[autismo-biologia] dalle malattie monogeniche alla comprensione della neurobiologia alla proposta di cure innovative

daniela marianicerati marianicerati a yahoo.it
Gio 24 Ott 2013 14:01:58 CEST


In un recente messaggio ho parlato della sindrome di Chistianson, causata da un unico gene di cui è stata recentemente studiata la funzione aprendo la strada a ipotesi di terapie che potrebbero essere impiegate anche in casi di autismo criptogenetico. L'articolo che ho segnalato è di grande interesse ma di non facile comprensione per chi non ha dimestichezza con la biochimica e con l'embriologia. Ho chiesto a Giorgio Lenaz, professore emerito di biochimica all'Università di Bologna, di farne per noi un resoconto divulgativo. Il Professore ha accettato il non facile compito che ha eseguito da vero Maestro. Ringraziandolo a nome di tutti gli iscritti, di seguito copio il lavoro che ci ha inviato

Sindrome di Christianson
Ouyang Q et al , Neuron 80, 1-16, 2013-10-22
 
Sindrome di Christianson è il termine usato per descrivere
una serie di condizioni cliniche associate a mutazioni del gene per la proteina
denominata NHE6. 
La sindrome è caratterizzata da microcefalia post-natale,
disabilità intellettuale, epilessia, nonché sintomi autistici. Il gene mutato è
situato sul cromosoma X
La proteina alterata è uno scambiatore di ioni Na+/H+  situato nella membrana degli endosomi.
Il ruolo di questo scambiatore è quello di contrastare la pompa protonica
vacuolare che trasporta H+ all’interno dell’endosoma acidificandolo.
Infatti lo scambiatore trasporta un Na+ all’interno in scambio con
un H+, mantenendo la neutralità elettrica ma rendendo il pH meno
acido all’interno dell’organello. Il bilancio delle attività della pompa
protonica e dello scambiatore controlla accuratamente il pH all’interno dell’endosoma.
Questo controllo appare essenziale per lo sviluppo e l’arborizzazione dei
neuroni: è stato dimostrato che in neuroni del simpatico durante il
differenziamento gli endosomi hanno un pH superiore (6.6 fino a 8.2) in
prossimità del cono di crescita e inferiore (4.0 fino a 6.0) in corrispondenza
del soma cellulare.
E’ stato anche dimostrato che i segnali neurotrofici per lo
sviluppo dei neuroni dipendono dal pH degli endosomi.
 
In questo lavoro gli autori hanno inizialmente dimostrato
mediante analisi immuno-istologica che durante lo sviluppo embrionale del
cervello murino, gli assoni e dendriti in crescita contengono la proteina NHE6
negli endosomi. Successivamente gli autori hanno creato dei topi aventi una
delezione del gene NHE6, ed hanno osservato che nel cervello di questi topi si
ha una significativa riduzione della crescita assonale e delle ramificazioni dendritiche,
dimostrando un’alterazione importante della morfogenesi neuronale. Facendo
esprimere nei mutanti privi di HNE6 la proteina completa è stato possibile
recuperare totalmente la capacità di morfogenesi neuronale, mentre l’espressione
della stessa  proteina privata della
capacità di trasporto era inefficace.
Il passo successivo è stato di misurare i potenziali
sinaptici  nei topi mutanti privi di
NHE6: in effetti si ha una riduzione significativa del 23.2% del potenziale
sinaptico in fettine di ippocampo tra i 14 e 21 giorni di sviluppo embrionale,
compatibili con l’osservazione  del
minore sviluppo dei neuroni e della diminuzione di sinapsi funzionali. E’ stato
inoltre dimostrato che non vi è alterazione della funzione di ogni singola
sinapsi, ma è il numero di sinapsi a essere diminuito.
In un successivo esperimento gli autori hanno dimostrato con
una sonda fluorescente sensibile al pH che gli endosomi negli assoni dei topi
mutanti non  hanno il normale gradiente
di pH con progressiva alcalinizzazione verso la porzione distale, ma hanno zone
di pH molto acido anche nelle zone periferiche.
I risultati suggeriscono che NHE6 è necessaria per la
regolazione del pH all’interno degli endosomi, che a sua volta condiziona la
crescita e ramificazione dei neuroni. Su questa base gli autori hanno
ipotizzato che l’abnorme acidificazione endosomiale dovuta alla mancanza della
proteina NHE6 nella sindrome di Christianson perturbi meccanismi di
segnalazione da parte degli endosomi stessi rilevanti alla arborizzazione dei
neuroni. 
Successivamente, sulla base del ben noto ruolo del fattore
di crescita BDNF (brain-derived neurotropic facor) e del suo recettore TrkB
nella arborizzazione dei neuroni, gli autori hanno indagato il loro ruolo nella
patofisiologia delle mutazioni di NHE6. E’ noto che quando BDNF si lega al
recettore TrkB sulla membrana, il recettore subisce un processo di endocitosi;
è stato proposto che durante questo processo gli endosomi esercitano un esteso
grado di segnalazione cellulare. 
Per prima cosa uno studio immunoistochimico ha rivelato che
NHE6 e TrkB sono co-localizzati  nelle
stesse aree dei neuroni. Inoltre, dopo aggiunta di BDNF ai mutanti privi di
NHE6 si è osservata una diminuzione dei livelli di TrkB rispetto ai controlli,
compatibile con una aumentata degradazione della proteina dovuta al pH più
acido degli endosomi.
Questi risultati sono interpretati in questo modo: la
deplezione di NHE6, acidificando gli endosomi, aumenta il turnover del
recettore TrkB interferendo così sulla via di segnalazione del fattore di
crescita BDNF che è necessaria per lo sviluppo delle sinapsi.  
E’ di interesse che l’aggiunta di alti livelli di BDNF alle cellule
nervose in coltura era in grado di riportare i valori di arborizzazione dei
neuroni ai livelli normali.
 
Questo studio è assai rilevante per quanto riguarda i
disordini autistici, in cui pure sembra esservi una diminuita espressione di
NHE6.
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