto, nei tanti gruppi di autismo e vengono difese dagli stessi professionisti .
> > Con Vagni ho avuto una discussione su questo punto sul mio profilo Facebook 
> > <iframe src="https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Falberto.paperinik%2Fposts%2Fpfbid0oXa7jWJQybJJMaZd9EVuhLKqqbvsWUg9FS94EGFJ4eoTkHVAQLqnNGZH11xGQ2Ll&show_text=true&width=500" width="500" height="303" style="border:none;overflow:hidden" scrolling="no" frameborder="0" allowfullscreen="true" allow="autoplay; clipboard-write; encrypted-media; picture-in-picture; web-share"></iframe>
> > 
> > In quella discussione David ha difeso la possibilità di fare diagnosi psicologiche di autismo senza disturbo e di poterle definire diagnosi e non valutazioni . Ciò ovviamente genera confusione e molti penseranno di avere una vera diagnosi e non di avere solamente dei tratti autistici e al limite essere subclinici. 
> > 
> > Adesso leggo che entrambi riteniate sia corretto fare diagnosi prendendo in considerazione tutti quelli che raccontano di aver affrontato difficoltà nella vita per cavarsela ed essere autonomi, basta che questa sofferenza sia dovuta ad alcuni tratti autistici.
> > Lei afferma in una sua risposta che chi cerca una diagnosi vada accolto perché cerca risposte a delle difficoltà. 
> > Concordo, ma ciò non significa che tutte siano da accogliere con delle diagnosi .
> > Perché se uno ha sempre avuto le capacità di superare le sue difficoltà, senza fare nessun tipo di terapia ed avere nessun tipo di supporto, significa che il criterio D non è soddisfatto. 
> > Perché se la diagnosi dovesse premiare  tutti quelli che raccontano sofferenze e difficoltà superate, nessuno sarebbe esente da diagnosi. 
> > Aggiungo che spesso queste persone hanno delle difficoltà che sono ascrivibili a ben altre diagnosi dalle quali provengono, ma che trovandole più stigmatizzanti della diagnosi di autismo (e meno fighe) cercano di rifugiarsi in quella di autismo. 
> > Ora con tutta la fiducia che posso avere nei clinici, se la diagnosi si fa solo sul racconto di difficoltà superate, non sarà difficile per ch conosce lo spettro avere una diagnosi di autismo (oramai anche on line) 
> > E  i vari test sono facili da  indirizzare. Io posso decidere il punteggio che voglio avere in un test  che voglia "misurare" i miei sintomi autistici, ma se si vuole valutare il mio autismo sul presente un clinico non potrebbe mai darmi una diagnosi , né io  vorrei mai una diagnosi che mi limita e che non mi darebbe alcun supporto utile, visto che sono completamente autonomo. 
> > E se fossi altro , cioè bipolare, depresso etc etc , comunque una diagnosi non pertinente, per quanto più figa, mi allontanerebbe dai supporti e dalle terapie corrette. 
> > Io temo che oramai chi ha avuto difficoltà nella vita legate alla propria omosessualità, alla propria depressione o per qualsiasi altro motivo, può  spingere per avere una diagnosi di autismo . 
> > Senza voler accusare nessuno mi chiedo e vi chiedo se non ci sia il rischio che molti da clinici si stiano trasformando (in modo anche inconsapevole) in VENDITORI di diagnosi ? 
> > 
> > Altro punto al quale vorrei rispondere è sul fatto che lei dottoressa ha preso le difese dei vari attivisti , i quali si lamentano che qualcuno possa mettere in dubbio le loro diagnosi. 
> > Siccome sappiamo benissimo che la critica è rivolta soprattutto a me da parte dei suoi pazienti di Neuropeculiar (mi piace essere molto diretto) , faccio notare alcune cose : 
> > 
> > - Io non metto in dubbio le loro diagnosi ,ma come descrivono le diagnosi, che vorrebbero slegare dai vari manuali diagnostici. Sono loro a metterle in dubbio casomai. 
> > - Alcuni di quelli che loro invitano ai loro convengni e che si definiscono autistici, hanno ammesso di non avere una diagnosi e che non l'hanno mai cercata non avendo bisogno di supporti. 
> > - Visto che usano la loro diagnosi per vendersi come formato come se fosse un titolo di studio, non vedo perché non dovrebbero renderla pubblica ? ( Questa è una mia provocazione, ma davvero chi ha una diagnosi può fare il formatore senza avrebbe i titoli? )
> > 
> > - Le stesse persone che si lamentano che le loro diagnosi siano messe in dubbio, sono quelle che attaccano i genitori, dicendo loro che un genitore NON ha alcun diritto di parlare di autismo, ma solo loro possono in quanto autistici... Come se loro potessero sapere come pensa e, cosa pensa e cosa prova un autistico non verbale. 
> > 
> > - Sempre loro hanno creato un clima di guerra alle definizioni mediche e corrette , tanto che molti professionisti hanno smesso di scrivere e non si espongono per non essere attaccati .Proprio durante questa discussione alcuni professionisti mi hanno scritto in privato, dicendosi d'accordo con la mia posizione, ma che non avrebbero scritto poiché stanchidel clima di attacco alle posizioni corrette e mi hanno anche fatto notare che sono sempre meno i professionisti che si espongono nelle discussioni su questa lista . 
> > Non è un caso che a farlo siate stati soprattutto in due , entrambi molto vicini alle posizioni di questi attivisti o comunque li si voglia definire. 
> > 
> > Quindi non è mutata la diagnosi di autismo per i vari manuali, ma sta mutando perché si è creato un mercato , si è creato il bisogno di ricercare una diagnosi. 
> > 
> > Saluti 
> > Alberto Fagni
> > (mi scuso per gli errori, ma preferisco non rileggere ) 
> > > Il 08/03/2023 11:15 Raffaella Faggioli <ambulatorioautismoadulti a gmail.com <mailto:ambulatorioautismoadulti a gmail.com>> ha scritto:
> > > 
> > > 
> > > 
> > > Ciao David, naturalmente è necessario tenere conto che abbiamo professionalità diverse,  sensibilità diverse e  responsabilità diverse. Naturalmente io sono principalmente un clinico impegnata  stabilmente nella valutazione diagnostica di persone di tutte le età e di tutti i funzionamenti cognitivi  e solo in seconda battuta sono una ricercatrice (nella pratica quotidiana, io produco idee di ricerca e una montagna di dati che altri leggono)
> > > 
> > > 
> > > Magari mi sbaglio ma mi sembra che anche sui i bambini in realtà siamo d'accordo nel momento stesso in cui scrivi: Il problema è che tu sai che prima o poi quel bambino cadrà. Ed è esattamente per questo che non esiste il livello 0 nei bambini perché noi sappiamo che prima poi, hai ragione spesso ai cambi di ciclo scolastico, ci sarà qualche cosa che lo porterà alla sofferenza e a sentirsi in dovere di mascherarsi, a non sentirsi “normale” e a percepire una diversità che lo farà  sentire solo al mondo (un extraterrestre, metafora molto significativa, chiara e diretta usata da moltissime persone autistiche) e quindi anche poco amato. Non basta  questo come ricaduta sulla qualità di vita? Io direi proprio di si. La sofferenza testimoniata da  tanti adulti autistici, l’intenso lavorio interiore che devono fare gli adolescenti, che magari non si mettono sui social, ma che noi terapeuti che li seguiamo costantemente ben conosciamo e che conoscono i loro genitori, non dovrebbe lasciarci indifferenti.
> > > 
> > > 
> > > Naturalmente anche per me, con un bambino l’approccio clinico è molto diverso da quello con gli adulti ed è naturale che un clinico possa avere dubbi, io stessa li ho e quando li ho mi prendo il tempo per definire il mio giudizio diagnostico. Ma la diagnosi a un bambino è una proiezione in avanti che influenzerà tutta la sua vita: una volta fatta ci aspettiamo e anche pretendiamo che il mondo intero tenda ad  adattarsi al suo stile di funzionamento e che gli adulti che si occupano della sua educazione  mettano in atto strategie educative più mirate, strategie di conversazione più adatte al suo stile di funzionamento, protezione dall’esposizione incontrollata e costante a stimoli sensoriali e sociali inadeguati e forieri di sofferenza e stress. Quanti adulti autistici ci dicono che quando stanno in un gruppo intento in una conversazione si sentono stabilmente in allerta? Vogliamo “regalare” questo tipo di sensazioni e queste fatiche ai bambini?.  
> > > Sappiamo che questo tipo di sforzo e di sofferenza porta in adolescenza a problematiche psichiatriche. La diagnosi deve quindi a mio avviso essere pensata anche per contenere questa inutile devastazione. La diagnosi dovrebbe proteggerli da eccessivi sforzi di mascheramento così come dal non sentirsi accettati per quello che si è o dalla sensazione di essere extraterrestri. Dovrebbe permettere agli adulti che si occupano della loro educazione di farli crescere il più confidenti possibile in sè stessi, con meno sensazione di estraniamento, più legittimati. Una diagnosi sbagliata nei bambini, anche in quelli in plus dotazione e con un linguaggio pienamente fluente, avrà una ricaduta sulla salute psicologica, sulla sofferenza psichica e sull’esposizione a non sentirsi compresi. Inoltre avrà una ricaduta sulla possibilità di autodeterminarsi. 
> > > Se esito a fare la  diagnosi a un bambino non è perché lo vedo a livello 0, che ribadisco non esiste, ma perché ci sono situazioni in cui i sintomi sono difficili da decifrare in pochi incontri ed è necessario conoscerlo meglio e in modo più profondo.
> > > Ci possono essere molti motivi per cui il suo stile di funzionamento autistico non è immediatamente apprezzabile e la conoscenza, stare in relazione è, in questi casi, l’unica strategia che abbiamo per capire. 
> > > 
> > > 
> > > Ma non è mai quello che viene proposto come il livello 0  per gli adulti, anzi se mai ci sono bambini, soprattutto piccoli, anche chiaramente autistici che non hanno una vera e propria ricaduta sulla qualità di vita al momento della diagnosi, ma possiamo ben prevedere che ne avrà e la diagnosi dovrebbe servire a tutelarli e a dargli un mondo sociale più capace di capirli e più adatto al loro stile di funzionamento. Esattamente come dici anche tu.
> > > È un diritto inalienabile dei bambini che gli adulti si muovano in questa prospettiva protettiva. Quindi io non ritengo affatto di “forzare” il sistema, credo sia giusto porre le basi per aiutare il bambino a crescere il più sereno possibile.
> > > 
> > > 
> > > E il criterio D non può e non deve essere inteso solo come “il tuo stile di funzionamento autistico ti impedisce di lavorare e di essere autonomo” ma anche come ricaduta in termini di sofferenza e  di disagio psichico. D’altronde qualche volta la sofferenza può essere così forte da impedire di realizzarsi e di diventare autonomi. E la sofferenza psichica non è sapere psichiatrica.
> > > È  ora di riconoscere e dare valore anche a questo aspetto con buona pace di chi pensa che psicologi e psichiatri siano (non)professionisti facilmente abbindolabili e incapaci di riconoscere la sofferenza psicologica e la ricaduta che questa ha sulla qualità di vita e sull’autodeterminazione.
> > > 
> > > 
> > > Raffaella 
> > > 
> > > 
> > > 
> > > 
> > > 
> > > 
> > > 
> > > 
> > > > Il giorno 1 mar 2023, alle ore 17:37, David Vagni <david.vagni a gmail.com <mailto:david.vagni a gmail.com>> ha scritto:
> > > > 
> > > > Cara Raffaella,
> > > > a parte l’avere idee diverse sull’unitarietà dell’autismo, concordo sul resto del tuo discorso ma vorrei aggiungere un commento alla tua ultima parte:
> > > > 
> > > > 
> > > > 
> > > > > Inoltre dovrebbe farci riflettere che questo problema non esiste quando parliamo di bambini esiste solo per quanto riguarda gli adulti. Ma questi adulti sono stati bambini e adolescenti che probabilmente hanno sofferto per non sentirsi né capiti né integrati e per una diversità che li ha sempre fatti sentire estranei. > > > > 
> > > > Come sai non faccio diagnosi (ripeto, sono un ricercatore non un clinico) ma partecipo a tantissime valutazioni. Devo dire che anche se è infrequente, mi è capitato più di una volta di osservare situazioni di "autismo si, autismo no, autismo forse” anche nei bambini, relativamente al criterio del “funzionamento”.
> > > > 
> > > > 
> > > > Purtroppo nei bambini, ancora più che negli adulti, è difficile (e rischi di essere preso per pazzo o peggio) fare diagnosi in presenza di un buon funzionamento, perché se sono in un ambiente “protetto”, l’ambiente stesso tende a mascherare le difficoltà (genitori iper-presenti, piccola scuola privata, etc.).
> > > > 
> > > > 
> > > > Il problema è che tu sai che prima o poi quel bambino cadrà. Perché il problema è che quando i tratti autistici ci sono, anche in presenza di un buon funzionamento (e magari momentaneamente anche in assenza di stress psicologico), prima o poi quella cosa che ti fa crollare la trovi. Spesso è il passaggio da un ciclo scolastico all’altro o un trasloco.
> > > > 
> > > > 
> > > > In generale in quei casi spesso uno scrive “ci sono marcati tratti… ma il funzionamento al momento….” “si consiglia di tenere sotto osservazione”…”si consiglia ugualmente di fare un parent-training”, etc.
> > > > Ma spesso bambini nello spettro hanno genitori, almeno con una gamba nello spettro ed il pensiero dicotomico la fa da padrone e viene ulteriormente incentivato da un sistema sociosanitario pensato per la cura/assistenza molto più che per la prevenzione. 
> > > > 
> > > > 
> > > > Il risultato è che frequentemente in quei casi non fanno nulla e poi ritornano dopo 2, 4, 6 anni, quando scoppia il problema.
> > > > 
> > > > 
> > > > Questo penso dovrebbe far ragionare su una cosa, medici e psicologi, di cosa si occupano? Della malattia o della salute? Perché se ci occupiamo della salute dovremmo impegnarci primariamente nella prevenzione. Ma il “sistema” non lo consente. 
> > > > 
> > > > 
> > > > Quanto è lecito forzare il sistema per fare prevenzione?
> > > > 
> > > > 
> > > > Questa penso sia una domanda interessante da porsi e a cui non ho una risposta. _______________________________________________
> > > > Lista di discussione autismo-biologia
> > > > autismo-biologia a autismo33.it <mailto:autismo-biologia a autismo33.it>
> > > > Autismo-biologia e' una lista di discussione promossa dall' A.P.R.I., Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l'autismo e il danno cerebrale.
> > > > www.apriautismo.it <http://www.apriautismo.it>
> > > > 
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