[autismo-biologia] su Molecular Autism un articolo importante frutto di una collaborazione italo-britannica

daniela a autismo33.it daniela a autismo33.it
Lun 19 Feb 2018 16:18:45 CET


Esce oggi sulla prestigiosa rivista Molecular Autism (2018) 9:3 l’articolo
“Advanced glycation endproducts, dityrosine and arginine transporter
dysfunction in autism - a source of biomarkers for clinical diagnosis”
 Attia Anwar1† , Provvidenza Maria Abruzzo2,4† , Sabah Pasha1 , Kashif
Rajpoot3 , Alessandra Bolotta2,4, Alessandro Ghezzo2 , Marina Marini2,4,
Annio Posar5,6, Paola Visconti5 , Paul J. Thornalley1,7 and Naila
Rabbani1,7,8*

Il lavoro é frutto della collaborazione tra l’Universitá e l’Istituto
delle Scienze Neurologiche di  Bologna e l’Universitá di  Warwick, a
riprova della vitalitá, delle competenze e della capacitá di
collaborazioni internazionali di tante Universitá e Istituti di Ricerca
italiani,  tra cui Bologna, che meriterebbero ben altri riconoscimenti e
ben altri finanziamenti.

L’Universitá di Bologna ha diramato oggi un comunicato stampa per
dimostrare quanto é orgogliosa dei suoi ricercatori.
Prima di copiare tale comunicato vorrei tuttavia precisare, dopo avere
parlato con gli autori, che il temine “test” del comunicato potrebbe
essere mal interpretato.
Si tratta di analisi biochimiche molto raffinate e che non sono alla
portata di tutti i laboratori. Invece da valorizzare i seguenti contenuti
del comunicato stampa:

-Un risultato che potrebbe portare in futuro a fare luce su cause non
ancora identificate alla base dei disturbi dello spettro autistico,
contribuendo così a mettere a punto nuove terapie, che saranno tanto più
efficaci quanto più precocemente applicate.
- mette in luce il ruolo dello stress ossidativo in una patologia del
Neurosviluppo e identifica alterazioni biochimiche comuni in bambini che
hanno sicuramente background genetici diversi. Ipotizziamo che sia
l’instaurarsi di queste disfunzioni durante il periodo prenatale o nei
primi mesi di vita che, alterando l’epigenetica delle cellule nervose,
provoca alterazioni simili a quelle dovute a mutazioni genetiche”. 
-In particolare, nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico
sono stati riscontrati livelli più elevati di uno specifico marcatore di
ossidazione, la di-tirosina (DT), e di composti denominati “Advanced
Glycation Endproducts” (AGEs).
-Dai risultati della ricerca, inoltre, è arrivata anche la conferma che
nei disturbi dello spettro autistico è coinvolta un’alterazione dei
trasportatori di aminoacidi, già identificata in una rara mutazione
genetica che determina autismo. Nei bambini studiati, però, le cause
dell’alterazione potrebbero essere di tipo epigenetico e non genetico,
quindi potenzialmente modificabili.
-potrebbe portare a una diagnosi e a interventi terapeutici più precoci.
Speriamo, inoltre, che questo tipo di studi possa mettere in luce nuovi
fattori causativi: nuove ricerche potrebbero infatti rivelare specifici
profili plasmatici e urinari di composti che portano traccia di
modificazioni dannose. Non solo, quindi, si potrà migliorare la diagnosi,
ma anche individuare nuove cause dell’ASD”.
-Sarà necessario ora ampliare lo studio a nuovi gruppi di bambini con
l’obiettivo di confermarne l’efficacia e valutare se i biomarcatori
individuati sono in grado di discriminare non solo tra bambini affetti e
sani, ma anche tra diverse patologie del Neurosviluppo o che comportano
stress ossidativo, e per valutare, inoltre, la sua capacità di
identificare l’ASD anche in età molto precoce.

Ed ecco il comunicato stampa dell’Universitá

Autismo nei bambini:
trovati biomarcatori che possono portare a diagnosi più precoci

Un team di ricerca italo-britannico ha messo a punto un nuovo test – il
primo di questo tipo – basato sull’individuazione di specifici danni alle
proteine plasmatiche. Uno strumento che può rivelarsi utile per arrivare a
identificare i disturbi dello spettro autistico anche in età molto precoce
e aprire la strada a nuovi trattamenti


Bologna, 19 febbraio 2018 - Un team di ricercatori di Università di
Bologna, Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna (IRCCS),
Università di Warwick e Università di Birmingham ha messo a punto un nuovo
test – il primo di questo tipo – che potrebbe portare a diagnosi più
precoci nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico, favorendo
così trattamenti più tempestivi.

Il test – pubblicato sulla rivista Molecular Autism – si basa
sull’individuazione, attraverso biomarcatori nel sangue e nelle urine, di
specifici danni alle proteine plasmatiche. Un risultato che potrebbe
portare in futuro a fare luce su cause non ancora identificate alla base
dei disturbi dello spettro autistico, contribuendo così a mettere a punto
nuove terapie, che saranno tanto più efficaci quanto più precocemente
applicate.

Cosa sono i disturbi dello spettro autistico
I disturbi dello spettro autistico (ASD) sono disturbi del Neurosviluppo
che impattano principalmente sulle interazioni sociali e che possono
comprendere un’ampia gamma di problemi comportamentali, tra cui anomalie
nella comunicazione, comportamenti ripetitivi o compulsivi, iperattività,
ansietà, difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti, disturbi sensoriali e, in
molti casi, disabilità intellettiva. I sintomi possono essere molto
eterogenei e, soprattutto in età precoce, molto sfumati. Per questo motivo
è spesso difficile ottenere una diagnosi certa prima di 24-36 mesi di età.

Le cause di questo tipo di disturbi sono ancora poco chiare. Mentre in
circa un terzo dei casi (30–35%) possono essere riconosciute motivazioni
genetiche, per il restante 65–70% dei soggetti colpiti si ritiene che
l’autismo sia causato da una combinazione di fattori ambientali, mutazioni
multiple e varianti genetiche rare.

Nuovi indizi e utili conferme
Nuovi indizi per fare luce sulle cause di questi disturbi possono arrivare
ora grazie al nuovo test messo a punto dal team di ricerca
italo-britannico. Gli studiosi hanno infatti individuato un legame tra ASD
e un particolare danno alle proteine plasmatiche dovuto a fenomeni di
ossidazione e di glicazione.

“Questa ricerca – spiega Marina Marini, docente al Dipartimento di
Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale  dell’Alma Mater,  che
ha coordinato il gruppo bolognese – mette in luce il ruolo dello stress
ossidativo in una patologia del Neurosviluppo e identifica alterazioni
biochimiche comuni in bambini che hanno sicuramente background genetici
diversi. Ipotizziamo che sia l’instaurarsi di queste disfunzioni durante
il periodo prenatale o nei primi mesi di vita che, alterando l’epigenetica
delle cellule nervose, provoca alterazioni simili a quelle dovute a
mutazioni genetiche”. In particolare, nei bambini affetti da disturbi
dello spettro autistico sono stati riscontrati livelli più elevati di uno
specifico marcatore di ossidazione, la di-tirosina (DT), e di composti
denominati “Advanced Glycation Endproducts” (AGEs).

Dai risultati della ricerca, inoltre, è arrivata anche la conferma che nei
disturbi dello spettro autistico è coinvolta un’alterazione dei
trasportatori di aminoacidi, già identificata in una rara mutazione
genetica che determina autismo. Nei bambini studiati, però, le cause
dell’alterazione potrebbero essere di tipo epigenetico e non genetico,
quindi potenzialmente modificabili.

“La nostra scoperta – spiega Naila Rabbani, Reader di Experimental Systems
Biology all’University of Warwick, che ha guidato la ricerca biochimica –
potrebbe portare a una diagnosi e a interventi terapeutici più precoci.
Speriamo, inoltre, che questo tipo di studi possa mettere in luce nuovi
fattori causativi: nuove ricerche potrebbero infatti rivelare specifici
profili plasmatici e urinari di composti che portano traccia di
modificazioni dannose. Non solo, quindi, si potrà migliorare la diagnosi,
ma anche individuare nuove cause dell’ASD”.

I protagonisti dello studio e i prossimi passi
Per realizzare lo studio, il Centro Disturbi dello Spettro Autistico
dell'Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna ha realizzato una
valutazione clinica su 38 bambini affetti da disturbi dello spettro
autistico (29 maschi e 9 femmine) e un gruppo di controllo composto da 31
bambini a sviluppo normotipico (23 maschi e 8 femmine), tutti di età
compresa tra 5 e 12 anni. Il team dell’Università di Warwick, guidato da
Naila Rabbani, ha poi studiato campioni di sangue e di urina, evidenziando
le differenze chimiche tra i due gruppi. Un ricercatore dell’Università di
Birmingham ha invece combinato i dati relativi ai cambiamenti dei diversi
composti, elaborando un algoritmo di machine learning: un'intelligenza
artificiale che consente di distinguere tra i soggetti affetti e quelli
non affetti. Il risultato è stato un test diagnostico con ottima capacità
di distinguere tra veri e falsi positivi e veri e falsi negativi.

Sarà necessario ora ampliare lo studio a nuovi gruppi di bambini con
l’obiettivo di confermarne l’efficacia e valutare se i biomarcatori
individuati sono in grado di discriminare non solo tra bambini affetti e
sani, ma anche tra diverse patologie del Neurosviluppo o che comportano
stress ossidativo, e per valutare, inoltre, la sua capacità di
identificare l’ASD anche in età molto precoce.

La studio è stato pubblicato sulla rivista Molecular Autism con il titolo
“Advanced glycation endproducts, dityrosine, and arginine transporter
dysfunction in autism — a source of biomarkers for clinical diagnosis”. A
realizzarlo sono stati ricercatori della Scuola di Medicina
dell’Università di Warwick (in particolare del Warwick Systems Biology
Group), dell’Università di Birmingham, dell’Università di Bologna,
dell’IRCCS Istituto di Scienze Neurologiche di Bologna e della Fondazione
Don Carlo Gnocchi ONLUS.

La ricerca è stata finanziata da Warwick Impact Fund Award a Naila
Rabbani, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e Fondazione Nando
Peretti a Marina Marini. I ricercatori ringraziano l’ANGSA (Associazione
Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e tutti i bambini coinvolti e le
loro famiglie.

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