[autismo-biologia] ancora sullo studio danese pubblicato su JAMA Pediatr. il 3 novembre scorso

daniela marianicerati marianicerati a yahoo.it
Sab 29 Nov 2014 23:17:57 CET


L’articolo fa delleelaborazioni statistiche raffinatissime, ma non dice una cosa elementare: com’èla prevalenza di autismo nella prima coorte presa in esame, quella dei nati nel1980. Dice soltanto come è la prevalenza dell’ultima coorte, quella dei natinel 1991, all’età di 8 anni: 24 su 10000.

Questo valore è dello stesso ordine digrandezza della prevalenza rilevata  inItalia (2,9 su 10000 per la fascia d’età da 0 a 18 anni; 4,2 su 10000 per lafascia d’età 6 – 10 anni in Piemonte nell’anno 2010) http://www.ausl.ra.it/files/8%20-%20Intervento%20congresso%204%20ottobre%20-%20Chiarotti%20e%20Pesciolini.pdf

Siamo ben lontani dai valori di prevalenza riportatidal CDC nel 2014: 1 su 68 bambini di8 anni, ovvero 14.7 per 1,000, chesale a 1 su 42 nei maschi.

http://www.cdc.gov/media/releases/2014/p0327-autism-spectrum-disorder.html

Di fronte a numeri cosìelevati ci si domanda se davvero la prevalenza sia diversa in America e inEuropa o se con la parola “autismo” o “spettroautistico ci riferiamo a realtàcompletamente diverse, nonostante la presenza di classificatori internazionali.

I registri danesi sono unaimportante fonte di dati staticamente significativi. In ogni caso il problemadella prevalenza di ASD e del suo aumento, se dovuto solo ad aumento didiagnosi o anche ad un  aumento realedella patologia, è un problema aperto. Hanno tenuto una relazione moltoapprofondita su questo tema Flavia Chiarotti e Aldina Venerosi nell’ottobre2012 a Ravenna. In rete si possono leggere le diapositive http://www.ausl.ra.it/files/8%20-%20Intervento%20congresso%204%20ottobre%20-%20Chiarotti%20e%20Pesciolini.pdf

o ascoltare stralci dellarelazione

https://www.youtube.com/watch?v=W7OfttzO2QA&list=UU4F3OB9gP1QuSpGXfuyCY8Q


 
 

     Il Giovedì 27 Novembre 2014 23:00, daniela marianicerati <marianicerati a yahoo.it> ha scritto:
   

 Il 16 novembre scorso Riccardo Alessandrelli ha commentato l’articolo “Explaining the Increase in thePrevalence of Autism Spectrum Disorders The Proportion Attributable to Changesin Reporting Practices, Hansen SN et al, JAMA Pediatr. doi:10.1001/jamapediatrics.2014.1893Published onlineNovember 3, 2014. soffermandosi sul risultato conclusivodello studio, cioè sul fatto che più del 50 per cento dell’aumento dellaprevalenza di casi di disturbi dello spettro autistico verificatosi inDanimarca nel corso degli ultimi anni è spiegabile con i cambiamenti nellaclassificazione e nella raccolta dei dati. Prima di fare ulteriori commentivorrei analizzare il contenuto dell’articolo che, per essere ben compreso, richiedecompetenze approfondite di statistica. Ho pertanto chiesto a Emanuela Pipitone,esperta di statistica medica, di farcene un resoconto. Eccolo  Explaining the Increase in the Prevalence ofAutism Spectrum DisordersThe Proportion Attributable to Changes inReporting Practices  Metodi  Studio di coorte: tutti i bambininati vivi  dal 1980 al 1991 (N= 677.915),seguiti nel tempo (fino al 2011, cioè la fine del follow-up dell'ultima coortedi nati pari a 22 anni), identificando quelli a cui era diagnosticato l'ASD. ICD8 per la diagnosi di ASD finoal 1993 compreso. Dal 1994 ICD10. Un altro cambiamento è stato includerei casi diagnosticati in strutture esterne agli ospedali (outpatients), apartire dal 1995. Questo studio vuole verificare l'influenza che questi duecambiamenti nella registrazione dei casi di autismo hanno avuto nel determinarei tassi di prevalenza del 2012 (derivati dalle coorti dei nati dal 1980-81 al1990-91, suddivise anche per sesso), per fare ciò si considerano i casi di ASDregistrati in 3 periodi:·      1980-93 prima che avvenissero i cambiamenti nelsistema di registrazione dei casi·      1994-95 quando si è passati all’ICD10·      1996-2011 quando si sono considerati anche gli outpatientsI rispettivi numeri assoluti sonoriportati nella Tabella1.   Analisi Statistica  In che modo i cambiamenti neimetodi di registrazione/classificazione dei casi di ADS abbiano  influenzato la prevalenza può essere stimatomediante l'utilizzo di curve di prevalenza età-specifiche, visto che lediagnosi  sono state  raccolte in modo continuativo nel tempo. Il metodo statistico utilizzatoper quantificare questi cambiamenti è la regressione di Cox, detta anche a“rischi proporzionali” (per cui si ipotizza che nell'unità di tempo rimangainalterato il rischio, cioè il “rischio di diagnosi” di ASD, della corte diriferimento rispetto alle altre; graficamente questo si traduce in curveparallele). I soggetti morti, emigrati e non diagnosticati a fine del follow-upsono stati considerati “censurati”. La regressione di Cox si utilizza percalcolare rischi “tempo dipendenti” (cioè  hazard ratio-HR invece di OR). È statoutilizzato un modello mulltivariato (stratificato per coorte di nascita), in cuisono stati considerati entrambi gli effetti (registrazione e classificazione).Per costruire le curve diprevalenza si è utilizzato, invece, il metodo di Kaplan-Meier (NOTA: lo stessoutilizzato per le curve di sopravvivenza, per stimare la probabilità dimorte/sopravvivenza di una certa coorte per le diverse coorti (in questo casodi 1 anno solo) di nati, considerando come riferimento temporale sia gli annidi calendario (dal 1980 al 2012) che gli anni di età (da 0 a 22).(Figura 2).In totale si sono considerate 5curve di prevalenza: ·      una curva ottenuta considerando un'ipoteticacoorte di riferimento che stima l'andamento della prevalenza a 22 anni, seavesse valso solo il cosiddetto “effetto calendario”, cioè nessun cambiamento(verificatosi a partire dal decimo anno) nella classificazione/registrazione dicasi, a parte l'effetto dato dalla diversa coorte di nascita;·      una curva “base” senza nessun effetto dovuto aicambiamenti della classificazione e della registrazione e neanche all'”effettocalendario”;·      le due curve derivate dalle coorti reali in cuisi è registrato il cambio (a partire dal decimo anno di osservazione) dellaclassificazione e della registrazione degli outpatients·      quelle ottenute considerando assieme due (icambiamenti della classificazione e della registrazione) o tre effetti (icambiamenti della classificazione e della registrazione e l'effettocalendario).Sulla base delle stime diprevalenza attesa a 22 anni di età (la fine del follow-up dell'ultima coorte dinati), così ottenute, è stata calcolata (tramite differenze percentuali,considerando sempre nel computo la prevalenza “base”) la percentuale diaumento di prevalenza che può essere spiegata dai cambiamenti nellaregistrazione/classificazione. Per stimare gli intervalli diconfidenza al 95% (95%CI) di queste percentuali si è utilizzato un metodo di ricampionamento (con 1000 campioni)denominato “bootstrap”. È stata fatta anche un'analisi disensibilità, provando il modello in sotto-coorti.  Risultati  Dei 667.915 bambini nati tra il1980 ed il 1991 in Danimarca, 3956 hanno ricevuto una diagnosi di autismo primadella fine del follow up .L'effetto del cambiamento dellaclassificazione diagnostica è risultato avere un HR di 1,42 (95% CI, 0,99-2,04;P = 0,06: non significativo). L'effetto della registrazione degli outpatients,invece, ha un HR di 1,62 (95% CI, 1,24-2,12; P <0,001).Per i soli maschi, i due effettihanno, rispettivamente, un HR di 1,84 (95% CI, 1,20-2,80) e 1,73 (95% CI,1,28-2,35), entrambi statisticamente significativi (P <0.001). Per le sole femmine, i 2 effettihanno, rispettivamente, un HR di 0,58 (95% CI, 0,27-1,23) e 1,33 (95% CI,0,74-2,37) e nessuno dei due risultava statisticamente significativo (P = 0,15e P = 0,34, rispettivamente). L'effetto del cambiamentodiagnostico risulta differire significativamente per sesso (P = 0,01), mentrel'effetto della registrazione degli outpatients no (P =0,42). (Tabella2)NOTA: cioè, per ogni anno, ilpassaggio agli ICD10 ha comportato un incremento del tasso di prevalenza pari a1,42 volte rispetto a quello che sarebbe avvenuto se non ci fosse stato questocambiamento, un effetto, però, non statisticamente significativo. Laregistrazione degli outpatients  ha  comportato un incremento del tasso diprevalenza pari a 1,62 volte rispetto a quello che sarebbe avvenuto se non cifosse stato questo cambiamento e la differenza risulta statisticamentesignificativa. Questi HR, nei maschi, risultano entrambi significativi, nellefemmine nessuno dei due, probabilmente questo avviene a causa del numero moltominore di casi di ASD nelle femmine; comunque dal confronto degli HR per sesso,risulta una differenza significativa  peril cambiamento della classificazione (da ICD8 a ICD10), non per “l'effettooutpatients”.  Le stime di prevalenza a 22 annidi età nei 5 diversi scenari sono elencate di seguito.  1.    scenario base: 9,4 (95% CI, 3,5-24,7), 2.    scenario con il solo “effetto calendario”: 41,7(95% CI, 16,3-106,3), 3.    scenario con l'“effetto calendario” ed il cambiodi classificazione delle diagnosi: 57,9 (95% CI, 25,1-132,9), 4.    scenario con l'“effetto calendario” e laregistrazione degli outpatients: 64,7 (95% CI, 27,7-150,4),  5.    scenario con l'“effetto calendario”, il cambiodi classificazione delle diagnosi e la registrazione degli outpatients:90,5 (95% CI, 44,5-182,9) per 10 000, per tutti gliscenari.   L'aumento della prevalenza acausa dell'”effetto calendario” ed il cambio di classificazione delle diagnosiè dato dalla differenza della prevalenza degli scenari 3 e 1, cioè, 57,9 e 9,4per 10.000. L'aumento della prevalenza dovuto solo al cambiamento diclassificazione delle diagnosi è dato dalla differenza della prevalenza degliscenari 3 e 2, cioè 57,9 e 41,7 per 10 000. Cioè risulta che il 33% (95% CI,0% -70%) del totale aumento della prevalenza osservata ([57,9-41,7] /[57,9-9,4]) può essere spiegato con il cambiamento nei soli criteridiagnostici.Calcoli simili dimostrano che il42% (95% CI, 14% -69%) dell'incremento totale della prevalenza osservata([64,7-41,7] / [64,7-9,4]) può essere spiegato solo dalla registrazione degli outpatients  e che il 60% (95 % CI, 33% -87%) dell'aumento della prevalenza osservata([90,5-41,7] / [90,5-9,4]) può essere spiegato dalla variazione dei criteridiagnostici assieme all'aumento della prevalenza osservata. (Figura 3)  Discussione  Si è osservata (nel 2011) una prevalenzadell'ASD pari a 24 per 10.000 bambini di 8 anni nati nel 1991, una stimaparagonabile alla prevalenza di 34 per 10.000 bambini dai 3 ai 10 anni nati trail 1987 ed il 1993  negli Stati Uniti, maal di sotto della stima del 67 per 10.000 bambini di 8 anni nati nel 1992,derivata dall'Autism and Developmental Disabilities Monitoring Network.
Tra i limiti dello studio è che le conclusioni possono valere solo per i casidi ASD della Danimarca. Inoltre, la stima degli effetti dovuti alla diversaclassificazione e registrazione, anche se stimati congiuntamente, possono nonessere affidabili come considerare l'effetto combinato, perché parte deglieffetti di uno può essere contenuta nell'altro.   Conclusioni  Questo studio sostiene la tesisecondo cui l'apparente aumento della prevalenza dell'ASD è in larga parteattribuibile ai cambiamenti avvenuti nel corso del tempo nella registrazione deicasi. Tuttavia, una parte considerevole dell'aumento della prevalenza dell'ASDnon si spiega con questi cambiamenti. Pertanto, è importante ricercare ifattori eziologici che possano spiegare la residua parte  dell'aumento riscontrato. 

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