[autismo-biologia] studio su un modello animale di mutazione del gene neuroligina-3
Armando Mazzoni
mazzoni.armando a libero.it
Mar 11 Ago 2020 20:47:11 CEST
Grazie Daniela,
Non so se sia la prima volta che si dimostra, almeno su modello animale, una vera e propria relazione di causa ed effetto. Capivo che in altre situazioni di mutazioni monogeniche la correlazione con l’autismo era dovuta principalmente ad un cluster statistico tra mutazione e sintomi.
Da laico mi pongo sempre la seguente domanda: perché condizioni monogeniche e multigeniche (presunte tali) portano allo stesso quadro sintomatologico “core” dell’autismo.
Saluti
AM
Inviato da iPhone
> Il giorno 11 ago 2020, alle ore 20:00, demartisbenedetta <demartisbenedetta a gmail.com> ha scritto:
>
>
> Grazie Daniela.
> È davvero molto interessante, ma tu come sempre ci tieni con i piedi saldamente ancorati a terra.
> Benedetta Demartis
> Presidente ANGSA
>
>
>
> Inviato da smartphone Samsung Galaxy.
>
> -------- Messaggio originale --------
> Da: daniela <daniela a autismo33.it>
> Data: 11/08/20 12:24 (GMT+01:00)
> A: autismo-biologia a autismo33.it
> Oggetto: [autismo-biologia] studio su un modello animale di mutazione del gene neuroligina-3
>
> Il 6 agosto scorso è stato pubblicato l’articolo che sotto ricopio e sul
> quale farò alcune considerazioni
>
> “Autismo: scoperta una mutazione genica che causa le difficoltà sociali
> le Scienze del 06/08/2020
> La mutazione di un singolo gene altera il cammino di segnalazione
> dell'ossitocina, una piccola molecola coinvolta nella regolazione del
> comportamento sociale nei mammiferi, producendo nei topi sintomi simili
> a quelli dell'autismo.
> BASILEA. Una mutazione a carico del gene neuroligina-3 che riduce
> l’effetto dell’ormone ossitocina è correlata alla difficoltà del
> comportamento sociale tipiche dell'autismo. È quanto è emerso da una
> sperimentazione sui topi di laboratorio, condotta da Peter Scheiffele,
> dell’Università di Basilea, in Svizzera, e colleghi di una
> collaborazione internazionale, e descritta sulla rivista “Nature”.
> L’autismo è un disturbo caratterizzato da un comportamento anomalo nelle
> relazioni sociali, da un deficit delle capacità comunicative ...
> Una mutazione a carico del gene neuroligina-3 che riduce l’effetto
> dell’ormone ossitocina è correlata alla difficoltà del comportamento
> sociale tipiche dell'autismo. È quanto è emerso da una sperimentazione
> sui topi di laboratorio, condotta da Peter Scheiffele, dell’Università
> di Basilea, in Svizzera, e colleghi di una collaborazione
> internazionale, e descritta sulla rivista “Nature”.
> L’autismo è un disturbo caratterizzato da un comportamento anomalo nelle
> relazioni sociali, da un deficit delle capacità comunicative e da
> comportamento stereotipato. Considerato a lungo un problema psicologico
> indotto dall'esperienza familiare nei primi mesi di vita, è ora visto
> unanimemente come un effetto di un alterato sviluppo neurobiologico
> innato.
> Negli ultimi decenni, infatti, sono state identificate centinaia di
> mutazioni geniche finora correlate a questo disturbo, definendo però un
> quadro piuttosto confuso. Il problema è che ogni singola mutazione
> scoperta è associata solo a un piccolo numero di casi e spesso non
> spiega i meccanismi neurobiologici che determinano la sintomatologia.
> Lo studio di Scheiffele e colleghi apre ora una prospettiva diversa,
> perché mostra un plausibile rapporto di causa effetto tra mutazione
> genica e manifestazioni comportamentali. I ricercatori hanno infatti
> seguito un nuovo approccio che si è affermato di recente per ridurre la
> complessità dei dati genetici sull’autismo focalizzato sui neuropeptidi,
> piccole molecole simili a proteine fondamentali per la comunicazione
> chimica tra neuroni. Tra queste sostanze, riveste un ruolo fondamentale
> l’ossitocina, che regola molti aspetti del comportamento dei mammiferi,
> in particolare le relazioni sociali.
> Nella loro sperimentazione, gli autori hanno studiato nei topi di
> laboratorio l’effetto neurobiologico di una mutazione del gene
> neuroligina-3, già in passato associata nei roditori a comportamenti
> simili a quelli dello spettro autistico degli esseri umani. Sono così
> riusciti a dimostrare, per la prima volta, che tale mutazione,
> determinando una sintesi alterata della proteina per cui codifica,
> interferisce col cammino di segnalazione dell’ossitocina nei circuiti
> neuronali di ricompensa. Ne risultano così alterate le risposte
> neuronali a questo neuropeptide e ridotte di conseguenza le interazioni
> tra gli animali.
> A conferma di questa conclusione, gli sperimentatori sono riusciti a
> ripristinare con un farmaco la normale risposta neuronale
> all’ossitocina, ottenendo una risposta positiva a livello
> comportamentale nei roditori, che hanno ripreso a interagire tra loro
> come di consueto.
> Il risultato riesce così a collegare tre diversi fattori con la
> manifestazione dell’autismo: una mutazione genetica, l’alterazione della
> sintesi di una proteina e la regolazione del comportamento sociale da
> parte del sistema dell’ossitocina”
>
> Il lavoro è molto interessante e naturalmente ciò che più interessa è il
> fatto che apre spiragli a terapie innovative, ma bisogna sempre tenere
> presente che
> - Si tratta di un esperimento sui topi e il passo dai topi agli umani è
> molto lungo
> - Si tratta di un modello di condizione monogenica e sarebbe già
> importante vedere se i pochi casi di autismo che hanno quella mutazione
> risponderebbero alla terapia che ha avuto successo coi topi. In caso
> positivo, l’auspicio è che una terapia efficace per una condizione
> monogenica rara lo sia anche per i tanti casi da causa ignota.
>
> Fatte queste premesse, passerei a esaminare la sostanza che ha
> ripristinato la socialità ne topi mutati. Per fare questo ho chiesto
> aiuto all’amico farmacologo che mi ha risposto quanto segue
>
> “Il lavoro potrebbe avere senso e sono andato a cercare cosa è il
> farmaco che usano
> È un antitumorale della cui classe esistono varie molecole
> Ho chiesto a un oncologo sperimentale se questi farmaci sono realmente
> usati e mi ha detto che farmaci di questa vasta classe sono usati nei
> tumori solidi e studiati nelle leucemie
> Purtroppo, sono molto tossici, anche se alcuni lo sono meno e sono
> “abbastanza ben tollerati”
> Mi dice però anche che quello usato dagli Autori, è di un tipo
> particolare (MAP-kinase interacting kinase o MNK): e di questi farmaci
> pochissimi sono in studio clinico e nessuno approvato.
>
> Ora:
> nel lavoro gli Autori li danno in modo specifico in una ristretta area
> cerebrale con lo stereotassico (uno strumento che permette di “mirare” i
> trattamenti o interventi) nel cervello;
> non capisco se basta un trattamento o se deve essere ripetuto.
> Di conseguenza, direi che:
> il trattamento potrebbe funzionare o perlomeno aprire una linea di
> studio, ma
> 1 se deve essere così ben mirato non si può pensare ad usarlo facilmente
> negli umani
> 2 Se deve essere ripetuto nemmeno
> 3 Ma poniamo che si possa dare per bocca (faccio per dire): possiamo
> accettare la stessa tossicità che accetteremmo in un paziente tumorale
> per poco tempo, in modo cronico in un autistico?”
>
> Queste considerazioni non tolgono nulla alla qualità del lavoro, ma
> frenano le aspettative dei tanti operatori e genitori che, leggendo il
> resoconto dell’articolo, potrebbero pensare che una nuova terapia
> efficace sia dietro l’angolo.
> Daniela Mariani Cerati
>
> _______________________________________________
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> ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici).
> Fondazione Augusta Pini ed Istituto del Buon Pastore Onlus.
> Per cancellarsi dalla lista inviare un messaggio a: valerio.mezzogori a autismo33.it_______________________________________________
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