[autismo-biologia] R: R: [autismo-scuola]

Paola Visconti paola.visconti a isnb.it
Mar 28 Apr 2020 18:54:56 CEST






Mi inserisco con una piccola annotazione 




Credo sia fondamentale per noi clinici e "ricercatori" (quando ci è concesso un pò di tempo) ascoltare i genitori . Con attenzione e impegno mentale . Spesso quanto dicono o pensano ci aiuta a percorrere strade differenti . Come spesso si dice, una visione esterna o da un'altra angolazione ( genitori, studenti che vengono in tirocinio ..etc..) aiuta a riflettere e può farci vedere quello stesso tema in altro modo, facendoci scoprire qualcosa a cui non avevamo pensato . 


Tuttavia le regole della ricerca sono metodologicamente molto difficili e impervie, ma molto rigorose . Spesso i comitati etici ci richiedono enorme fatica , ma soprattutto per cautela nei confronti dei PAZIENTI e quindi dei nostri bimbi / adolescenti ed adulti 


Quindi , mi sento di dire : non si può parlare di ricerca se non si sta in certi ambiti che sembrano spesso troppo rigidi ma sono forse solo rigorosi . 


Fare ricerca impone umiltà, ascolto e molta pazienza 


Quindi non tutto è ricerca, senza per questo non sia importante o di valore, anche se in questo caso non possiamo attribuirgli il nome RICERCA 


Ci sono per es. buone prassi che vanno accolte e seguite e credo che diversi genitori possano portare i loro contributi che vanno poi portati all'attenzione di tutti noi per poterne valutare gli aspetti positivi, anche se in maniera costruttivamente critica . 

ah ... lo sapete già : la ricerca ha tempi lunghi e non si nutre di illusioni o di quanto va di "moda". 





un caro saluto a tutti 




Dott.ssa Paola Visconti 
Responsabile Centro ASD 
UOC NPI / IRCCS-ISNB 
Ospedale Bellaria 
Bologna 


Da: "mazzoni armando" <mazzoni.armando a libero.it> 
A: "Autismo Biologia" <autismo-biologia a autismo33.it> 
Inviato: Domenica, 26 aprile 2020 10:25:27 
Oggetto: [autismo-biologia] R: R: [autismo-scuola] L'autismo al tempo del coronavirus e gli insegnamenti che "non" dovremmo trarne 



Non vedo più una differenza tra ricerca (intesa come biologica) e abilitazione, anche quest’ultima è ricerca e prima si unificherà alla prima e meglio sarà. 



Anche tu e Patrizia siete ricercatori, troppo spesso inascoltati. 



E questo è un altro aspetto: molti genitori si fanno ricercatori ed attori dell’abilitazione dei propri figli, perché gli interventi, non sempre ottenibili (per quanto utili e validati ) e l’aspetto 24/7 (24 ore al giorno/7 giorni a settimana), lasciano ancora tantissimi buchi, se si parla di Autismo. 

Molti genitori sono ancora troppo spesso inascoltati ed i clinici raccolgono i loro input in interminabili questionari, che hanno però valenza “solo” diagnostica o di valutazione adattiva. 



Di fronte a tante incognite e a risposte che ancora devono arrivare, non ha senso che la ricerca tutta non si curi e, senza umiltà, non metta a frutto la ricerca delle famiglie. 










Da: autismo-biologia <autismo-biologia-bounces a autismo33.it> Per conto di Tiziano Gabrielli 
Inviato: venerdì 17 aprile 2020 10:26 
A: Autismo Biologia <autismo-biologia a autismo33.it> 
Oggetto: Re: [autismo-biologia] R: [autismo-scuola] L'autismo al tempo del coronavirus e gli insegnamenti che "non" dovremmo trarne 




Leggo e non leggo da ventidue anni quello che si scrive riguardo all’autismo. Leggo sempre meno e leggo prevenuto. Mi annoio. Armando coglie l’asprezza del nulla di definitivo scientifico e la sua volatilità. Il formalismo chiarificatore. E’ come se comprassimo un vestito visto in vetrina e uscissimo dal negozio con l’etichetta. Chiara, leggibile, in molte lingue. Armando coglie bene il nulla finale. Da ventidue anni mi occupo solo di aspetto abilitativo, sono un medico ma la scienza è lì da trent’anni, nello stesso ravanamento. Armando ne distilla il caos. La stessa insoddisfazione c’è nell’abilitazione che a differenza della scienza è calatile nel concerto bisogno di ciascuno. Abbiamo visto un susseguirsi di esperti di turno in questi 22 anni. Una moltitudine di inutili tracce e indicazioni risibili come esiti. Certezze di operatività che non hanno visto aggiustamenti miglioramenti ma solo prevaricazioni temporanee. Non si lavora e non si è lavorato bene. Si è rimasti al palo girandoci attorno. Ciò che prevale è quell’atteggiamento di solidarietà nella miseria, nella compassione, nella pochezza dei risultati abilitativi, nell’attesa organizzata di ciò che non accade mai. Siamo come accecati dalla speranza. Tutto resta come prima. L’abilitazione è occupazione vigilata. Anche dove piovono milioni. Lo stesso prima… prima del milioni. Gli accademici, le strutture, le associazioni meritevoli e legalmente riconosciute. Associazioni a cui si aggrappano genitori convinti di essere salvi e invece mancano i porti sicuri, mancano le risposte a seguire l’ultimo incontro. C’è solo una coperta di alluminio luccicante da stendersi addosso perché qualcuno ci veda. Mancano ricerca e abilitazione. Troppo costosa la prima, ancor priva di obiettivi interessanti. Troppa faticosa la seconda, ancora deresponsabilizzante, ancora comunitaria, ad individualità di fatto negata. Senza vision operativa nella necessaria globalità, complicazione, distribuzione di compiti e ruoli condivisi, senza obiettività ed obiettivi in progress. 





Gabrielli Tiziano 








Il giorno 16/apr/2020, alle ore 15:15, < [ mailto:mazzoni.armando a libero.it | mazzoni.armando a libero.it ] > < [ mailto:mazzoni.armando a libero.it | mazzoni.armando a libero.it ] > ha scritto: 





Da ormai 12 anni leggo e ascolto quello che cerco, le risposte alle mie domande e anche quello che mi viene detto quando non richiesto e opportuno; dopo tutto questo tempo devo constatare che si gira intorno alle stesse cose ed alle parole come compassi, non si fanno passi avanti e si perde anche l’orientamento. 





Anche nelle sue parole, prof. Hanau, Lei parla di una non-malattia che è conseguenza di malattie e malformazioni (?) genetiche…Non ho capito… 





Ci sono diverse persone titolate a parlare e, sicuramente Prof., Lei lo è; se invece sull’Autismo chiunque può dire la sua, dalla giovane studentessa di psicologia ad una persona come me, come se la Scienza fosse campo dialettico in cui tutte le opinioni possono avere la stessa dignità, mi chiedo di chi sia la responsabilità; mi pare che ognuno ci metta del suo, il mondo accademico che non riesce/non vuole fare Accademia ed essere scientificamente censorio sull’argomento, le giustificabili crepe nella psiche dei familiari e opportunismi vari nella gestione “lifelong” della persona autistica. 





A distanza di 20-30 anni da fondamentali prese di posizione e chiarimenti sulla natura dell’Autismo e delle sue conseguenze troviamo ancora una comunità molto grande e molto frammentata in mille idee, approcci, associazioni, incapace di esprimere una visione e degli obiettivi unitari, nonostante le inevitabili, ed in un certo senso ovvie, differenze di condizione tra le diverse persone. 





Sicuramente è servito ed ha fatto girare pagina alla storia dell’Autismo, ma non possiamo pensare che continuare a spaccare i micron nelle definizioni (malattia, condizione, etc) e nelle categorizzazioni sintomatologiche sia la chiave del progresso. In questo sento la iper-tipizzazione (scusate il termine sicuramente improprio) generata dallo spettro e dall’ennesima definizione (gli Autismi), credo abbia contribuito ad aumentare lo stato confusionale di molti e alimentato idee strampalate. 





Tutto ciò non riempie il vuoto di conoscenza scientifica sull’Autismo, ancora pressoché totale; tornando alle responsabilità di tanto caos, questo vuoto ne è largamente responsabile. 





Per voltare la nuova pagina secondo me serve la Ricerca, a volumi radicalmente diversi da quelli odierni. 





Continuare a fallire questo appuntamento, da parte di tutti i portatori di interessi, significherà continuare a rimanere fermi; non ci sarà nessun progresso reale solo con un DSM VI e succ. o con un ICD11 e succ. 


E non cessa di sorprendermi che a qualcuno possa risultare ancora accettabile. 





Cordiali saluti 





Armando Mazzoni 























Da: autismo-scuola < [ mailto:autismo-scuola-bounces a autismo33.it | autismo-scuola-bounces a autismo33.it ] > Per conto di Carlo Hanau 
Inviato: mercoledì 15 aprile 2020 15:46 
A: Autismo e Scuola < [ mailto:autismo-scuola a autismo33.it | autismo-scuola a autismo33.it ] > 
Oggetto: Re: [autismo-scuola] L'autismo al tempo del coronavirus e gli insegnamenti che "non" dovremmo trarne 





Non vorrei ripetermi troppo volte, ma l'autismo non è una malattia ma un insieme (spesso confuso) di tante forme diverse di disabilità psichiche, più o meno gravi, più o meno concatenata fra loro, che sono conseguenze di malattie o malformazioni genetiche. 


Angsa è l'associazione nazionale di Genitori di soggetti autistici nata per rappresentare coloro che non sono in grado di rappresentarsi da soli. 


Altre associazioni, come Gruppo Asperger, riuniscono persone che sanno autorappresentarsi. 


Confondere autismo infantile, F 84.0 della classificazione OMS ICD10 CM con Sindrome di Asperger F84.5 della stessa classificazione porta a grande confusione. I bisogni esistono comunque ma sono molto diversi. Anche la giornata dell'attenzione è diversa. Quella sull'autismo è stata fissata dall'ONU il 2 Aprile. 


Riporto di seguito la recente ICD 10 CM dell'OMS (che non è quella della società psichiatrica americana DSM 5 del 2013) 





ICD 10 CM 


· F84 Pervasive developmental disorders Includes : Use Additional Code :Excludes2 : 


· F84.0 Autistic disorder Includes : Use Additional Code : Excludes1 :Excludes2 : 


· F84.2 Rett's syndrome Includes : Use Additional Code : Excludes1 :Excludes2 : 


· F84.3 Other childhood disintegrative disorder Includes : Use Additional Code : Excludes1 :Excludes2 : 


· F84.5 Asperger's syndrome Includes : Use Additional Code :Excludes2 : 


· F84.8 Other pervasive developmental disorders Includes : Use Additional Code :Excludes2 : 


· F84.9 Pervasive developmental disorder, unspecified 





Il giorno mer 15 apr 2020 alle ore 14:57 Avv. Ida Iaquinta < [ mailto:avv.iaquinta a tiscali.it | avv.iaquinta a tiscali.it ] > ha scritto: 

BQ_BEGIN



Gentile Sonia, io insisto a riternere che la colpa di questa visione distorta è dovuta anche al messaggio che viene, ogni anno, collegato alla richiesta di fondi per la ricerca. Se ci ostiniamo a concepie l'autismo come mera "neurodiversità" anche la ricerca sarà pregiudicata. prendiamo esempio da teletho, nfacciamo vedere cos'è l'autismo.. facciamo capire che anche l'autismo è da considerare una malattia "rara" spesso invalidante per chi ce l'ha e per i propri familiari... mandiamo video di quello che accade nei centri di terapia o a casa (magari oscurando i volti se i genitori non vogliono far comparire il viso dei propri figli) facciamolo... non potrò mai dimenticare una mamma che al Bosisio Parini di Lecco con un ragazzo adulto si è rivolta a me disperata dicendomi, riferendosi a suo figlio autistico: " non possiamo dire nè fare nulla... crede che ci sia un complotto contro di lui...." o la mamma disperata di quella bimba vicina di camera di 8 anni che tutta la notte urlava .... 


scusate se insisto su quesrto punto ma x me l'autismo non è una neurodiversità .... 

BQ_BEGIN



----- Original Message ----- 


From: [ mailto:soniazen.rusticali a gmail.com | Sonia Zen ] 


To: [ mailto:autismo-scuola a autismo33.it | Autismo scuola ] 


Sent: Tuesday, April 14, 2020 8:48 PM 


Subject: [autismo-scuola] L'autismo al tempo del coronavirus e gli insegnamenti che "non" dovremmo trarne 





Gentili componenti della lista, 


E apparso questo articolo recentemente che purtroppo potrebbe alimentate false idee sull'autismo. 


Angsa da sempre è impegnata seriamente sulla scientificità dei trattamenti e sui diritti delle persone con autismo. 





Nell'articolo si afferma che l'autismo non è invalidante ed è la società che si deve organizzare per inserirli. 


Purtroppo l'autismo è molto invalidante in particolare nella sfera sociale. Nelle forme più gravi ci sono gravi ritardi cognitivi, solo le persone Asperger sono in grado di avere buone interazioni, ma limitate alla peculiarità dei loro interessi. 


Nell'articolo si afferma che in questo periodo di confinamento a casa le persone con autismo 


Possono lavorare tramite smart working! 


Ci sarà una persona su 100 con autismo in grado di utilizzare un PC. 


Pensare un lavoro da remoto per le persone con autismo è fantascienza. 


Facciamo molta attenzione a fare certe considerazione che alimentano idee sbagliate sulla condizione autistica alimentando stereotipi che dobbiamo combattere. 


Buona lettura Sonia Zen Presidente Angsa Veneto 











Press-IN anno XII / n. 865 

Il Faro del 13.04.2020 

L'autismo al tempo del coronavirus e gli insegnamenti che dovremmo trarne 

A sfatare un po' di falsi miti sull'argomento è Noemi, studentessa di psicologia che si occupa di "interventi abilitativi in contesti naturali". 

Il 2 aprile si celebrava la Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, istituita dall’Onu nel 2007 con l’obiettivo di scandagliare una realtà troppo spesso vittima di pregiudizi e luoghi comuni. Una giornata che, però, quest’anno è stata trascorsa fra le mura di casa, tra difficoltà vecchie e nuove. 

Ma com’è che l’autismo convive con l’emergenza sanitaria in atto? A spiegarcelo – e a sfatare qualche falso mito – è Noemi, studentessa di psicologia che si occupa di “interventi abilitativi in contesti naturali”: si dedica, cioè, ad insegnare – attraverso specifiche strategie – delle abilità che consentano ai ragazzi autistici di poter raggiungere, idealmente, il maggior livello di autonomia e soddisfazione personale possibile. Noemi è, dunque, quella che in gergo specialistico viene definita una “facilitatrice”, ovvero una figura che funge da mediatrice fra il ragazzo o la ragazza autistici e il resto del mondo. E Noemi, che opera nel settore già da diversi anni, conosce bene le ripercussioni che il lockdown dell’intero paese sta avendo su chi è autistico: “Quanto sta accadendo nel mondo – commenta – è straordinario per i neurotipici, figurarsi per chi non lo è“. 

Cos’è davvero l’autismo? Facciamo un po’ di chiarezza. 
Ma partiamo dall’inizio. Cos’è l’autismo? E, soprattutto, è un qualcosa che si “è” o che si “ha”? “L’autismo – spiega Noemi – è, scientificamente parlando, una condizione di neurodiversità. Parliamo, dunque, di una vera e propria differenza biologica: il cervello di una persona autistica è configurato diversamente da quello dei cosiddetti ‘neurotipici’ e, pertanto, reagisce in maniera differente agli stimoli provenienti dall’esterno. Molti attivisti autistici – continua – rivendicano la pervasività della loro condizione: desiderano, cioè, non essere considerati ‘persone con l’autismo’ – come se fosse un elemento accessorio, o una malattia -, ma ‘autistici’ in ogni aspetto della loro identità“. 
“Ci tengo a sottolineare – precisa Noemi – che l’autismo non è di per sé invalidante: a renderlo tale sono, spesso e volentieri, le aspettative della società e il concetto di ‘normalità’ che questa c’impone: ma cosa vuol dire, dopotutto, ‘essere normali’? Ciò che per me è normale potrebbe non esserlo per qualcun altro: si tratta di un concetto relativo, e quindi privo di valore. L’autismo, poi, è troppo spesso confuso con il ritardo cognitivo: una condizione che può sì coesistere con l’autismo, ma che non ha alcun diretto legame con esso”. 

L’autismo al tempo dell’epidemia da Covid-19. 
“L’eccezionale periodo storico che stiamo vivendo – continua Noemi – porta con sé una serie di novità, non necessariamente tutte negative. L’incentivazione dello smart working, ad esempio, ha fatto sì che tanti datori di lavoro iniziassero finalmente a valutare l’ipotesi di far lavorare i propri dipendenti autistici da remoto, magari anche dopo la fine dell’emergenza: una soluzione ideale per chi, com’è il caso della maggior parte delle persone autistiche, soffre di un’ipersensibilità sensoriale tale da rendere difficoltosa la vita in ufficio. Come dimostrato da studi recenti, infatti, ciò che per noi è poco più di un semplice fastidio – l’incessante squillare di un telefono, ad esempio -, può essere fonte di vero e proprio dolore per chi è autistico, e quelli che spesso vengono scambiati per ‘capricci’ sono, in realtà, esigenze profonde che, se soddisfatte, permetterebbero agli autistici di inserirsi con più facilità nel tessuto sociale, anzich é scoraggiarsi ancor prima di provarci”. 
“D’altra parte, uno degli aspetti più tragici della pandemia è, per gli autistici, lo sconvolgimento della loro routine quotidiana: com’è risaputo, infatti, la prevedibilità e la regolarità giocano un ruolo fondamentale nella vita delle persone autistiche. Ciò potrebbe causare molto stress, soprattutto nei più piccoli, che non sono ancora in grado di capire cosa stia accadendo: l’ignoto è, per gli autistici ancor più che per i neurotipici, fonte di grande ansia. Proprio per questo motivo, è normale assistere ad un aumento degli episodi di stimming: la ripetizione, cioè, di gesti tesi ad ‘autoregolarsi’, ossia ad abbassare il livello di ansia e frustrazione (e che, lo voglio precisare, sarebbe bene non tentare di sopprimere, anzi). Una cosa che facciamo anche noi neurotipici, magari mangiandoci le unghie o toccandoci freneticamente i capelli: tutte azioni che, però, vengono tranquillamente ritenute socialmente accettabili”. 
“Per tutti questi motivi – prosegue -, molte famiglie si trovano oggi in difficoltà; eppure, ‘stabilizzare’ la vita in quarantena non è solo possibile, ma anche necessario: si potrebbe, ad esempio, decidere di regolarizzare gli orari dei pasti, dei compiti, e di qualunque altra attività. In questo senso, un’agenda visiva potrebbe rivelarsi di grande utilità, permettendo al bambino o alla bambina di visualizzare i momenti salienti della propria giornata. Dobbiamo, in sostanza, creare delle routine in una quotidianità che è del tutto nuova“. 
“In conclusione, non posso che ribadire l’importanza di accogliere ed ascoltare le testimonianze di chi vive l’autismo in prima persona: voci rimaste troppo spesso inascoltate, e che invece ci aiutano a conoscere realtà sì diverse, ma non per questo incapaci di contribuire al benessere della nostra società. D’altronde, come ha già detto qualcuno, il mondo ha bisogno di tutti i tipi di mente, nessuna esclusa”. 








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Prof. Carlo Hanau 
già docente di Programmazione e organizzazione dei servizi sociali e sanitari 
Università di Modena e Reggio Emilia e Università degli Studi di Bologna 




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