[autismo-biologia] la dieta nell'autismo

Marina Marini Marina.marini a unibo.it
Mar 1 Maggio 2018 07:44:49 CEST


Commento all’articolo “Diet: the keystone of autism spectrum disorder?” 
di S. Peretti, M. Mariano, C. Mazzocchetti, M. Mazza, M. C. Pino, A. 
Verrotti Di Pianella & M. Valenti, Nutritional Neuroscience, 18 aprile 2018

Con piacere commento questa recente rassegna di ricercatori italiani, 
che affrontano un tema molto interessante sia per le famiglie sia per 
gli addetti ai lavori.

Molto opportunamente, il lavoro è suddiviso in tre capitoli principali: 
la dieta durante la gestazione, la dieta della persona affetta da ASD e 
il microbiota intestinale. Riassumiamo i punti principali emersi 
dall’analisi della letteratura.

_Dieta durante la gravidanza_. Gli studi epidemiologici hanno messo in 
evidenza l’importanza degli stili di vita, e non solo della dieta, nel 
determinare i fattori di rischio che coinvolgono la probabilità di avere 
figli affetti da svariate malformazioni o patologie, non solo da ASD. 
Tra i fattori di rischio spiccano il consumo di alcool e lo scarso 
apporto di folati. In particolare, l’assunzione di folati nel periodo 
peri-concezionale sembra accertato che protegga nei confronti dello 
sviluppo di ASD nella progenie, come, peraltro, anche da malformazioni 
neurologiche, come la spina bifida. Viceversa, il consumo di prodotti 
ittici, associati all’inquinamento da mercurio, sembrerebbe non 
costituire un fattore di rischio. Forse per un refuso, l’aspetto 
riguardante l’assunzione di acidi grassi polinsaturi (PUFA) risulta meno 
chiaramente trattato. Da quanto riportato dalla fonte bibliografica 
consultata, è la quantità di omega-3 nella dieta, in rapporto anche a 
quella di omega-6, ad essere un importante fattore di protezione nei 
confronti di ASD della progenie. D’altro canto, alcuni lavori, tra cui 
anche quelli del nostro gruppo, hanno evidenziato un calo del rapporto 
omega-3/omega-6 negli eritrociti dei bambini affetti da ASD rispetto a 
quelli a sviluppo neurotipico. Gli autori prendono in esame anche altri 
fattori non propriamente dietetici che possono aumentare il rischio di 
ASD nella progenie e tra di essi mettono in evidenza infezioni e 
disfunzioni del sistema immunitario; da sottolineare che in questo caso 
i dati epidemiologici sono rafforzati anche da dati sperimentali su 
modelli murini (nota mia); infine, viene fatto cenno anche 
all’esposizione a pesticidi, ma il discorso “inquinamento” purtroppo non 
si fermerebbe qui, ma esula dalle finalità della rassegna. Infatti, non 
si può non collegare l’aumento dei casi di ASD, che stiamo riscontrando 
in tutto il mondo, al progressivo deterioramento del nostro ambiente.

_Dieta nei bambini affetti da ASD_. Dopo aver opportunamente 
sottolineato che le abitudini alimentari dei bambini affetti da ASD sono 
spesso restrittive e quindi passibili di generare di per sé carenze di 
vario tipo o apporti scompensati di micro e macronutrienti, gli autori 
passano in rassegna alcune diete specifiche che sono state proposte e 
adottate. A-Dieta senza glutine e senza caseina (GFCF). Si tratta della 
dieta più controversa tra quelle proposte, perché alcune ricerche 
riportano miglioramenti anche notevoli dei sintomi dell’autismo, altre 
miglioramenti parziali e altre ancora nessun cambiamento dei sintomi. 
Viene inoltre sottolineato il fatto che molti studi sono stati eseguiti 
in assenza di un controllo con placebo. B- Vit. D. Vengono riportati due 
lavori su bambini affetti da ASD con carenza accertata di Vit. D; in 
questi casi il trattamento comportò un miglioramento dei sintomi. 
Vengono poi riportati i risultati di uno studio in cui venivano 
somministrati Vit. D o placebo; i bambini non avevano apparentemente 
carenze iniziali di Vit. D, ciò nonostante una parte di essi mostrava 
miglioramenti dopo 4 mesi di somministrazione; infine, un altro studio 
aveva somministrato Vit. D a donne in gravidanza e ai loro lattanti e 
statisticamente veniva riportata una minore incidenza di ASD nei 
bambini. C- Dieta chetogenica. Uno studio su 30 bambini ha mostrato 
miglioramenti sostanziali in 2 pazienti e marginali nei restanti; un 
altro studio ha applicato dieta chetogenica e dieta GFCF a un singolo 
bambino, che è migliorato. D- Apporto di Ferro. Alcuni studi hanno 
riportato carenze di Ferro nei bambini autistici, presumibilmente in 
rapporto alla dieta selettiva da essi scelta. Nei casi di carenza di 
Ferro, l’apporto di Ferro ha comportato miglioramenti dei sintomi, e in 
particolare dell’insonnia; altri studi non hanno riscontrato carenze di 
Ferro. E-Acidi grassi. I lavori esaminati riguardano l’aggiunta alla 
dieta di omega-3 (in particolare, DHA). Gli autori evidenziano che i 
risultati sono controversi: alcuni riportano miglioramenti dei sintomi 
(in particolare, stereotipie, iperattività, capacità di comunicazione), 
altri nessuna differenza tra pazienti trattati con omega-3 o con 
placebo. F- Acido folico. In genere gli studi hanno riportato 
miglioramenti nei bambini cui venivano somministrati folati.

_Microbiota intestinale_. Gli studi sul microbiota intestinale sono 
potenzialmente molto informativi e sono una nuova frontiera nello studio 
dell’ASD. La scoperta delle interazioni tra sistema nervoso centrale ed 
enterico ha portato a definire la presenza di un asse 
intestino-cervello, che potrebbe influenzare sia parametri 
biologici/biochimici sia il comportamento. Gli autori di questa rassegna 
evidenziano alcuni aspetti interessanti: un eccesso di batteri del 
genere Clostidria (eccesso dimostrato in pazienti ASD in più studi) 
potrebbe causare stress e ansietà; un alterato microbiota intestinale 
potrebbe portare a eccessiva produzione di serotonina e ad alterazioni 
nel metabolismo del triptofano (entrambe riscontrate nei soggetti ASD), 
a dolori addominali, a infiammazione e ad aumento di citochine 
infiammatorie. Infine, molto interessante è il rapporto tra il 
microbiota materno e quello del bambino. Gli studi in cui sono stati 
somministrati probiotici nel tentativo di migliorare la disbiosi 
intestinale sono tuttavia ancora scarsi, contraddittorii e incompleti.

Mi siano consentiti alcuni commenti. Innanzitutto, a mio parere, le 
diete o in generale gli interventi nutrizionali o nutraceutici non 
dovrebbero essere somministrati in maniera indiscriminata, bensì 
dovrebbero essere supportati da evidenze di carenze o di situazioni che 
necessitano un intervento. A questo proposito, il recente lavoro del 
gruppo di Ashwood (Differential immune responses and microbiota profiles 
in children with autism spectrum disorders and co-morbid 
gastrointestinal symptoms.; Brain Behav Immun. 2018 Mar 20) ha 
evidenziato come il microbiota intestinale di bambini affetti da ASD sia 
diverso da quello di bambini neurotipici e come i sintomi 
gastrointestinali nei bambini con ASD si accompagnino ad alterazioni 
delle citochine infiammatorie e ad un’aumentata permeabilità 
intestinale. Mi sembra quindi chiaro che le modifiche nella dieta 
debbano tener conto di queste variabili, in particolare le diete GFCF 
possono essere efficaci in alcuni sottogruppi di bambini. Analogamente, 
le diete con apporto di Vit. D o di Fe dovrebbero essere somministrate 
in caso di carenze accertate di questi micronutrienti, tenendo conto che 
un eccesso di Fe o di Vit. D potrebbe essere anche dannoso. La 
somministrazione di omega-3 dovrebbe essere giustificata dalla sua 
carenza (valutabile in base ad esami lipidomici svolti presso centri 
qualificati) ed eventuali risultati clinici rapportati alla correzione 
della carenza. I risultati contraddittori dovrebbero essere inoltre 
valutati sulla base della */qualità/* degli integratori: per esempio, 
gli acidi grassi polinsaturi non dovrebbero essere somministrati in 
assenza di copertura antiossidante. Quindi, piuttosto che adottare come 
“gold standard” gli studi randomizzati contro placebo, le rassegne della 
letteratura dovrebbero valutare solo studi che hanno adottato tutte le 
precauzioni del caso, che hanno eventualmente raggruppato i pazienti 
sulla base di caratteristiche biologiche e hanno valutato i parametri 
rilevanti prima e dopo la dieta. Gli interventi sulla dieta, così come 
altri interventi (penso ad esempio alla chelazione), dovrebbero essere 
tutti supportati da evidenze che li giustifichino e i risultati clinici 
rapportati alla modificazione effettiva dei parametri che si intendeva 
normalizzare. Infine, ho notato che non sono stati presi in 
considerazione alcuni studi, tra cui il più rilevante è a mio parere 
quello che prevede la somministrazione di sulforafano, il principio 
attivo delle crucifere, che sembra possa alleviare i sintomi specifici 
dell’ASD (Singh et al., Proc Natl Acad Sci U S A. 2014 Oct 28 e articoli 
successivi).

In conclusione, e non posso non concordare con gli Autori, è necessario 
incrementare la ricerca di base sull’ASD, che potrebbe dare utili 
suggerimenti sugli interventi in campo nutrizionale.

Marina Marini - Università di Bologna

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