[autismo-biologia] R: dieta senza glutine e caseina

Marina Marini marina.marini a unibo.it
Gio 29 Ott 2020 17:17:38 CET


entro anch'io volentieri nel dibattito sulle diete di esclusione con questo contributo. Marina Marini, Unversità di Bologna
Diete prive di glutine e di caseina nell’autismo
Prendo spunto dalle annotazioni della dottoressa Mariani-Cerati per un ulteriore approfondimento del problema della dieta senza glutine e/o caseina nell’autismo, un problema che si trascina da almeno trent’anni.
In particolare, dalla trattazione della dott.ssa Mariani è restato fuori un “protagonista” che trent’anni fa era ignoto e che rende l’argomento molto più interessante e pertinente al tema dell’autismo di quanto non lo fosse allora: infatti trent’anni fa il microbiota intestinale non era ancora balzato così prepotentemente alla ribalta come mediatore tra intestino, cervello e sistema immunitario. Specificatamente, diversi studi hanno messo in evidenza alterazioni del microbiota intestinale in un’ampia varietà di malattie autoimmuni, dal diabete di tipo I all’artrite reumatoide e al morbo di Crohn; hanno poi evidenziato una stretta relazione tra la disbiosi intestinale e diverse patologie neuropsichiatriche, incluse la depressione e la schizofrenia (1) e sono già 463 gli articoli elencati su PubMed che trattano le alterazioni del microbiota intestinale nell’autismo. Valga per tutti la rassegna del 2018 di uno dei maggiori studiosi di autismo, Paul Ashwood (2), che tra l’altro anticipava la possibilità di terapia mediante “trasferimento di microbiota”. Ebbene, questa terapia è già applicata e sta dando risultati positivi e duraturi nel tempo (3)!
I primi studi ritenevano che l’intestino del neonato fosse colonizzato dai batteri materni al momento del passaggio attraverso il canale del parto, mentre adesso si fa strada l’ipotesi che la colonizzazione possa avvenire già in utero, in particolare in condizioni di reazioni immunitarie della madre (4,5). Del resto, già nel 2013 uno studio pubblicato dalla prestigiosa rivista “Cell” (6) aveva descritto la “Attivazione Immunitaria Materna (MIA)”; sperimentalmente essa si ottiene simulando un’infezione virale con l’iniezione di una breve catena di acido nucleico in femmine di ratto gravide; ciò causa nei ratti neonati alterazioni comportamentali simili all’autismo, accompagnate da disbiosi intestinale, la cui correzione porta a un alleviamento dei sintomi.
D’altro canto, diversi ricercatori (si veda la rassegna (7)) hanno evidenziato un alto tasso di disturbi gastrointestinali nei pazienti affetti da autismo, con una prevalenza che, a seconda degli studi, è stata stimata dal 23 al 70%. Molto interessante la correlazione osservata (8) tra gravità dei disturbi funzionali del tratto gastroenterico e gravità dei sintomi caratteristici dell’autismo.
A questo punto è spontaneo domandarsi se la disbiosi ha un correlato anatomo-patologico e in effetti risultano da diversi lavori alterazioni riconducibili ad un’aumentata permeabilità dell’epitelio intestinale, che determina il passaggio nel connettivo sottostante di sostanze presenti all’interno del lume intestinale e che dovrebbero essere bloccate da una barriera epiteliale integra. Queste sostanze, che comprendono microrganismi intestinali e molecole provenienti dagli alimenti, determinano uno stato di infiammazione a livello basso-medio e possono anche favorire l’instaurarsi di fenomeni auto-immuni. Marcatori di permeabilità intestinale (“leaky gut”) sono la permeabilità al lactulosio e la presenza nel plasma di una componente delle giunzioni serrate (la zonulina), mentre la calprotectina fecale è indice di infiammazione. È stata trovata una correlazione tra un indice di gravità della sintomatologia autistica (CARS score) e la calprotectina e tra sintomi gastrointestinali e aumentata permeabilità al lactulosio (9). La perdita funzionale della barriera epiteliale si verifica tipicamente in caso di celiachia, ma, come giustamente notato dalla dott.ssa Mariani, queste stesse alterazioni, anche se meno profonde, sono riconoscibili in diverse condizioni determinate da disbiosi intestinale o da “sensibilizzazione” a sostanze di origine alimentare. La cosiddetta Non-Celiac Gluten Sensitivity (NCGS) è molto ben discussa da un articolo di Wikipedia (10), che cita l’associazione di questa sindrome con un’ampia gamma di disturbi neurologici e neuropsichiatrici, tra cui l’autismo. La scelta dei termini ha un ben preciso significato: il termine “associazione” indica che non è stata dimostrata una relazione (es causa-effetto) tra NCGS e disturbi neurologici e neuropsichiatrici (tra cui l’autismo), ma solo una concomitanza. È quindi corretto domandarsi (11) se, oltre alla celiachia, possono esistere altre “sindromi dell’intestino permeabile”, che colleghino tra loro microbiota alterato, infiammazione, integrità della barriera intestinale e di quella emato-encefalica e patologie neurologiche e neuropsichiatriche, e se le diete prive di glutine possano essere di giovamento anche in situazioni diverse dalla celiachia.
Ma prima di ridiscutere, anche alla luce della ricerca (12) riportata dalla dottssa Mariani, i risultati ottenuti in pazienti autistici, è il caso di esaminare brevemente che cosa rende potenzialmente tossico il glutine e anche l’altro “imputato” che alcuni ritengono dannoso per l’insorgenza dell’autismo: la caseina.
Il glutine (principale fonte di proteine dei cereali più diffusi nell’alimentazione umana) è un insieme di due proteine molto voluminose e difficili da digerire, la glutenina e le gliadina; la fermentazione che avviene con una buona lievitazione le frammenta parzialmente, aumentandone la digeribilità, ma il glutine è di per sé tossico, tanto che, se somministrato a colture cellulari, ne induce la morte per apoptosi e altera, tra l’altro, le giunzioni serrate, ossia le connessioni tra cellule su cui si basa la barriera epiteliale dell’intestino (13). Altre proteine contenute nei cereali possono avere effetti dannosi, ad esempio gli inibitori dell’amilasi-α e della tripsina, enzimi necessari per digerire gli amidi e le proteine contenute nei cereali. [Non è insolito che i vegetali contengano degli anti-nutrienti: è la loro difesa nei confronti dei predatori che di essi si nutrono (tra cui noi!)]. L’alimentazione senza glutine non causa di per sé le carenze riportate negli articoli (14,15) citati dalla dott.ssa Mariani, anche se spesso chi ha disturbi alimentari non è in grado di supplire adeguatamente alle limitazioni imposte dai suoi disturbi per mancanza di una corretta guida da parte di medici e dietisti e per l’offerta non ottimale del mercato. Le conclusioni che gli articoli (14,15) traggono risentono quindi di pregiudizi e sono frutto di ignoranza.
La caseina costituisce circa l’80% delle proteine del latte bovino. A seconda della razza delle mucche, la caseina prodotta può appartenere alla variante A1 o A2. Nel primo caso, essa viene trasformata in beta-casomorfina-7 (BCM7); mentre l’analogo umano non da ovviamente problemi, la BCM7 bovina agisce come un oppiaceo e per alcune persone può costituire un problema, innalzando i livelli di istammina-5 (mediatore dell’infiammazione). Alti livelli di BCM7 sono stati anche associati ad aumentata produzione di muco (problematico in caso di asma), aumentato rischio di diabete, aumentata ossidazione del colesterolo-LDL, patologie coronariche e sindromi neuropsichiatriche come autismo (16).
Mi sembra così di aver mostrato chiaramente che i dati scientifici dimostrano che a) la disbiosi intestinale (= microbiota in cui sono carenti componenti utili e/o sono in eccesso quelle dannose)  può instaurarsi addirittura in epoca prenatale; b) è causa e/o effetto di alterazioni del sistema immunitario (infiammazione, allergie, fenomeni autoimmuni); c) è associata a diverse patologie neurologiche e neuropsichiatriche; d) può causare infiammazione intestinale e disturbi gastroenterici; e) può essere causa e/o effetto di aumentata permeabilità intestinale. Inoltre, ho dimostrato che nei soggetti affetti da autismo: f) è molto frequente la disbiosi intestinale (anche se non è stata riconosciuta una specifica “firma”); g) c’è un aumento di sintomatologie gastrointestinali; h) ci sono frequentemente casi di aumentata permeabilità intestinale. Inoltre aggiungo che nei soggetti autistici i) vi sono prove di alterazioni del sistema immunitario, in particolare un’aumentata sintesi di inflammasoma NLRP3 e di citochine infiammatorie (17, 18). Ovviamente queste situazioni non colpiscono in ugual misura tutti i pazienti autistici. Ho inoltre dimostrato che glutine e caseina possono essere causa di problemi, in particolare causare infiammazione e aumento della permeabilità intestinale, il che rende il suggerimento di diete senza glutine e/o senza caseina quanto meno fondato e non frutto di pensiero magico. Infine, mi sembra che il quadro risultante sia multidimensionale, con influenze spesso reciproche dei diversi componenti; ho inoltre omesso per semplicità, ma non posso esimermi da citare, un importante aspetto, quello della regolazione epigenetica, che risente sia del quadro infiammatorio, sia dello stato nutrizionale, sia degli stimoli nervosi, neuroendocrini e dei relativi mediatori, su cui il microbiota intestinale svolge un ruolo importante.
Veniamo adesso alla valutazione dei risultati, su cui condivido la delusione espressa dalla dott.ssa Mariani per lo studio (19). Tuttavia, uno studio precedente (20), in cui la dieta si era protratta per 12 e non per 6 mesi, aveva dato risultati decisamente incoraggianti (miglioramento nel 100% dei casi).
La conclusione più prudente da trarre è, a mio parere, quella di una cautela per quanto riguarda l’applicazione indiscriminata delle diete di esclusione e un’attenzione molto viva per l’approccio nutrizionale, che andrebbe comunque consigliato in maniera personalizzata e dopo la valutazione di parametri che lo giustifichino. L’obbiettivo da perseguire è comunque sempre la riduzione dei parametri di infiammazione e l’attenta valutazione delle sintomatologie gastro-intestinali. Lo studio che stiamo per intraprendere, parzialmente finanziato dalla FIA, si propone, tra l’altro, la simultanea valutazione del microbiota intestinale, di parametri indicativi di permeabilità intestinale e di infiammazione, del metaboloma. Ci auguriamo che un quadro di insieme così completo come quello che raccoglieremo sia in grado di indicarci quali aspetti siano più utili da monitorare per arrivare, sperabilmente, a consigli personalizzati che includano l’aspetto alimentare.

(1) From gut dysbiosis to altered brain function and mental illness: mechanisms and pathways.    G B Rogers, D J Keating, R L Young, M-L Wong, J Licinio & S Wesselingh. Mol Psychiatry 21, pp738–748(2016).
(2) The Gut Microbiota and Dysbiosis in Autism Spectrum Disorders. Hughes HK, Rose D, Ashwood P. Curr Neurol Neurosci Rep.18(11):81 (2018).
(3) Long-term benefit of Microbiota Transfer Therapy on autism symptoms and gut microbiota. Kang DW, Adams JB, Coleman DM, Pollard EL, Maldonado J, McDonough-Means S, Caporaso JG, Krajmalnik-Brown R. Sci Rep.9(1):5821 (2019).
(4) The prenatal gut microbiome: Are we colonized with bacteria in utero? Ryan W Walker, Jose C Clemente, Inga Peter, and Ruth JF Loos, Pediatr Obes. 12: 3–17 (2017).
(5) The Prenatal Microbiome: A New Player for Human Health Valeria D’Argenio. High Throughput. 7(4): 38 (2018).
(6) Microbiota modulate behavioral and physiological abnormalities associated with neurodevelopmental disorders.  Elaine Y Hsiao, Sara W McBride, Sophia Hsien , Gil Sharon, Embriette R Hyde , Tyler McCue, Julian A Codelli, Janet Chow, Sarah E Reisman, Joseph F Petrosino, Paul H Patterson, Sarkis K Mazmanian. Cell; 155(7):1451-63 (2013).
(7) Microbiota and gut-brain axis dysfunction in autism spectrum disorder: Evidence for functional gastrointestinal disorders. I Lasheras, P Seral, E Latorre, E Barroso, P Gracia-García, J Santabárbara Asian J Psychiatr; 47:101874 (2020).
(8) Exploiting the Zonulin Mouse Model to Establish the Role of Primary Impaired Gut Barrier Function on Microbiota Composition and Immune Profiles. Alba Miranda-Ribera, Maria Ennamorati, Gloria Serena, Murat Cetinbas, Jinggang Lan, Ruslan I. Sadreyev, Nitya Jain, Alessio Fasano, and Maria Fiorentino. Frontiers in Immunology, 10 (2019).
(9) Intestinal Dysbiosis and Yeast Isolation in Stool of Subjects with Autism Spectrum Disorders. Iovene MR, Bombace F, Maresca R, Sapone A, Iardino P, Picardi A, Marotta R, Schiraldi C, Siniscalco D, Serra N, de Magistris L, Bravaccio C. Mycopathologia. 182(3-4):349-363 (2017).
 (10) https://en.wikipedia.org/wiki/Non-celiac_gluten_sensitivity
(11) Leaky Gut, Leaky Brain? Obrenovich MEM. Microorganisms. 6(4):107 (2018).
(12) Influence of a Combined Gluten-Free and Casein-Free Diet on Behavior Disorders in Children and Adolescents Diagnosed with Autism Spectrum Disorder: A 12-Month Follow-Up Clinical Trial. Pablo José González-Domenech, Francisco Díaz Atienza, Carlos García Pablos, María Luisa Fernández Soto, José María Martínez-Ortega, Luis Gutiérrez-Rojas. J Autism Dev Disord 50, 935–948 (2020).
 (13) Non-celiac gluten sensitivity: Time for sifting the grain. Luca Elli, Leda Roncoroni, and Maria Teresa Bardella. World J Gastroenterol. 21(27): 8221–8226 (2015).
(14) Long term gluten consumption in adults without celiac disease and risk of coronary heart disease: prospective cohort study. Benjamin Lebwohl , Yin Cao, Geng Zong, Frank B Hu, Peter H R Green, Alfred I Neugut, Eric B Rimm, Laura Sampson, Lauren W Dougherty, Edward Giovannucci, Walter C Willett, Qi Sun, Andrew T Chan. BMJ.357:j1892 (2017).
(15) Gluten free diet and nutrient deficiencies: a review. Giorgia Vici, Luca Belli, Massimiliano Biondi, Valeria Polzonetti. Clinical Nutrition, 35 (6),1236–1241 (2016)
(16) Kamiński, S., Cieślińska, A., & Kostyra, E. Polymorphism of bovine beta-casein and its potential effect on human health. Journal of applied genetics, 48(3), 189-198. (2007).
(17) Multiple inflammasome complexes are activated in autistic spectrum disorders Marina Saresella, Federica Piancone, Ivana Marventano, Martina Zoppis, Ambra Hernis, Michela Zanette, Daria Trabattoni, Matteo Chiappedi, Alessandro Ghezzo, Maria Paola Canevini, Francesca la Rosa, Susanna Esposito, Mario Clerici. Brain Behav Immun. 57:125-133 (2016).
(18) Plasma peroxiredoxin changes and inflammatory cytokines support the involvement of neuro-inflammation and oxidative stress in Autism Spectrum Disorder. P M Abruzzo, A Matté, A Bolotta, E Federti, A Ghezzo, T Guarnieri, M Marini, A Posar, A Siciliano, L De Franceschi, P Visconti. J Transl Med 17(1):332 (2019).
(19) Influence of a Combined Gluten-Free and Casein-Free Diet on BehaviorDisorders in Children and Adolescents Diagnosed with Autism Spectrum Disorder: A 12-Month Follow-Up Clinical Trial. González-Domenech, P.J., Díaz Atienza, F., García Pablos, C. , Fernández Soto M-L. , Martínez-Ortega J.M., Luis Gutiérrez-Rojas L. J Autism Dev Disord 50, 935–948 (2020).
 (20) Knivsberg AM, Reichelt KL, Høien T, Nødland M. A randomised, controlled study of dietary intervention in autistic syndromes. Nutr Neurosci. 5(4):251-61. (2002)




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Da: autismo-biologia <autismo-biologia-bounces a autismo33.it> per conto di CRISTINA PANISI <cristina.panisi01 a universitadipavia.it>
Inviato: giovedì 29 ottobre 2020 13:23
A: Autismo Biologia <autismo-biologia a autismo33.it>
Oggetto: Re: [autismo-biologia] dieta senza glutine e caseina


Ringrazio la dott.ssa Mariani Cerati per avere riproposto in mailing list l’importante tema della dieta di esclusione. Gli aspetti nutrizionali stanno emergendo quale fattore cruciale per rischi e opportunità di salute dell’individuo. Pertanto, richiedono di essere inseriti a pieno titolo nella prospettiva dinamica (dall’epoca preconcezionale alla vita adulta) e sistemica (non limitata ad un solo organo e apparato) di inquadramento della salute e della sua possibile perturbazione.

La valutazione del possibile effetto degli alimenti nella patogenesi di numerosi disturbi in aumento negli ultimi decenni, richiede una premessa, che in questa sede limito al un fattore: la permeabilità intestinale.

Lo studio dell’aumento della permeabilità intestinale è attualmente oggetto di grande interesse da parte della comunità scientifica. La barriera intestinale è costituita da molteplici elementi (lo spessore di muco, le caratteristiche della flora batterica, le giunzioni che “cementano” le cellule dell’epitelio intestinale ecc). In caso di modificazione della barriera e aumento della permeabilità intestinale, gli antigeni (cioè le molecole in grado di attivare la risposta immunitaria) presenti nel lume intestinale hanno maggiore facilità superare “il confine”, raggiungendo lo strato sottostante (lamina propria), cioè lo strato in cui si trova circa la metà del nostro sistema immunitario. Gli antigeni presenti nel lume intestinale sono rappresentati dalla popolazione microbica (il noto microbiota, di cui spesso sentiamo parlare) e alimentari, tra cui si trovano glutine e caseina. Circa il glutine, si tratta di un complesso di proteine insolubili in acqua. Al contatto con l’acqua, diventano massa collosa (dal latino gluten -tĭnis «colla»), le cui proprietà sono utilmente impiegate nella panificazione, nel “tenere insieme” il pane. Varianti più o meno spugnose di glutine, hanno proprietà diverse, non solo nella resa della panificazione, ma anche sugli effetti in caso di ingestione.



Le proteine del glutine hanno molteplici modalità per attivare la risposta immunitaria. Accanto alla forma autoimmunitaria su base genetica rappresentata dalla celiachia, la struttura molecolare della gliadina è fortemente immunogena. Si tratta di effetti aspecifici, potenzialmente presenti in chiunque, a seconda delle caratteristiche della permeabilità intestinale e della diversa possibilità di “attraversamento” da parte della gliadina. Dopo una forma di gastroenterite acuta, per esempio, chiunque di noi può manifestare transitori disturbi legati all’ingestione di glutine, poichè una transitoria infiammazione comporta un aumento della permeabilità intestinale, un maggior passaggio di gliadina verso gli strati più profondi e la conseguente attivazione della risposta immune. Solitamente si tratta di effetti transitori, che si autorisolvono. In altre situazioni persistono e possono divenire sempre più complesse.

Questo il link di una interessante panoramica delle numerose condizioni correlate alla sensibilità al glutine https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0016508515000293?casa_token=suF0p3TK0DQAAAAA:1EyNq-MkxdRNiVtglSZZsyrrPg5eRlHYlw0JzH2mU2FdRD3WgwkZg3oEhXQooJs2UIr0EFsmOw

Il diagramma in seconda pagina aiuta a comprendere la complessità della questione e il consiglio di evitare autogestioni. Un circolo vizioso tra attivazione immunitaria e aumento della permeabilità può favorire il graduale passaggio da una situazione di tolleranza e benessere a stati di disturbo crescente.



La lunga premessa consente di comprendere l’ampia portata della questione e l’attenzione dedicata alla relazione “alimenti-permeabilità intestinale-attivazione immunitaria”, attualmente tra i più studiati. Questo riguarda anche il neurosviluppo e l’insorgenza di condizioni neuropsichiatriche, data la crescente evidenza del ruolo dell’asse intestino-cervello, a partire dalle prime fasi di vita.

In sintesi, la multifattorialità della questione aiuta a comprendere per quale motivo sia da scoraggiare l’autogestione degli aspetti nutrizionali e delle diete di esclusione. Gli effetti del singolo fattore (in questo caso, il glutine nella dieta) variano in relazione a differenze inter e intraindividuali (per esempio, differente permeabilità intestinale, le caratteristiche del microbiota, la presenza di infiammazione intestinale, stress ossidativo …) che richiedono necessariamente di essere tenute in conto sia nella pianificazione della ricerca sia nella pratica clinica.

La consapevolezza della crescente complessità biologica richiede una metodologia di studio coerente. In tal senso, i modelli di machine learning sembrano molto promettenti e in grado di fornire un importante strumento per la medicina personalizzata. E’ un’impostazione alla quale siamo abituati quando ci riferiamo all’ “abito su misura” nella pianificazione degli interventi psicoeducativi. Si tratta ora di estendere la personalizzazione - nella ricerca così come nella pratica clinica – anche agli aspetti biologici, per i quali sarà importante garantire la medesima competenza.

Sul piano clinico, oltre all’importanza di una condivisione culturale del paradigma patogenetico complesso, è auspicabile la presenza nel team multidisciplinari di gastroenterologi, immunologi e nutrizionisti esperti su questi temi. Questo è il modello che stiamo costruendo con alcuni degli iscritti a questa lista e che con piacere condivideremo con chi sarà interessato.



Anticipo che in novembre verrà proposto un webinar su questi temi da parte di ANGSA Marche, che ha accolto la richiesta di approfondimento da parte delle famiglie, a seguito del seminario del luglio scorso con Laura Villa.



Un cordiale saluto

Cristina Panisi



Il giorno mer 28 ott 2020 alle ore 23:47 ANGSA RAVENNA <angsaravenna a gmail.com<mailto:angsaravenna a gmail.com>> ha scritto:
Grazie Daniela, diffondiamo alle famiglie queste considerazioni molto utili, come già detto. I genitori che hanno avuto una diagnosi recente sono meno informati e  , ancora più di altri, facilmente influenzati ed attratti  da ogni tipo di intervento, di cui trovano traccia su internet.  Portare i risultati di sperimentazioni serie non solo informa, ma abitua a dare una valutazione più razionale delle varie proposte .
Noemi


Il mer 28 ott 2020, 12:41 daniela <daniela a autismo33.it<mailto:daniela a autismo33.it>> ha scritto:
Su questa lista abbiamo spesso parlato della dieta priva di glutine e
caseina. In un messaggio del settembre 2015 iniziavo citando un
messaggio dell’aprile 2007

http://autismo33.it/pipermail/autismo-biologia/2015-September/001825.html

Pensavo che il discorso fosse chiuso e che ci si dovesse rivolgere ad
altre ipotesi e a conseguenti altri approcci terapeutici, invece qualche
mese fa è uscito il resoconto di una sperimentazione controllata nella
quale 37 soggetti con autismo sono stati reclutati e ciascuno di loro è
stato sottoposto per sei mesi a dieta libera e sei mesi a dieta priva di
glutine e caseina, nonché a misurazione della concentrazione di beta
casomorfina nelle urine. Non sono stati documentati cambiamenti né nel
comportamento né nella concentrazione di beta- casomorfina dopo i sei
mesi di dieta priva di glutine e caseina.
González-Domenech, P.J., Díaz Atienza, F., García Pablos, C. et al.
Influence of a Combined Gluten-Free and Casein-Free Diet on Behavior
Disorders in Children and Adolescents Diagnosed with Autism Spectrum
Disorder: A 12-Month Follow-Up Clinical Trial. J Autism Dev Disord 50,
935–948 (2020).

https://doi.org/10.1007/s10803-019-04333-1

La dieta senza glutine è la cura base della celiachia e negli ultimi
anni sono emerse altre condizioni che beneficiano della dieta senza
glutine, tra cui l’allergia al grano e  la sensibilità non celiaca al
glutine. Negli ultimi decenni vi è stato anche un movimento di opinione
che attribuiva alla dieta senza glutine vantaggi per la salute in
generale, ritenendola, fra le altre cose, un fattore di protezione nei
confronti delle malattie cardio vascolari, anche in assenza di
condizioni patologiche.

Questa teoria è nata al di fuori della medicina ufficiale. Ciò
nonostante è stata presa in grande considerazione ma, al di fuori di
condizioni patologiche ben precise che dovrebbero essere diagnosticate
da medici esperti e non autodiagnosticate, si è visto che essa non è un
fattore di protezione dalle malattie cardiovascolari. Al contrario uno
studio osservazionale fatto su migliaia di individui supporta il
contrario.

Si tratta dello studio di Lebwohl e colleghi (Long term gluten
consumption in adults
without celiac disease and risk of coronary heart disease: prospective
cohort study.
BMJ. 2017;357:j1892.)  che ha esaminato 45303 uomini e 64714 donne non
celiaci suddivisi, mediante la compilazione di un diario alimentare, in
base al contenuto di glutine nella dieta e seguiti per 26 anni.
Gli autori hanno trovato una relazione inversa tra incidenza di malattia
coronarica e consumo di glutine. L’ipotesi avanzata dagli autori è che
il basso consumo di glutine porti con sé un ridotto consumo di cibi a
base di grano integrale, notoriamente benefico per la salute.

Vici e colleghi ( “Gluten free diet and nutrient deficiencies: a
review,” Clinical Nutrition, vol. 35, no. 6, pp. 1236–1241, 2016) dicono
che i cibi privi di glutine, quando paragonati ai cibi equivalenti
contenenti glutine, mostrano carenza: di minerali, inclusi calcio,
ferro, magnesio e zinco; di vitamine, incluse B12, folato e vitamina D,
nonchè di fibre.

La dieta senza glutine e senza latticini è stata molto utilizzata per
gli individui con  Disturbo dello Spettro Autistico  a partire dagli
anni’ 90 del secolo scorso.
Ha creato grandi speranze, anche se la sua realizzazione creava non
pochi problemi organizzativi soprattutto per i pasti fuori casa, come la
mensa scolastica e le festicciole tra gli amici. Forse proprio le
difficoltà favoriscono l’effetto placebo. Ma in medicina vale sempre il
principio che ciò che non fa bene fa male.

Negli anni sono stati fatti vari studi per valutarne l’EFFICACIA, fra i
quali alcuni in doppio cieco, che non hanno evidenziato una superiorità
rispetto al placebo .
Tuttavia alcuni genitori riferiscono un beneficio sull’aspetto delle
feci che risultano più formate dopo l’inizio della dieta mentre prima
riferivano sia una frequenza superiore di evacuazione, sia una vera e
propria diarrea . A questo associano anche un miglioramento del
comportamento , nel senso di minore irritabilità e ipercinesia.

Credo pertanto che quanto segnalato su soggetti adulti e sani vada
tenuto in grande considerazione, anche e soprattutto rispetto ad una
tendenza generale anche fra i normotipici ad evitare il consumo di
questa o quella sostanza , spesso con scarse prove di evidenza
scientifica .

Al tempo stesso, come ci ricordava un bel po’ di anni fa il Prof.
Reichelt , il primo ad ipotizzare un collegamento fra dieta e
sintomatologia autistica ( anni 90),  si può eventualmente provare
questo approccio, come a volte  richiedono alcuni genitori,  ma solo per
sei mesi ( in assenza di celiachia conclamata) poiché, trascorso tale
termine e in mancanza di risultati, potrebbe essere controproducente e
comunque impegnativo rispetto alla qualità della vita familiare.

Daniela Mariani Cerati

PS L’articolo citato è stato da me discusso con un gruppo di farmacologi
e Neuropsichiatri di cui il commento contenuto nel messaggio rispecchia
le opinioni

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