[autismo-biologia] DSM IV vs. DSM V

Cornacchia/Donato alpinok2 a teletu.it
Mer 16 Ott 2013 16:15:08 CEST


Concordo con Gabrielli sui punti evidenziati e credo che l'attenzione vada mantenuta alta soprattutto verso  alcuni trattamenti  entusiasticamente valutati come  positivi, quand' anche non si gridi al miracolo, poi, andando a meglio guardare, troppo spesso si tratta di casi selezionati. Ora il pericolo che ciò accada mi sembra maggiore. 
Noemi

  -- Original Message ----- 
  From: Tiziano Alice 
  To: daniela marianicerati ; Autismo Biologia 
  Sent: Wednesday, October 16, 2013 10:42 AM
  Subject: Re: [autismo-biologia] DSM IV vs. DSM V


  segue a:

    L’autore dell’articolo, Jeffrey P. Baker, ritiene che l’aumento di prevalenza sia dovuto al fatto che la diagnosi di autismo dà accesso a servizi migliori rispetto ad altre diagnosi , ma sottolinea che, se questo è  utile da un punto di vista sociale, rende però molto più difficile la ricerca biologica.
    “A broad definition can be seen as qualifying more children for services but may complicate the hard research required to actually help these children” e conclude che, piuttosto che discutere sulla vera definizione di autismo, sarebbe più utile domandarsi quale definizione è più appropriata per il fine che ci proponiamo.
  Dall'eccessiva tolleranza inclusiva  inoltre scaturiranno maggiori conferme a carico di approcci "abilitativi" (altrimenti) di modesta efficacia oggettiva scardinando la critica e la ricerca intorno a questi. I dati e le statistiche così annacquate da una moltitudine di casi borderline misconosceranno limiti e contraddizioni delle proposte e degli interventi ufficiali e non.
  Non non solo, la detta apertura inclusiva, mette a repentaglio la qualità e l'organizzazione dei servizi, direzionandoli progressivamente  in maggiori risposte verso casi francamente "poco significativi" per l'effetto positivo e gratificante che l'intervento (in qualsiasi modo) espletato su questi andrà a produrre, stornando dai casi più gravi l'attenzione del mondo scientifico e le poche risorse; casi  che non incontrano interesse speciale, professionalità e servizi intensivi. Stiamo avviando nuove ghetizzazioni e da parte delle famiglie colpite severamente, precoce "abbandono del confronto sociale".
  Questi riscontri sono sempre più evidenti e dovrebbero avviare un intenso focus critico dei giudizi clinici emessi in fase di diagnosi-certificazione da parte di professionisti ed esperti, chiamati oggi più di ieri ad attenersi ad una più ristretta cornice inclusiva, superando il compromesso fra nosografia ufficiale, personale empatia per il bisogno sociale educativo a supporto delle difficoltà incontrate, concentrandosi invece sulle realtà indicibili di solitudine e negazione che quotidianamente si accumulano dietro le porte dei ns ambulatori specializzati.
  Tiziano Gabrielli


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