[autismo-biologia] un articolo interessante sul New York Times

Francesco Nardocci nardoccifranco a gmail.com
Ven 6 Apr 2018 21:45:50 CEST



Ho letto con attenzione e interesse i vari interventi successivi alla diffusione nella lista della traduzione dell'articolo su Asperger di Edith Scheffer e sulle rinnovate polemiche su un  suo presunto, o asserito, coinvolgimento nelle politiche naziste. Come ha già fatto notare  Claudia Nicchiniello la tesi riportata nell’articolo della Scheffer  si discosta totalmente da quella di Steve Silberman, autore di "Neurotribù, una “storia” dell’autismo", pubblicata negli Stati Uniti nel 2015 con la prefazione di Oliver Sacks,  ( la sua traduzione italiana è del 2016) ricchissima di richiami storici e di riferimenti bibliografici. Colpisce che nell’articolo della Scheffer non si faccia alcun richiamo a questa pubblicazione di cui sembra  ignorarne l’esistenza; come del resto la ricercatrice californiana  ignora  completamente l’esistenza di un altro testo, credo altrettanto fondamentale,  quello di  Adam Fensteiin, pubblicato nel Regno Unito nel 2010 e in Italia nel 2014, dal titolo “Storia dell’autismo. Conversazioni con i pionieri.” Anche Feinstein, sempre fornendo precisi riferimenti bibliografici alle sue valutazioni e ai suoi colloqui diretti e personali con molti dei più significativi ”protagonisti” di questa storia, arriva a conclusioni nettamente opposte a quelle della Scheffer; le conclusioni di Feinstein, come già detto, risultano esattamente concordi  con quelle  successive di  Silberman. Tra l’altro  Feinstein  non si sottrae e affronta questa difficile questione  riportando anche  correttamente  le considerazioni di alcuni di questi studiosi, in primis quella di Eric Schopler, che hanno ritenuto reale il coinvolgimento di Asperger nella politica hitleriana.  
Questi due testi tra l’altro facilitano la ricerca bibliografica di altre fonti documentarie di quel periodo o sugli scritti di Asperger che ritengo assolutamente necessaria per un serio lavoro storico culturale e che, molto più modestamente dai due autori citati, ho cercato riportato nel mio  saggio su Asperger pubblicato nel ottobre  2016 dalla rivista Autismo della Erickson.  
Mi sembra che Edith Scheffer ignorando  due testi che rimangono indubbiamente   fondamentali per conoscere la “storia" dell’autismo, si sottragga ad un serio confronto con Autori che la pensano esattamente in modo opposto da lei; il fatto poi che l’Autrice americana non indichi alcuna fonte bibliografica nel suo testo non mi sembra essere di grande aiuto per un confronto metodologicamente coerente.  Considerando però che preannuncia la prossima pubblicazione di un suo libro penso  che in questa sua prossima pubblicazione, il suo pensiero verrà sostenuto da un serio inquadramento bibliografico e quindi lo attendiamo. 
 
Rimane comunque degno di richiamo il fatto  che i testi  di Feinstein e Silberman non siano stati presi in considerazione dalla ricercatrice americana, anche se  però mi sembrerebbe  strano che non fossero da lei conosciuti per l’impatto e la diffusione che questi  due testi hanno avuto a livello mondiale nella comunità degli studiosi e famigliari.  Mi pare invece abbastanza ipotizzabile che l’Autrice non abbia mai avuto l’occasione  di studiare l’originale del saggio di Asperger del 1943 pubblicato poi nel 1944 e che ormai conta le traduzioni nel 1991 in lingua inglese, nel 1998 in francese e  in  italiano nel 2003 (traduzione che ho curato  e pubblicato sempre con la Erickson).  Di conseguenza parrebbe  non aver   potuto prendere in considerazione  alcuni  passaggi dell’Autore viennese che mi sembrerebbe utile alla discussione sul  tema in oggetto. Come ad esempio quello  in cui Asperger, riprendendo il tema  già affrontato in precedenza nel 1938, nel saggio del 43 affronta il tema della “Valenza sociale degli psicopatici  autistici” . In questa sezione Asperger afferma “ Noi troviamo che anche queste persone hanno  dunque il loro posto nell’organismo della comunità sociale [….]  Il nostro atteggiamento e il nostro giudizio di valore di fronte a persone difficili di questo e altro tipo  ci da il diritto e il dovere di impegnarci per loro con la vostra intera personalità, perchè crediamo  che solo l’impegno completo amoroso  dell’educatore possa raggiungere dei risultati in persone così difficili “  (Asperger 2003, p.104).  Possiamo pensare che in piena barbarie nazista, il potere hitleriano potesse considerare che queste affermazioni, formalmente espresse e diffuse comunque anche se solamente attraverso canali culturali ( a cui in realtà i nazisti erano molto attenti), fossero in sintonia con l'ideologia delle “vite indegne di essere vissute”?

Ma è anche per altre  considerazioni che verrebbe da pensare che  la ricercatrice statunitense non conosca il saggio originale  di Asperger. Sicuramente per esempio non sembra avere molta dimestichezza sulla questione centrale  del pensiero di Asperger : l’utilizzo del termine “psicopatia” autistica. In più di una occasione compare la preoccupazione di Asperger di differenziare nettamente il quadro clinico che sta delineando, prima nel 38 e poi nel 43, come psicopatia autistica dalla schizofrenia, dalle psicosi. Lo studioso viennese, ad esempio non ha mai per un momento pensato che quel quadro potesse avere una causa relazionale, che potesse essere determinato la conseguenza di un clima affettivo materno negativo. La sua solidità scientifica e la sua esperienza di pediatra non gli ha fatto ritenere neanche per un momento che potesse esistere  quella presunta ( e mai dimostrata)  condizione di “ autismo fisiologico”,di  “autismo normale neonatale”, ( a cui i bambini con autismo sarebbe rimasti “bloccati “ o “fissati”) che non possiamo certo dimenticare essere stato il folle assunto eziologico della psiconalisi mondiale degli anni '40 e ’50.  Asperger almeno avrebbe risparmiato ai bambin autistici e alle loro madri e famiglie  le conseguenze di quelle teorizzazioni . E’  sempre l’Autore che per primo, e solitario ancora per molti anni,  sostiene insensato ritenere l’autismo come una forma precoce della schizofrenia e fornisce una precisa analisi  clinico differenziale per non confondere i due ben distinti quadri psicopatologici. In realtà non utilizza il termine “psicopatia” nel senso poi affermatosi di “patologia sociale” e di "disturbo sociopatico” ma ( siamo alla fine degli anni 30/inizio degli anni 40) lo utilizza per contrapporlo all’idea che si possa trattare di una espressione schizofrenica; infatti afferma “ le caratteristiche  della personalità schizofrenica, strutturata intorno ad una  progressiva perdita di contatto con la realtà, e dell'autismo schizofrenico […] sono riconducibili ad un comune denominatore: la chiusura nella relazione fra l'Io e il mondo esterno. Analogamente  la restrizione delle relazioni in tutti gli ambiti è determinateanche per i nostri bambini. In questo caso non si tratta tuttavia di bambini disturbati nel centro della personalità: non sono quindi psicotici, bensì soltanto bambini più o meno anomali, psicopatici (Asperger 2003 pp 41-42)”. E ancora, trattando di uno dei bambini   presi a esempio,: “ Certo alcune cose in Fritz, la considerevole restrizione del contatto, gli automatismi, le stereotipie, richiama quadri schizofrenici. Ma contro questa malattia parlano il fatto che la condizione del fanciullo non mostra alcun decorso , nessun processo evolutivo; la mancanza dell’esordio caratteristico della schizofrenia infantile precoce con i suoi sintomi allarmanti ( gravissima angoscia, allucinazioni ), d’altronde qui non c’è delirio, la mancanza della progressiva destrutturazione della personalità. Niente di tutto questo in Fritz. ( Asperger 2003 pp 55-56)" 

E di questo quadro di "psicopatia autistica”  con estrema decisione sostiene che  non fosse esclusivamente infantile ma che persistesse tutta la vita "I quadri da noi descritti non mostrano nulla di evolutivo: permangono per tutta la vita “ Asperger 2003 p.41) che fosse presente anche in bambini con deficit neurologici, con danni da encefalopatie o disabilità intellettive.  Infatti scrive “Le difficoltà di adattamento istintivo alla situazione possono essere quindi almeno parzialmente compensate in questi bambini per via dell’intelletto . Va da sé che questo avviene tanto più facilmente quanto migliori sono le loro capacità intellettuali.Ora però il carattere autistico non si riscontra affatto solo in persone di valore intellettuale elevato, bensì anche in sottodotati e persino in deboli mentali di grado profondo. E’ chiaro che un adattamento sarà ancora molto più difficile raggiungere in questi ultimi casi”. (Asperger 2003 p.67 ).

In un  quadro in cui finalmente da qualche anno anche nel nostro Paese si sono  finalmente affermati  come  percorsi fondamentali per il  trattamento delle patologie autistiche gli interventi cognitivo comportamentali e psicoeducativi, mi sembra molto strano non notare la vicinanza concettuale  e scientifica con quest'ultimi degli interventi di "pedagogia curativa” condotti nel reparto  di Asperger, la valenza pedagogica dei rapporti che i professionisti sanitari di quel reparto intessevano con  le scuole viennesi per i minori con autismo che curavano, non valorizzare il fatto che in quel reparto si sperimentassero strategie e opportunità che si sarebbero affermato decenni più tardi, come ad esempio l'utilizzo di “agende visive giornaliere” o non riconoscere la valenza educativa nella loro prassi terapeutica sanitaria.
Dobbiamo forse pensare che anche Uta Frith fosse una nostalgica del regime nazista quando scriveva sulla quotidianità della vita del reparto di Asperger: "La specificità  e la nuova caratteristica della pratica pedagogica curativa in questo reparto erano la loro base biologica terapeutica […] Educazione  terapia erano la stessa cosa[…]  All’inizio il reparto di pedagogia curativa era organizzato come un qualsiasi altro reparto clinico. I bambini vivevano  in letti disposti in piccole e ordinate file, e due volte al giorno avveniva il giro del reparto. Erano trattati come bambini malati la cui salute doveva essere migliorata [….] Come l’esperienza del team crebbe, i loro sistemi cambiarono. I bambini venivano fatti alzare presto dai loro letti per giocar e lavorare durante il giorno in una impegnata serie di attività. Ora l’aiuto era dato a bambini handicappati ( piuttosto che ammalati) [….] Il programma giornaliero cominciava con una lezione di educazione fisica, usando ritmo  e musica. Erano organizzate recite e drammatizzazioni di avvenimenti di avvenimenti e canzoni. Vi erano anche vere e proprie lezioni scolastiche e attività di terapia del linguaggio[….] (Frith 1991). Mi suscita anche qualche incertezza cercare di comprendere come, secondo le affermazioni della Scheffer il   "suo lavoro  ( di Asperger N.d.A.)era, in effetti, inestricabilmente legato all'ascesa del nazismo e ai suoi programmi mortali".

Del resto la scarsa conoscenza  del saggio può portare a travisamenti e convincimenti errati, anche se alle volte alcuni di questi travisamenti sembrano strumentalmente  focalizzati  su alcune enunciazioni slegate e scollegate  dal contesto generale della trattazione. Due esempi su tutti, la presunta crudeltà attribuita da Asperger ai bambini con autismo o il suo considerali puramente dei piccoli  “automi”. 
A proposito della “ crudeltà” Asperger fa  riferimento all’imprevedibilità e alla fervida fantasia ( e imprevedibilità) con cui i bambini autistici riescono alle volte a compiere azioni aggressive ( ma anche autoaggressive), distruttive o anche solamente oppositive. Ma queste considerazioni andrebbero almeno accostate ad esempio alle parole sempre di Asperger sulle reazioni dei bimbi con autismo che con il ricovero nel suo reparto vengono necessariamente separati dalle loro famiglie: “Ci ha continuamente sorpreso la loro forte reazione di nostalgia di casa al momento dell’accoglimento nel nostro Reparto. Mentre gli altri bambini,anche quelli che hanno un forte e autentico legame sentimentale con la casa dei genitori, si abituano rapidamente alla nuova situazione, nei bambini autistici  una grave nostalgia è la regola. Per giorni piangono lacrime di vera disperazione specialmente il dolore si rinnova la sera , parlano dei genitori, che hanno tanto tormentato a casa, e della loro casa con parole tenerissime. Rispetto ai bambini normali passa un bel po’ di tempo prima che essi superino la nostalgia di casa" (Asperger 2003 p.29)”  Forse in una lettura un po’ più aperta e complessiva del saggio di Asperger la “cattiveria” può risultare alla luce di una complessità più aperta delle reazioni dei bambini e cioè interpretata più come un comportamento, per quanto alle volte incomprensibile, che come un tratto costitutivo del quadro psicopatologico.
E a proposito di una svalutazione dei bambini con autismo considerati solo come semplici “automi”se pur intelligenti: "Un altro punto importante: i bambini <normali> acquisiscono le necessarie abitudini sociali senza avere della maggior parte di esse una chiara consapevolezza: imparano inconsciamente, istintivamente. Ma proprio queste  relazioni che si giocano sull’istinto sono compromesse nei bambini autistici ; essi sono, per esprimerci grossolanamente , automi dell’intelligenza. [Grassetto dell’A]. In loro anche l’adattamento sociale deve passare dall’intelletto, essi devono imparare tutto per via intellettuale.” (Asperger 2003 p. 66). Inserita anche solo in questo  contesto la frase sembra avere un significato molto diverso da quello attribuito dalla Scheffer  al pensiero di Asperger è cioè quelle  di macchinette senza volontà, emozioni e desideri.  

Comunque il saggio di Asperger  è del 1943 e quindi naturalmente vi sono imprecisioni, o anche naturalmente considerazioni  che non hanno trovato conferma negli anni successivi ma ciò non modifica di fatto la considerazione  che anche Enrico Micheli ( e con lui ormai anche molti altri studiosi) fece alla lettura del saggio;  cioè che si potesse affermare che Asperger  nel 1943 avesse  delineato, già allora, il corpo centrale dell’inquadramento moderno della patologia autistica e la complessità dello spettro autistico. In estrema sintesi, e paradossalmente, penso che  si potrebbe affermare che Asperger in realtà "non ha scoperto" la Sindrome di Asperger ma l’ “autismo". 
Ma penso che non si possano concludere queste non brevissime considerazioni ritornando se pur molto sinteticamente alla questione degli interventi eugenetici iniziati nella prima metà  del secolo scorso, a ciò indotto  dal commento di Daniela Mariani Cerati dal titolo “Anche Kanner non brilla” . Effettivamente dallo studio del  contesto storico in cui operavano Asperger e Kanner ( in Nardocci 2016) emerge come gli Stati Uniti sia  stata la prima nazione a teorizzare e applicare programmi di sterilizzazione coatta a fine eugenetico e che  poi su questa strada  vennero seguiti da numerosi Paesi europei; questi programmi  poi furono mantenuti in parecchie nazioni ben oltre la fine degli anni Ottanta.  Nel luglio del 1942 la rivista ufficiale degli psichiatri americani  "L’American Journal of  Psychiatry" pubblicò a confronto due articoli in cui veniva affrontato il tema dell’eliminazione fisica  delle persone con deficit intellettivo  e della loro sterilizzazione coatta; nel primo articolo lo psichiatra Foster Kennedy sosteneva nell’articolo “ The problem of social control of the congenital defective: Education, sterilisation, euthanasia” il cui titolo non credo necessario tradurre per la sua estrema comprensibilità, che tutti i bambini con provato ritardo mentale  di età superiore ai cinque anni dovevano essere eliminati per evitare loro “l’agonia del vivere” e alle famiglie l’angoscia e le spese per il loro accudimento. Nel secondo articolo, per l’appunto quello richiamato da Daniela Mariani Cerati,  dal titolo “Exoneration of feebleminded (l’esonero dei deboli mentali   T.d.A.)”  Leo Kanner, pur dissentendo  profondamente da Kennedy sulla questione dell’eutanasia, sosteneva  che la sterilizzazione fosse una procedura spesso desiderabile per “persone inadatte alla procreazione”. Ripensare alle politiche per la sterilizzazione coatta perseguite, come già detto, oltre gli anni Ottanta in molti paesi anche europei, rimanda alla moltitudine di iniquità che sono state agite, e a quanto dolore e sofferenze umane sono state inflitte, prima che la storia delle disabilità, ma anche dei malati mentali e dei “ socialmente diversi", abbia potuto entrare in una visione etica di tutela della vita e dei diritti umani . 
In conclusione vorrei però riprendere l’articolo della Scheffer sottolineando che una delle mie sorprese più inaspettata è stata quella di potervi leggere che "Asperger è stato a lungo considerato un resistente del Terzo Reich”;  mi fa piacere venirlo a sapere perchè è ormai da molto tempo che mi sembrava fosse successo esattamente il contrario: che Asperger fosse stato considerato un consenziente attivo delle strategie naziste. Mi dispiace essermi perso  questa fase.     Franco Nardocci         
  




-------------- parte successiva --------------
Un allegato HTML è stato rimosso...
URL: <http://autismo33.it/pipermail/autismo-biologia/attachments/20180406/4d3073d8/attachment-0001.html>


Maggiori informazioni sulla lista autismo-biologia