[autismo-biologia] autismo e polveri sottili

daniela marianicerati marianicerati a yahoo.it
Mar 4 Dic 2012 19:51:06 CET


L’autismo sta
emergendo ogni giorno di più come problema di sanità pubblica. 
Un tempo
considerata malattia rara, ora risulta essere molto frequente. Nessuno sa se vi
sia stato un aumento della reale incidenza o solo un aumento delle diagnosi. Sta
di fatto che è una condizione grave, frequente e che accompagna l’individuo
affetto dalla culla alla tomba. 
Da queste
premesse è nato il progetto CHARGE: Childhood Autism Risks from Genetics and
Environment
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1513329/
 
Per potere
studiare l’influsso dei fattori ambientali e genetici e della loro reciproca
interazione il gruppo di studio ha arruolato centinaia di bambini dai 24 ai 60
mesi di età: un gruppo con autismo, un gruppo a sviluppo regolare e un gruppo
con ritardo mentale semplice. 
 
I fattori di
rischio che vengono esplorati sono quelli già noti per essere dannosi alla
salute, di cui si conosce la correlazione con altre malattie, ma di cui non si è
mai esplorato il rischio riproduttivo o il rischio specifico nei primi anni di
vita. Che l’inquinamento da traffico e, in particolare, da polveri sottili sia
nocivo per la salute è a tutti noto, se non altro per i blocchi del traffico
che le città sono costrette a proclamare quando la concentrazione delle polveri
sottili supera i limiti ritenuti pericolosi dall’OMS.
 
Il gruppo
CHARGE ha testato il rapporto tra inquinamento da traffico, e in particolare tra
concentrazione di polveri sottili (particelle microscopiche, il cui diametro
aerodinamico è uguale o inferiore a 10 µm, ovvero 10
millesimi di millimetro), e autismo.
 
I dati di
partenza sembrano piuttosto grossolani: l’indirizzo della madre alla nascita e
l’elenco degli indirizzi della madre nei tre trimestri di gravidanza e del
bambino nel primo anno di vita.
Questi dati
sono stati registrati per 279 bambini con
autismo  e 245 controlli di pari età e
genere.
 
Gli autori hanno poi messo in relazione la composizione dell’aria nelle
sedi delle abitazioni, ricavata dalle tabelle ufficiali, dei due gruppi.
 
I risultati hanno mostrato che nei bambini con autismo era più frequente la
residenza in una zona col più alto quartile di esposizione all’inquinamento da
traffico sia durante la gravidanza che nel primo anno di vita rispetto ai
controlli (Rischio relativo 1,98 durante la gravidanza e 3,1 durante il primo
anno di vita)
Le misure di esposizione regionale al diossido di azoto e alle polveri
sottili, con particelle di diametro inferiore a 2,5 e a 10 micron, erano pure
associate all’autismo sia durante la gravidanza (Rischio relativo per il
diossido di azoto 1,81; Rischio relativo per esposizione a PM2.5:: 2.08 e 2,17 per PM10) che durante il primo anno di vita (Rispettivamente  2.06, 2.12 ; 2,14)
 
I dati sono stati pubblicati il 26 novembre scorso sulla rivista Arch Gen Psychiatry.,
doi:10.1001/jamapsychiatry.2013.266 con un articolo dal titolo 
“Traffic-Related Air
Pollution, Particulate Matter, and Autism”
Heather E. Volk, PhD,
MPH; Fred Lurmann; Bryan Penfold; Irva Hertz-Picciotto, PhD; Rob McConnell, MD
 
Lo studio CHARGE per l’autismo ricorda lo studio
Framingham per le malattie cardiache, nato nel 1948, quando l’infarto del
miocardio mieteva tante vittime nel pieno della maturità e non si conoscevano i
fattori di rischio. Anche allora il primo approccio è stato epidemiologico e ha
dato tantissimi frutti.
 
C’è però una grande differenza. La conoscenza
dei fattori di rischio per la cardiopatia ischemica (fumo, colesterolo,
sedentarietà ecc) serve per la prevenzione primaria, ma anche per quella
secondaria, ovvero per arrestare la progressione della malattia quando questa è
presente. 
 
Quello che emerge dalle ricerche sull’eziologia
dell’autismo è invece che c’è una finestra temporale di suscettibilità ai
fattori di rischio, la vita intrauterina e il primo anno di vita, durante la
quale il danno, una volta prodotto, è irreversibile. Da ciò si deduce che i dati
che emergono da un approccio, finalmente serio e moderno allo studio delle cause
dell’autismo, possono avere dei risvolti pratici sulla prevenzione di nuovi
casi, ma non sulla terapia delle persone che ne soffrono.
 
La ricerca di terapie biologiche che allevino i
gravi sintomi dell’autismo e di fattori di rischio devono probabilmente
percorrere strade diverse e non si dovrebbe sacrificarne una a vantaggio
dell’altra.  
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