[autismo-biologia] neuromodulazione

daniela a autismo33.it daniela a autismo33.it
Sab 23 Dic 2017 15:06:59 CET


Tra gli approcci terapeutici in corso di sperimentazione non ci sono solo
i farmaci, ma anche le tecniche di neuromodulazione, in particolare la
stimolazione magnetica transcranica
Col termine neuromodulazione si intende tutto l’insieme di tecniche che,
stimolando il cervello, modificano il funzionamento dei circuiti
cerebrali. 
A differenza dei farmaci, che giungono in ogni parte del corpo e proprio
per questo provocano spesso effetti indesiderati, la neuromodulazione
agisce in un punto ben preciso  per cui dovrebbe dare solo gli effetti
desiderati. Ma perché agisca nel modo desiderato é necessario conoscere
molto bene su quale parte del cervello bisogna agire.
Per questo motivo le conoscenze sui circuiti cerebrali implicati nelle
funzioni alterate nell’autismo possono essere un buon punto di partenza
per programmare sperimentazioni di neuromodulazione mirate ad aree e
circuiti ben localizzati.
Da qui l’interesse non solo teorico, ma anche pratico, per i risultati di
queste ricerche, come quelli descritti nell’articolo

Altered cerebellar connectivity in autism and cerebellar-mediated rescue
of autism-related behaviors in mice, Stoodley CJ et al, nature
neuroscienze, 20, 1744–1751 (2017) :10.1038/s41593-017-0004-1
https://www.nature.com/articles/s41593-017-0004-1

Di questo interessante articolo ha dato un ampio resoconto in italiano
sulla sua pagina facebook  Maria Luisa Scattoni, che si é avvalsa della
preziosa collaborazione di Angela Caruso.

Prima di ricopiarlo faccio notare le conclusioni, che mostrano i possibili
risvolti pratici di queste scoperte, avvertendo peró che una eventuale
applicazione terapeutica deve necessariamente passare da una
sperimentazione fatta secondo le regole accettate dalla comunitá
scientifica internazionale. Ed ecco il resoconto


Sono molteplici le evidenze scientifiche (studi condotti su modelli
animali e sull’umano) che sottolineano come diverse regioni del
cervelletto, in grado di elaborare informazioni di natura sociale, siano
particolarmente coinvolte nei disturbi dello spettro autistico. Uno di
questi studi (dal titolo: Altered cerebellar connectivity in autism and
cerebellar-mediated rescue of autism-related behaviors in mice) è stato
portato avanti da un team di ricercatori di massima esperienza nel campo
delle neuroscienze all’Università del Texas Southwestern Medical Centre, e
recentemente pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience
(https://www.nature.com/articles/s41593-017-0004-1).
Da anni il gruppo americano guidato dal professor Peter Tsai studia il
ruolo del cervelletto nelle funzioni cerebrali e le sue anomalie associate
a disturbi del neurosviluppo, tra cui l’autismo. Il cervelletto governa la
coordinazione motoria e gioca un ruolo chiave anche nel linguaggio, nella
regolazione emotiva e nei processi cognitivi. Moltissimi sono ormai gli
studi che riportano differenze strutturali e funzionali in specifiche
subregioni cerebellari in associazione alla condizione autistica. Ad
esempio, persone con autismo presentano un numero ridotto di neuroni del
Purkinje, cellule specifiche del cervelletto in grado di modulare
l’attività cerebrale. 
In questo lavoro in particolare, combinando tecniche di neuroimaging e
neuromodulazione, gli autori si sono focalizzati sullo studio dettagliato
di una regione del cervelletto chiamata Crus I e hanno riportato
alterazioni nella parte destra della stessa (Right CrusI) in persone con
autismo. Sebbene RCrusI sia funzionalmente connessa a circuiti cerebrali
associati ai disturbi dello spettro autistico, non si sa ancora il
contributo di RCrusI nell’insorgenza di questi disturbi. Le principali
evidenze suggeriscono comunque che RCrusI sia coinvolta in processi
sociali e cognitivi. Persone con autismo, inoltre, possono presentare
alterazioni strutturali a livello del cervelletto, ad esempio una
riduzione della densità del tessuto cerebrale nella regione RCrusI
rispetto a soggetti sani. 
La ricerca coordinata dal professore Tsai ha studiato in primo luogo le
regioni del cervelletto in 34 adulti normotipici. Usando la risonanza
magnetica funzionale (fMRI), hanno osservato le aree cerebrali che si
attivano in tandem con la regione RCrusI. I ricercatori hanno scoperto che
RCrusI è funzionalmente connessa ad alcune aree associate all’autismo, ad
esempio con il network frontoparietale coinvolto in processi high-levels,
come l’attenzione. Il team americano ha poi dimostrato sullo stesso
campione di soggetti sani che, sollecitando RCrusI con la stimolazione
transcranica diretta (che prevede l’applicazione non invasiva di una
corrente elettrica al cervello per almeno 20 minuti), è possibile modulare
l’attività dei circuiti cerebro-cerebellari. Successivamente, la tecnica
fMRI è stata utilizzata per esaminare l’attività cerebrale in 81 bambini
con autismo, di età compresa tra 8 e 13 anni. I risultati di questo
esperimento ci dicono che c’è una maggiore comunicazione tra RCrusI e la
regione sinistra del lobulo inferiore parietale (IPL), evidenziando
un’atipia nella connettività funzionale di questo circuito in bambini con
autismo comparati ai normotipici. Studi precedenti hanno già descritto la
regione sinistra dell’IPL come “nodo” fondamentale per integrare
informazioni visuospaziali, motorie e cognitive. Queste funzioni dell’IPL
sono consistenti con le evidenze che ci dimostrano che bambini con autismo
hanno difficoltà nell’integrazione di informazioni di diversa natura,
integrazione che sappiamo essere fondamentale per l’imitazione dei gesti
altrui e per stabilire una normale interazione sociale. Dunque,
un’alterazione funzionale del circuito RCrusI–IPL potrebbe risultare
critica per lo sviluppo dei sintomi core dell’autismo.
Parallelamente allo studio sull’uomo, il team americano ha lavorato su un
secondo binario: lo sviluppo e la caratterizzazione neurocomportamentale
di modelli animali di disturbi dello spettro autistico. I ricercatori
hanno esaminato le connessioni strutturali e funzionali del cervello di
topi che non esprimono il gene TSC1 nelle cellule del Purkinje. Il gene
TSC1 risulta essere mutato in persone con tuberosclerosi, una malattia
ereditaria rara spesso associata all’autismo. Come nell’uomo, topi con
mutazioni TSC1 presentano connessioni atipiche tra RCrusI e altre diverse
regioni, incluse quelle del network frontoparietale. Con l’utilizzo della
chemogenetica, è stata poi selettivamente inibita l’attività dei neuroni
del Purkinje nella regione RCrusI del modello murino. L’inibizione di
RCrusI è stata sufficiente a generare un fenotipo simil-autistico nel
topo. I topi mutati, infatti, non mostrano interesse nell’interagire con
un altro topo, effettuano il grooming (comportamento di auto-pulizia del
pelo) in maniera eccessiva ed hanno grosse difficoltà nell’individuare
strategie di comportamento alternativo, presentando quindi un profilo meno
sociale, patterns di comportamenti ripetitivi e stereotipati e problemi di
flessibilità cognitiva. Sorprendentemente, la stimolazione dei neuroni del
Purkinje nella regione RCrusI ha permesso il recupero totale dei deficits
sociali del topo, sebbene non ci sia nessun effetto sul comportamento
ripetitivo di grooming o sulla flessibilità cognitiva. Questa discrepanza
nel recupero dei deficits comportamentali potrebbe riflettere il possibile
coinvolgimento di altre aree cerebellari nella regolazione dei
comportamenti ripetitivi e stereotipati. Questi dati sul modello animale
sono fortemente in linea con quelli sull’umano precedentemente descritti,
sottolineando l’importanza della regione destra di CrusI (e non della
regione sinistra di CrusI) nell’insorgenza dei disturbi dello spettro
autistico. La stimolazione dei circuiti cerebro-cerebellari, in
particolare di RCrusI, potrebbe migliorare le capacità socio-comunicative
di persone con autismo, offrendo un potenziale target terapeutico.
Nonostante gli esiti positivi e incoraggianti di questo e di altre
ricerche, lo studio del potenziale terapeutico della neuromodulazione
cerebellare nell’autismo rimane un campo di ricerca aperto, su cui
potrebbe essere opportuno indirizzare in futuro ricerche ulteriori e più
dettagliate.
                                           Maria Luisa Scattoni e Angela
Caruso












Neuromodulazione

Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS)

Col termine neuromodulazione si intende tutto l’insieme di tecniche che,
stimolando il cervello, modificano il funzionamento dei circuiti
cerebrali. 


https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT01985308?term=autism+and+clinical+trials&draw=5&rank=33

The purpose of this study is to show that a magnetic field applied to the
front part of the brain of children suffering from Autism Spectrum
Disorder(ASD) can improve function and ameliorate symptoms.
Primary Outcome Measures  :
1. Childhood Autism Rating Scale (CARS) [ Time Frame: 5 Weeks ]
Difference in CARS score between start and end of double-blind portion of
the study



https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT01983189?term=autism+and+clinical+trials&draw=11&rank=152

This study is a trial of low frequency Repetitive Transcranial magnetic
stimulation( rTMS) for subjects with autism spectrum disorders, specially
targeting repetitive behaviors.

The investigator will apply low frequency rTMS for 20 minutes 5 times a
week for 3 weeks targeting the area of brain which was involved in
repetitive behaviors. 

http://readingroom.mindspec.org/?page_id=8888

Several lines of evidence point to the cortico-basal ganglia loop as the
brain regions most likely to be involved in repetitive behavior





Curr Neurol Neurosci Rep. 2017 Feb;17(2):11. doi: 10.1007/s11910-017-0719-0.
Transcranial Magnetic and Direct Current Stimulation in Children.
Hameed MQ1,2,3, Dhamne SC1,2, Gersner R1,2, Kaye HL1,2, Oberman
LM4, Pascual-Leone A5,6, Rotenberg A7,8.
Author information
Abstract
 Promising results in adult neurologic and psychiatric disorders are
driving active research into transcranial brain stimulation techniques,
particularly transcranial magnetic stimulation (TMS) and transcranial
direct current stimulation (tDCS), in childhood and adolescent syndromes.
TMS has realistic utility as an experimental tool tested in a range of
pediatric neuropathologies such as perinatal stroke, depression, Tourette
syndrome, and autism spectrum disorder (ASD). tDCS has also been tested as
a treatment for a number of pediatric neurologic conditions, including
ASD, attention-deficit/hyperactivity disorder, epilepsy, and cerebral
palsy. Here, we complement recent reviews with an update of published TMS
and tDCS results in children, and discuss developmental neuroscience
considerations that should inform pediatric transcranial stimulation.



La stimolazione dei circuiti cerebro-cerebellari, in particolare di
RCrusI, potrebbe migliorare le capacità socio-comunicative di persone con
autismo, offrendo un potenziale target terapeutico. Nonostante gli esiti
positivi e incoraggianti di questo e di altre ricerche, lo studio del
potenziale terapeutico della neuromodulazione cerebellare nell’autismo
rimane un campo di ricerca aperto, su cui potrebbe essere opportuno
indirizzare in futuro ricerche ulteriori e più dettagliate.





https://www.nature.com/articles/s41593-017-0004-1



Altered cerebellar connectivity in autism and cerebellar-mediated rescue
of autism-related behaviors in mice






Altered cerebellar connectivity in autism and cerebellar-mediated rescue
of autism-related behaviors in mice
<p>Cerebellar right Crus I (RCrusI) has been implicated in autism spectrum
disorder (ASD). RCrusI modulati…





Sono molteplici le evidenze scientifiche (studi condotti su modelli
animali e sull’umano) che sottolineano come diverse regioni del
cervelletto, in grado di elaborare informazioni di natura sociale, siano
particolarmente coinvolte nei disturbi dello spettro autistico. Uno di
questi studi (dal titolo: Altered cerebellar connectivity in autism and
cerebellar-mediated rescue of autism-related behaviors in mice) è stato
portato avanti da un team di ricercatori di massima esperienza nel campo
delle neuroscienze all’Università del Texas Southwestern Medical Centre, e
recentemente pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience
(https://www.nature.com/articles/s41593-017-0004-1).
Da anni il gruppo americano guidato dal professor Peter Tsai studia il
ruolo del cervelletto nelle funzioni cerebrali e le sue anomalie associate
a disturbi del neurosviluppo, tra cui l’autismo. Il cervelletto governa la
coordinazione motoria e gioca un ruolo chiave anche nel linguaggio, nella
regolazione emotiva e nei processi cognitivi. Moltissimi sono ormai gli
studi che riportano differenze strutturali e funzionali in specifiche
subregioni cerebellari in associazione alla condizione autistica. Ad
esempio, persone con autismo presentano un numero ridotto di neuroni del
Purkinje, cellule specifiche del cervelletto in grado di modulare
l’attività cerebrale. 
In questo lavoro in particolare, combinando tecniche di neuroimaging e
neuromodulazione, gli autori si sono focalizzati sullo studio dettagliato
di una regione del cervelletto chiamata Crus I e hanno riportato
alterazioni nella parte destra della stessa (Right CrusI) in persone con
autismo. Sebbene RCrusI sia funzionalmente connessa a circuiti cerebrali
associati ai disturbi dello spettro autistico, non si sa ancora il
contributo di RCrusI nell’insorgenza di questi disturbi. Le principali
evidenze suggeriscono comunque che RCrusI sia coinvolta in processi
sociali e cognitivi. Persone con autismo, inoltre, possono presentare
alterazioni strutturali a livello del cervelletto, ad esempio una
riduzione della densità del tessuto cerebrale nella regione RCrusI
rispetto a soggetti sani. 
La ricerca coordinata dal professore Tsai ha studiato in primo luogo le
regioni del cervelletto in 34 adulti normotipici. Usando la risonanza
magnetica funzionale (fMRI), hanno osservato le aree cerebrali che si
attivano in tandem con la regione RCrusI. I ricercatori hanno scoperto che
RCrusI è funzionalmente connessa ad alcune aree associate all’autismo, ad
esempio con il network frontoparietale coinvolto in processi high-levels,
come l’attenzione. Il team americano ha poi dimostrato sullo stesso
campione di soggetti sani che, sollecitando RCrusI con la stimolazione
transcranica diretta (che prevede l’applicazione non invasiva di una
corrente elettrica al cervello per almeno 20 minuti), è possibile modulare
l’attività dei circuiti cerebro-cerebellari. Successivamente, la tecnica
fMRI è stata utilizzata per esaminare l’attività cerebrale in 81 bambini
con autismo, di età compresa tra 8 e 13 anni. I risultati di questo
esperimento ci dicono che c’è una maggiore comunicazione tra RCrusI e la
regione sinistra del lobulo inferiore parietale (IPL), evidenziando
un’atipia nella connettività funzionale di questo circuito in bambini con
autismo comparati ai normotipici. Studi precedenti hanno già descritto la
regione sinistra dell’IPL come “nodo” fondamentale per integrare
informazioni visuospaziali, motorie e cognitive. Queste funzioni dell’IPL
sono consistenti con le evidenze che ci dimostrano che bambini con autismo
hanno difficoltà nell’integrazione di informazioni di diversa natura,
integrazione che sappiamo essere fondamentale per l’imitazione dei gesti
altrui e per stabilire una normale interazione sociale. Dunque,
un’alterazione funzionale del circuito RCrusI–IPL potrebbe risultare
critica per lo sviluppo dei sintomi core dell’autismo.
Parallelamente allo studio sull’uomo, il team americano ha lavorato su un
secondo binario: lo sviluppo e la caratterizzazione neurocomportamentale
di modelli animali di disturbi dello spettro autistico. I ricercatori
hanno esaminato le connessioni strutturali e funzionali del cervello di
topi che non esprimono il gene TSC1 nelle cellule del Purkinje. Il gene
TSC1 risulta essere mutato in persone con tuberosclerosi, una malattia
ereditaria rara spesso associata all’autismo. Come nell’uomo, topi con
mutazioni TSC1 presentano connessioni atipiche tra RCrusI e altre diverse
regioni, incluse quelle del network frontoparietale. Con l’utilizzo della
chemogenetica, è stata poi selettivamente inibita l’attività dei neuroni
del Purkinje nella regione RCrusI del modello murino. L’inibizione di
RCrusI è stata sufficiente a generare un fenotipo simil-autistico nel
topo. I topi mutati, infatti, non mostrano interesse nell’interagire con
un altro topo, effettuano il grooming (comportamento di auto-pulizia del
pelo) in maniera eccessiva ed hanno grosse difficoltà nell’individuare
strategie di comportamento alternativo, presentando quindi un profilo meno
sociale, patterns di comportamenti ripetitivi e stereotipati e problemi di
flessibilità cognitiva. Sorprendentemente, la stimolazione dei neuroni del
Purkinje nella regione RCrusI ha permesso il recupero totale dei deficits
sociali del topo, sebbene non ci sia nessun effetto sul comportamento
ripetitivo di grooming o sulla flessibilità cognitiva. Questa discrepanza
nel recupero dei deficits comportamentali potrebbe riflettere il possibile
coinvolgimento di altre aree cerebellari nella regolazione dei
comportamenti ripetitivi e stereotipati. Questi dati sul modello animale
sono fortemente in linea con quelli sull’umano precedentemente descritti,
sottolineando l’importanza della regione destra di CrusI (e non della
regione sinistra di CrusI) nell’insorgenza dei disturbi dello spettro
autistico. La stimolazione dei circuiti cerebro-cerebellari, in
particolare di RCrusI, potrebbe migliorare le capacità socio-comunicative
di persone con autismo, offrendo un potenziale target terapeutico.
Nonostante gli esiti positivi e incoraggianti di questo e di altre
ricerche, lo studio del potenziale terapeutico della neuromodulazione
cerebellare nell’autismo rimane un campo di ricerca aperto, su cui
potrebbe essere opportuno indirizzare in futuro ricerche ulteriori e più
dettagliate.




Maggiori informazioni sulla lista autismo-biologia