[autismo-biologia] antidepressivi
daniela
daniela a autismo33.it
Ven 20 Mar 2020 22:50:13 CET
Roberto Stella, responsabile dell’Area Formazione della FNOMCeO, e
presidente dell’OMCeO di Varese, uno dei medici deceduti per il
Coronavirus, era molto attivo nella formazione a distanza che l’Ordine
mette a disposizione dei suoi iscritti.
Oggi ho partecipato ad un corso in FAD, da lui preparato insieme a
Pietro Dri, sul tema
“La lettura critica dell’articolo scientifico” che ho trovato
interessante e utile.
Una cosa che mi ha colpito è stato l’esempio che ha portato per mostrare
cosa si intende per “bias di pubblicazione di un articolo scientifico”.
Copio dal dossier
“Il termine della statistica per il bias di pubblicazione consiste nel
fatto che spesso gli studi con risultati negativi non arrivino alla
pubblicazione. Ciò ha conseguenze rilevanti: l’idea che ci si può fare
dell’efficacia dei farmaci sarebbe infatti legata quasi soltanto a studi
che riportano esiti positivi anche se in realtà altri studi con gli
stessi farmaci hanno portato a risultati negativi, scomparsi nel nulla.
Ciò ovviamente ha un grande rilievo per le revisioni sistematiche che
dovrebbero mettere insieme tutti i dati disponibili, positivi e
negativi, su un dato intervento per poter condurre poi metanalisi
adeguate.
Perché non vengono pubblicati gli studi con risultati negativi? Perché
nessuno ha interesse a farlo: non le aziende farmaceutiche che hanno
sponsorizzato lo studio, non i ricercatori, che arrivano a un risultato
negativo e quindi poco utile per ottenere nuovi fondi in futuro, non le
riviste su cui andrebbero pubblicate le ricerche perché da un lato gli
studi negativi vengono poco citati dagli altri ricercatori e quindi si
va a ridurre l’impact factor, cioè la rilevanza, della rivista stessa,
dall’altro viene meno uno degli interessi degli editori che è quello di
pubblicare i cosiddetti reprint cioè estratti della rivista con gli
studi con risultati positivi per venderli alle aziende farmaceutiche che
poi li distribuiscono ai medici.
Ma che conseguenze ha questo bias? E’ stato condotto uno studio che le
chiarisce bene e riguardava la pubblicazione delle ricerche condotte su
12 antidepressivi e presentate alla FDA statunitense per chiederne
l’autorizzazione alla commercializzazione(Turner E, Matthews A, et al.
Selective publication of antidepressant trials and its influence on
apparent efficacy. New Engl J Med 2008;358:252-60)
Nell’analisi si andava a vedere se gli studi presentati alla FDA erano
stati pubblicati negli anni successivi sulle riviste scientifiche.
Risultato? Dei 74 studi presentati il 97% di quelli che avevano
raggiunto risultati positivi (37 in tutto) sono stati pubblicati e
quindi letti dai medici, mentre solo il 33% di quelli che avevano
portato a risultati negativi o dubbi ha visto la luce. Quindi di ben
3.369 pazienti sui 12.564 coinvolti negli studi presentati si sono perse
le tracce e guarda caso erano quelli degli studi con risultati negativi.
In altre parole la visione che abbiamo dell’efficacia di quei farmaci è
distorta perché ci è consentito di vedere solo i pazienti che hanno
avuto effetti positivi dalla terapia in esame. E proprio in questi
ultimi tempi, a distanza di anni, cominciano a uscire articoli che
mettono in dubbio l’efficacia e la sicurezza degli antidepressivi
soprattutto in alcune fasce d’età”
Dalla bibliografia risulta che queste fasce d’età sono i bambini e gli
adolescenti.
10. Le Noury J, Nardo J, et al. Restoring Study 329: efficacy and harms
of paroxetine and imipramine in treatment of major depression in
adolescence. Brit Med J 2015;351:h4320.
11.Wise J. Antidepressants may double risk of suicide and aggression in
children, study finds. Brit Med J 2016;352:i545
Gli antidepressivi, che nell’esperienza di molti genitori italiani di
bambini con autismo danno solo effetti indesiderati, sono stati molto
usati in America proprio nell’autismo, nella convinzione che
diminuissero i comportamenti ripetitivi, come risulta da un ricerca del
2003 secondo la quale erano i farmaci maggiormente usati
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14594332
Nel 2009 una sperimentazione in doppio cieco col citalopram, uno degli
antidepressivi più usati, ha dimostrato che il farmaco non era più
efficace del placebo sui comportamenti ripetitivi e in compenso
“Citalopram use was significantly more likely to be associated with
adverse events, particularly increased energy level, impulsiveness,
decreased concentration, hyperactivity, stereotypy, diarrhea, insomnia,
and dry skin or pruritus”
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19487623
Ciò nonostante, in America è continuato un grande uso di antidepressivi
nei bambini con autismo, spesso in associazione con altri psicofarmaci,
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22153288
In Italia l’uso degli antidepressivi nell’autismo risulta limitato al 6
- 7 % negli adolescenti e negli adulti, da quanto risulta dalla ricerca
pubblicata da ANGSA, CENSIS e Serono nel 2012
https://www.west-info.eu/it/troppi-errori-con-la-sclerosi-multipla/ricerca-censis-la-dimensione-nascosta-delle-disabilita-sclerosi-multipla-autismo-sintesi-2/
Stiamo attenti a non lasciarci troppo influenzare dall’America
Daniela Mariani Cerati
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