[autismo-biologia] Recurrence Risk for Autism Spectrum Disorders

daniela marianicerati marianicerati a yahoo.it
Ven 19 Ago 2011 12:00:32 CEST


E’ uscito il 15 agosto scorso l’articolo
“Recurrence Risk for Autism Spectrum Disorders:
A Baby Siblings Research Consortium Study”

L’articolo si puo’ leggere integralmente al link 
http://pediatrics.aappublications.org/content/early/2011/08/11/peds.2010-2825.full.pdf+html

Lo studio fa parte di un’ampia ricerca prodotta dal Baby Siblings
Research Consortium, un gruppo internazionale multicentrico che si è formato per studiare la storia naturale dell’autismo fino dai suoi esordi nei primi mesi e/o anni di vita.
Per documentare in diretta la nascita dell’autismo il gruppo ha identificato come campione a rischio quello dei fratelli minori di bambini  ai quali è stata fatta diagnosi di disturbi dello spettro autistico.
In questo lavoro 664 fratelli minori sono stati seguiti dall’età di meno di 18 mesi fino a tre anni. La grande maggioranza è stata arruolata a 8 mesi.
A tre anni di età tutti sono stati valutati sia clinicamente che con il test ADOS da clinici esperti.
I risultati sono i seguenti:
“There were 132 infants (29 female)
who met criteria for ASD at outcome,
yielding an estimated recurrence rate
of 18.7% (95% CI: 13.34 –25.5). 
Of these
132 participants, 54 (40.9%) received a
clinical diagnosis of autistic disorder
and 78 (59.1%) received a clinical diagnosis
of pervasive developmental disorder
not otherwise specified”

Gli autori fanno notare che a tre anni non è possibile fare diagnosi di Asperger, per cui questa percentuale potrebbe salire ulteriormente in una osservazione più prolungata.

Si conferma il genere maschile come fattore di rischio.
“The gender of the infant significantly predicted outcome, with 26.2% of male infants receiving an ASD diagnosis versus 9.1% of female infants. The estimated relative risk for gender was 2.8, indicating an almost threefold increase in the risk of an ASD outcome in male relative to female siblings”

Il rischio di ricorrenza rilevato in questo studio  è superiore a quanto rilevato in precedenti indagini.

Bisogna notare però che in 37 famiglie (6%) c’è più di un fratello maggiore affetto da disturbo dello spettro autistico e questo ha un grande peso sul risultato globale in quanto chi ha più di un fratello maggiore affetto ha una probabilità del 32,2% di sviluppare la sindrome, mentre chi ne ha uno solo ha il 13,5 %.

La differenza tra famiglie “simplex” (un solo figlio affetto) e famiglie “multiplex” (due figli affetti) rimane statisticamente significativa anche quando si confrontano i sottogruppi di famiglie con almeno tre figli(380 di cui 343 simpliex e 37 multiplex). 

Mi preme sottolineare questi dati perché negli echi che ho visto sulla stampa, sinora solo straniera, i titoli, ma anche i testi degli articoli non riportano questo dato, ma solo il rischio di ricorrenza del 18.7% con  il 26.2% per i maschi e il 9,1 % delle femmine.

Mi pare non irrilevante il fatto che per chi ha un solo figlio affetto il rischio di ricorrenza sia del 13,5 %, (e non del 18.7%) che diventa poi minore per le femmine.

Lo studio ha dei punti di forza e dei punti di debolezza.
I punti di forza sono dati dalla numerosità del campione,  dalla natura prospettica dello studio e dal rigore con cui è stata fatta la diagnosi sia del primo figlio che dei fratellini oggetto dello studio.

Un elemento di debolezza metodologica è dato dal fatto che questi dati sono il sottoprodotto di una ricerca nata non come epidemiologica, ma con tutt’altri fini, come dicevo all’inizio.
Il gruppo di famiglie oggetto dello studio non è stato scelto secondo le regole del campionamento statistico, che deve essere fatto in modo tale da essere rappresentativo della generalità dei casi Ogni centro ha arruolato chi aveva in cura, ha utilizzato Internet, oltre al tradizionale passa parola, e ha reclutato altre famiglie tramite le associazioni di genitori e gli eventi ad essi dedicati.
Questo potrebbe avere operato una selezione tra i genitori che erano più preoccupati per lo sviluppo dell'ultimo nato e quindi avere favorito una sovrastima dei fratellini affetti.

Il clou dello studio sono i numeri che esprimono il rischio di ricorrenza nelle famiglie che hanno già un figlio affetto e nei sottogruppi di chi ha tre figli o più tra affetti e non affetti. Per il sottogruppo delle famiglie numerose (tre o più figli) gli autori hanno fatto un’ulteriore classificazione definendo “simplex” in senso stretto quelle che hanno, oltre al figlio affetto, altri figli non affetti, distinguendole da quelle che sono “simplex” per forza, non avendo avuto l’opportunità di diventare “multiplex” in quanto non hanno messo al mondo altri figli. 

Sia io che altri colleghi con cui mi sono confrontata abbiamo avuto qualche difficoltà di comprensione. Dal momento che è molto importante per le famiglie sapere quale è il rischio di ricorrenza, pur con i limiti dello studio in esame, prima di inviare il presente messaggio ho scritto a Sally Ozonoff, coautrice dell’articolo, che mi ha confermato che il numero che deve essere maggiormente evidenziato è 13,5% e non il 18,7% né  il 20% che emerge nel confronto tra i due sottogruppi di famiglie numerose

Tra le tante mail che ci siamo scambiate, Sally Ozonoff e io,  copio il seguente stralcio

"the take home message is that no matter how we defined simplex (more or less narrowly), the rate of recurrence was significantly lower than in the multiplex families....... The 13.5% rate in the paper was based on a much larger sample, so that number is the one I would have more confidence in. 
Sally 

Sally Ozonoff, Ph.D.
Endowed Professor and Vice Chair for Research
Department of Psychiatry and Behavioral Sciences
M.I.N.D. Institute
U.C. Davis Medical Center
2825 50th Street
Sacramento CA 95817
916/703-0259 phone
916/703-0244 fax
sally.ozonoff a ucdmc.ucdavis.edu
http://mindinstitute.org






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