[autismo-biologia] Appropriateness of psychotropic medication use in a cohort of adolescents with intellectual disability in Queensland, Australia.
daniela
daniela a autismo33.it
Ven 26 Mar 2021 15:29:05 CET
L’uso inappropriato di psicofarmaci nei minori con disabilità mentale
(intellettiva con e senza disturbi del comportamento) è una
“malpractice” diffusa in tutto il mondo.
E’ diventata una routine sostenuta da un’esperienza pluridecennale e
viene da pensare a quello che dell’esperienza diceva il Dottor Paolo
Vergnani ad un corso di formazione dell’azienda ospedaliera
universitaria S. Orsola-Malpighi “L’esperienza è una serie di errori
ripetuti all’infinito”.
Song e colleghi hanno analizzato questa realtà, l’hanno quantizzata e ne
hanno tratto raccomandazioni per un miglioramento delle prassi attuali.
Hanno pubblicato i risultati della loro ricerca lo scorso novembre
nell’articolo
Song M, Ware RS, Doan TN, McPherson L, Trollor JN, Harley D.
Appropriateness of psychotropic medication use in a cohort of
adolescents with intellectual disability in Queensland, Australia.
BJPsych Open. 2020;6(6):e142. Published 2020 Nov 17.
doi:10.1192/bjo.2020.125
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7745239/#ref28https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7745239/#ref28
Gli autori partono dalla constatazione che gli psicofarmaci vengono
prescritti spesso al di fuori delle indicazioni raccomandate dalle case
farmaceutiche sul foglietto illustrativo (c.d. bugiardino) in base alle
sperimentazioni scientifiche. Essi distinguono le prescrizioni off
label, quelle appunto non giustificate da una condizione per la quale il
farmaco è stato sottoposto a sperimentazione, dalle prescrizioni
inappropriate, che possono essere definite tali anche quando il farmaco
è in label. Il tutto riferito agli adolescenti con disabilità mentale,
nei quali le prescrizioni ingiustificate di psicofarmaci possono
provocare grave danno a una categoria di persone che già in partenza
sono svantaggiate e a rischio di ulteriore peggioramento.
Gli autori constatano che pochi studi hanno analizzato l’uso off label o
inappropriato, da cui l’esigenza di riempire questo vuoto con una
ricerca ad hoc. Lo scopo della ricerca è quello di esaminare
l’appropriatezza delle prescrizioni di psicofarmaci agli adolescenti con
disabilità mentale che vivono in famiglia (non in residenza) nel sud-est
Queensland dell’Australia.
Nella loro ricerca l’uso di farmaci off-label veniva determinato in
base al fatto che la condizione medica trattata che risultava dalla
cartella clinica fosse o meno approvata dalla Australian Therapeutic
Goods Administration, l’ente regolatorio australiano. L’appropriatezza
clinica dell’uso del farmaco veniva determinata in base alle linee guida
pubblicate e all’opinione clinica di due autori esperti nella terapia
dei disturbi del neurosviluppo (J.N.T. and D.H.)
Sono stati seguiti 429 adolescenti per una media di 4,2 anni. Di questi
76 (17.7%) avevano la diagnosi di autismo. A 107 partecipanti (24.9%
del totale) venivano prescritti psicofarmaci. Di queste prescrizioni 88
(82.2%) erano prescrizioni off-label oppure giudicate inappropriate da
due esperti. L’uso off-label o inappropriato era comunemente associato
con comportamenti problema (challenging behaviours), comportamenti
spesso presenti nell’autismo.
Da questi risultati gli autori traggono la conclusione che dovrebbe
essere potenziata una formazione specifica per i medici e per gli altri
operatori dediti alla cura delle persone con disabilità mentale, oltre
ad un approccio centrato sul paziente con il coinvolgimento delle
famiglie per giungere a prescrizioni appropriate.
Gli autori danno una definizione precisa dei termini “off-label” e
“inappropriatezza”, condizioni che considerano distinte. La prescrizione
off-label a volte puo’ essere giustificata, soprattutto se si
monitorizzano scrupolosamente i risultati che ci si propone di ottenere.
L’inappropriatezza per definizione è una prescrizione non giustificata,
per la quale esistono solo rischi a fronte di nessun beneficio.
L’uso off-label manca di evidenza per quanto concerne l’efficacia e la
sicurezza basate sulle sperimentazioni cliniche. Con un attento
monitoraggio però talvolta puo’ essere giustificata una prescrizione
farmacologica non basata sulle sperimentazioni cliniche.
Una prescrizione clinicamente appropriata tiene conto della diagnosi,
del piano di trattamento (farmacologico e di altri approcci), della
scelta del farmaco, del bilancio dei rischi e benefici, delle
comorbidità e di altre condizioni della salute dell’individuo e deve
coinvolgere i genitori (o chi ne fa le veci) e, quando possibile, i
pazienti stessi.
Nella disabilità mentale la maggioranza delle prescrizioni di
psicofarmaci viene fatta per i comportamenti problema, traduzione
italiana di challenging bahaviours, alla lettera comportamenti sfidanti.
Su questa abitudine prescrittiva gli autori si soffermano a lungo per
cui traduco alcuni stralci dell’articolo.
La prescrizione di psicofarmaci per i comportamenti problema in assenza
di disturbi mentali che ne giustifichino l’impiego è inappropriata e
il rischio può essere superiore al beneficio.
Il comportamento problema è spesso precipitato da fattori biologici e
psicosociali. L’uso di psicofarmaci può essere una pratica contenitiva,
paragonabile alla contenzione fisica, quando i farmaci sono usati per il
loro effetto sedativo piuttosto che per trattare i disturbi mentali. In
Australia la riduzione o l’eliminazione delle pratiche di contenzione è
stata raccomandata per proteggere i diritti umani e la sicurezza delle
persone con disabilità. Manca un’evidenza adeguata di efficacia degli
psicofarmaci nella gestione dei comportamenti problema. In confronto con
la popolazione generale, le persone con disabilità mentale possono
essere più sensibili agli effetti avversi degli psicofarmaci, come
l’aumento di peso, altri effetti metabolici e sintomi neurologici.
A questo punto molto opportunamente gli autori fanno una descrizione
dettagliata dei challenging behaviours, che vanno da comportamenti
gravissimi, che mettono a rischio l’incolumità fisica della persona che
li emette e degli altri, a comportamenti del tutto tollerabili, come le
bugie o gli urli.
Ecco l’elenco che gli autori ne fanno: aggressione, impulsività,
autoaggressione, evitamento, distruzione di cose, comportamenti
sessualmente inappropriati, comportamenti socialmente inappropriati
(fissazioni e comportamenti ripetitivi, iperattività, agitazione, non
cooperazione, irrequietezza, esposizione inappropriata di parti del
corpo, dire bugie, rubare, bestemmiare, urlare, procurarsi il vomito,
stalking, spaventare gli altri, ecolalia, coprofagia e risate
inappropriate), altri comportamenti specificati (ossessione, assenza,
breve tempo di concentrazione, non aderenza all’assunzione dei famaci),
comportamenti non specificati e multipli (due o più comportamenti nella
stessa persona).
Per decidere l’appropriatezza delle prescrizioni di farmaci per i
comportamenti problema venivano valutati nella cartella clinica
l’attuazione degli approcci non farmacologici e la natura dei
comportamenti.
Veniva valutata la severità del comportamento per determinare se questo
fosse abbastanza grave da giustificare il farmaco e si valutava se prima
del farmaco erano stati tentati degli approcci psicologici e
comportamentali.
Se il comportamento presentava una certa probabilità di causare danno
permanente (disabilità grave come la cecità o morte) veniva considerato
abbastanza severo da giustificare l’uso del farmaco.
Soltanto per 19 adolescenti (17.8%) la prescrizione era giustificata da
un disturbo per il quale il farmaco era indicato dal foglio
illustrativo, cioè on label.
Le prescrizioni on label riguardavano gli psicostimolanti (metilfenidato
e desamfetamina) per l’ADHD, l’escitalopram per il disturbo d’ansia e la
fluoxetina per la depressione. Il risperidone era spesso usato on-label
ma, secondo l’opinione degli esperti, in modo inappropriato per
aggressività o comportamenti associati ad impulsività.
Gli autori ricordano che le prescrizioni on label riguardano indicazioni
per adulti senza disabilità mentale con una particolare diagnosi, ma vi
è una mancanza di dati per gruppi vulnerabili come le persone con
disabilità mentale. La carenza di sperimentazioni specifiche per questa
categoria di soggetti va ricercata, tra le altre cause, nella difficoltà
nel reclutare un numero sufficiente di partecipanti alle sperimentazioni
cliniche e nell’ottenere il consenso informato.
La ricerca australiana ha mostrato che gli psicofarmaci venivano usati
in modo inappropriato. Questi i motivi addotti dagli autori: inadeguata
competenza dei medici prescrittori, insufficiente coordinazione tra
clinici, operatori dei servizi per la disabilità, familiari e pazienti.
La mancata coordinazione può portare ad una incapacità ad identificare
importanti condizioni mediche che sono alla base dei comportamenti o ad
usare i farmaci al posto degli approcci abilitativi.
Raccomandazioni
E’ richiesta più attenzione nell’uso degli psicofarmaci per i
comportamenti problema.
Sono necessarie sperimentazioni randomizzate controllate di buona
qualità per esaminare i farmaci che oggi vengono usati sia on label che
off label.
Dovrebbe essere determinata la severità e la persistenza dei
comportamenti problema e dovrebbero essere incorporati nelle
sperimentazioni anche i supporti positivi comportamentali insieme ai
farmaci.
Per assicurare una pratica prescrittiva di psicofarmaci appropriata in
Australia sono importanti la valutazione, la gestione e il monitoraggio
dei comportamenti problema.
Nella valutazione dovrebbe essere coinvolto un gruppo multidisciplinare
di professionisti della sanità.
Le condizioni di salute fisica, l’intorno sociale e gli altri fattori
ambientali dovrebbero essere ricercati, presi in considerazione e
modificati quando possibile.
Una migliore coordinazione è necessaria tra i differenti servizi (per
esempio Sanità, Disabilità, scuola) e la famiglia, coordinazione
necessaria per favorire un uso appropriato degli psicofarmaci per i
comportamenti problema e per il loro monitoraggio.
In alcuni casi l’uso di psicofarmaci può essere definito una camicia di
forza chimica e questo è da evitare nel modo più assoluto.
La traduzione sopra riportata sembra differire alquanto dalle prime 4
raccomandazioni che l’Istituto Superiore di Sanità ha recentemente
pubblicato come anticipo dell’aggiornamento della linea guida 21
sull’autismo. Quando si parla di farmaci non dovrebbero esistere queste
grandi differenze e le considerazioni degli Autori australiani sono
condivisibili perché sembrano essere basate su ricerca ed esperienza sul
campo, che trovano corrispondenza anche in Italia, ad esempio
nell’articolo di Rita Di Sarro e Collaboratori (Indagine sulle terapie
farmacologiche e sulle diagnosi psichiatriche nei pazienti con Disturbi
dello Spettro Autistico registrati nei sistemi informativi territoriali,
Giornale Italiano dei disturbi del neurosviluppo, volume 5, N.1, aprile
2020)
Daniela Mariani Cerati
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