[autismo-biologia] autoanticorpi materni

Marina Marini marina.marini a unibo.it
Mar 2 Feb 2021 09:30:54 CET


La pubblicazione di un interessante articolo di ricercatori californiani, organizzati intorno all'US Mind Institute dell'Università della California a Davis, sugli autoanticorpi materni e la loro correlazione con l'autismo mi offre l'occasione di commentare i rapporti tra sistema immunitario e neurosviluppo.
Potete leggere di seguito un ottimo resoconto a cura di PRESS-IN.
[Press-IN]

n. 222
Autismo, i bio-marcatori del plasma materno aiutano la diagnosi precoce
SuperAbile INAIL del 29/01/2021

Attraverso l'utilizzo del machine learning i ricercatori hanno individuato alcuni modelli di anticorpi materni nel plasma delle donne in gravidanza, risultati altamente connessi allo spettro autistico e alla gravità della possibile sindrome.

ROMA. Le nuove frontiere tecnologiche potrebbero predire alcune tipologie di autismo, con un'accuratezza pari al 100% a partire dai bio-marcatori (indicatori biologici, ndr) del plasma materno. È questa l'imponente scoperta appena pubblicata su "Molecular Psychiatry" dall'UC Davis MIND Institute, e condotta de facto da Ramirez-Celis e colleghi. Attraverso l'utilizzo del machine learning (strumento di apprendimento automatico, ndr) i ricercatori hanno infatti individuato alcuni modelli di anticorpi materni nel plasma delle donne in gravidanza, risultati altamente connessi allo spettro autistico e alla gravità della possibile sindrome.

I casi di disturbo dello spettro autistico correlati agli autoanticorpi materni sono denominati MAR ASD (Maternal autoantibodies related autism) e dallo studio emerge come "corrispondano fino al 18% di tutti i casi di autismo" presi in esame. già in passato, tra l'altro, una delle ricercatrici dello studio, Julie Van de Water, aveva rilevato che "gli autoanticorpi di una madre in gravidanza- si legge su neurosciencenews.com- potessero interagire con il cervello del feto in termini di alterazione del suo sviluppo". Adesso, "il risultato dello studio è straordinario- commenta la ricercatrice- è la prima volta che il machine learning viene utilizzato per identificare con una precisione pari al 100%, modelli specifici di autoanticorpi materni come potenziali bio-marcatori del rischio di sindrome dello spettro autistico".

Ad emergere dallo studio "è un nuovo test traducibile e facilmente trasferibile all'uso clinico in futuro", continua Van de Water. L'esame del sangue che studia il plasma materno si realizza su una piattaforma, ELISA (Enzyme-Linked-ImmunoSorbent Assay), che è rapida e precisa. così la ricerca, grazie al machine learning, è riuscita a elaborare circa 10.000 modelli e ne ha identificati "tre che principalmente risultano associati allo spettro autistico collegato ad autoanticorpi materni": CRMP1 + GDA, CRMP1 + CRMP2 e NSE + STIP1.

"Se ad esempio- illustra la ricercatrice- una madre ha anticorpi CRIMP1 e GDA", che tra l'altro risulta essere il modello più comune, "le sue probabilità di avere un figlio con autismo saranno 31 volte maggiori rispetto alla popolazione generale" allo stato attuale degli studi. "C’è davvero molto poco lì fuori che ti darà una valutazione del rischio di questo tipo", sottolinea Van de Water. Ma non finisce qui. I ricercatori affermano, infatti, come "la reattività al CRIMP1 in uno qualsiasi dei modelli", risulti un fattore che "aumenta significativamente le probabilità di un minore di sperimentare un autismo più grave".

Sotto il profilo delle implicazioni future, poi, gli effetti dello studio potrebbero essere mastodontici. "Possiamo immaginare che una donna si potrebbe sottoporre a un esame del sangue per quegli autoanticorpi ancor prima di rimanere incinta". E se li riscontrasse "saprebbe fin da subito" di essere esposta a "un altissimo rischio di avere un figlio nello spettro autistico". Mentre nel caso contrario, ribadisce Van de Water, "avrebbe una probabilità inferiore al 43% di avere un figlio con autismo, poiché si va ad escludere l'autismo di tipo MAR".

Alla base dello studio, ci sono due campioni di mamme, rispettivamente 350 madri di bambini nello spettro e 342 madri di bambini a sviluppo "tipico", tutte provenienti dallo studio CHARGE (Childhood Autism Risks from Genetics and the Environment) che, sempre sotto il cappello dell'US David MIND Institute, dal 2003 si propone di comprendere fattori genetici e ambientali coinvolti nell'autismo. L'obiettivo, in questo caso, era quello di "utilizzare il machine learning per identificare i modelli di reattività degli autoanticorpi fortemente associati allo spettro". Il riconoscimento di questi 'pattern' potrebbe quindi essere fondamentale "per lo screening pre e durante la gravidanza". Certo è che lo studio apra un percorso, e nonostante "richiederà nuove prove approfondite prima che la tecnologia possa vedere un uso clinico- conclude la studiosa- pensiamo che possa diventare clinicamente utile in futuro". E intanto, già "rappresenta un grande passo in termini di valutazione precoce dei rischi per la sindrome dello spettro autistico".



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Il commento pone l'accento sull'utilità predittiva della valutazione degli autoanticorpi materni e sull'uso innovativo di metodi di intelligenza artificiale.
È peraltro importante riflettere sul fatto più generale che il buon funzionamento del sistema immunitario è fondamentale per un corretto neurosviluppo, mentre l'eccessiva attivazione immunitaria e lo sviluppo di anticorpi autoimmuni rappresentano un rischio sostanziale per il feto in via di sviluppo. Lo fa, tra le altre cose, la review commentata da Antonella Foglia, che ha visto riuniti 35 ricercatori italiani che desiderano in tal modo porre l'accento sulla necessità di un approccio globale all'autismo, che affronti tutti i problemi, dalla prevenzione alla cura, senza pregiudizi e senza steccati.
Uno degli aspetti su cui la review maggiormente si sofferma è l'ambiente in cui il bambino si sviluppa, e che interagisce con il suo background genetico. Questo aspetto è ciò che può offrire più spiragli di speranza, perché, a differenza del background genetico, è potenzialmente modificabile o, quanto meno, riconoscibile ai fini della prevenzione.
A proposito del sistema immunitario, la review esamina diverse condizioni che possono influire sul neurosviluppo. In primo luogo, è noto che infezioni virali, ma anche batteriche e parassitarie, contratte dalla madre durante la gravidanza, possono portare a diversi problemi neurologici; sono noti il caso della rosolia e quello del Toxoplasma, ma anche i danni dovuti alla più recente infezione di Zika.
Il fatto che possa essere l'attivazione immunitaria della madre più che l'agente infettivo a causare un aumentato rischio di autismo nella prole è stato dimostrato sperimentalmente in topi di laboratorio. Trattando delle topine gravide con un acido nucleico artificiale a doppio filamento che simula un'infezione virale, si è visto che l'attivazione del sistema immunitario delle madri determinava nella progenie dei disturbi comportamentali simili a quelli dell'autismo. Questo modello sperimentale ha anche consentito di riconoscere che anche il microbiota intestinale gioca un suo ruolo; esso infatti è un vero mediatore tra l'attivazione immunitaria e l'infiammazione del sistema nervoso centrale.
Ma sono probabilmente i fenomeni di auto-immunità ad avere un ruolo di primo piano nell'eziologia dell'autismo. Innanzitutto, si è visto che una gravidanza condotta in una fase attiva di una malattia autoimmune aumenta del 34% il rischio di avere un bambino che svilupperà un disturbo dello spettro autistico. Inoltre, la presenza di autoanticorpi materni contro il recettore-trasportatore dell'acido folico causerà una carenza di questa vitamina, fondamentale per il corretto sviluppo del sistema nervoso, anche se la concentrazione di folato risulterà normale nel plasma. Infatti, la presenza di tali autoanticorpi impedisce il passaggio del folato dalla mamma al feto e, nel feto, dal plasma al cervello, rendendo del tutto vano il corretto apporto di acido folico con l'alimentazione.
Oltre al caso degli auto-anticorpi rivolti contro il recettore-trasportatore del folato, altri auto-anticorpi materni, in combinazione tra loro, incrementano il rischio di autismo nella prole, come riportato nell'articolo recentissimo di Molecular Psychiatry che ho citato all'inizio di questo messaggio. Si tratta di un risultato importante perché fornisce un utile strumento di prevenzione. I ricercatori californiani valutano al 18% l'incidenza degli autoanticorpi sui casi di autismo, ma l'insieme di tutti i fenomeni associati al malfunzionamento del sistema immunitario potrebbero dare una percentuale molto maggiore.
Ci auguriamo che la ricerca che la Fondazione Italiana per l'Autismo ha recentemente finanziato, e che il gruppo guidato dalla prof.ssa Parmeggiani (Università di Bologna) sta per intraprendere, possa aiutare anche a far luce sul rapporto tra alterazioni immunitarie, alterazioni metaboliche e disbiosi intestinali, ampliando le conoscenze di base e, forse, aprendo la strada a qualche tipo di trattamento.
Marina Marini
Università di Bologna

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