R: [autismo-biologia] Fw: [2282] Autismo: 20% in piu' di connessioni cerebrali

daniela marianicerati marianicerati a yahoo.it
Mer 1 Set 2010 12:30:23 CEST


Da: Sonia Zen <sonia.zen a libero.it>
Oggetto: [autismo-biologia] Fw: [2282] Autismo: 20% in piu' di connessioni cerebrali
A: "lista autismo-biologia autismo-biologia" <autismo-biologia a autismo33.it>
Data: Lunedì 30 agosto 2010, 08:06


 


Gentilissimi, chiedo lumi alla stimata lista su questo articolo
Grazie
Sonia Zen Presidente Angsa Veneto
 
PagineMediche.it del 26-08-2010

Autismo: 20% in piu' di connessioni cerebrali

Dopo la lettura del full text dell’articolo Increased dendritic spine densities on cortical projection neurons in autism spectrum disorders,Jeffrey J. Hutslera,⁎, Hong Zhang,,B R A I N  
R E S E A RC H  1 3 0 9 ( 2 0 1 0 ) 8 3 – 9 4, vorrei fare alcune considerazioni
 
E’ stato fatto uno studio istologico su aree strategiche di cervelli di persone con autismo per determinare se la densità delle spine dendritiche sia alterata
In the present study, dendritic spine densities on cortical
pyramidal cells from ASD subjects and age-matched control
cases were examined on neurons located within both the
superficial and deep cortical layers of frontal (BA 9), temporal
(BA 21), and parietal lobe (BA 7) locations in an effort to
determine if spine densities on these neurons are altered in
individuals with ASD.
 
Il campione esaminato è costituito da dieci cervelli, appartenenti a persone di età dai 10 ai 44 anni. 
Tale campione è esiguo se paragonato alla numerosità dei campioni con cui solitamente si studia, ad esempio,  la demenza.
 Nel nun study  (JAMA. 1997 Mar 12;277(10):813-7. Brain infarction and the clinical expression of Alzheimer disease. The Nun Study. Snowdon DA, Greiner LH, Mortimer JA, Riley KP, Greiner PA, Markesbery WR.)  i cervelli esaminati sono stati 102,  con  in più una omogeneità simile a quella che si puo’ riscontrare in un esperimento di laboratorio (102 college-educated women aged 76 to 100 years)
Ma ben diversa è la situazione di persone dai 76 ai 100 anni che vivono in convento rispetto a giovani con autismo per i quali la morte puo’ essere solo un incidente di percorso e non una cosa attesa come per persone ultrasettantaseienni. 
Già è encomiabile che, a fronte delle innumerevoli difficoltà psicologiche e pratiche, si sia costituita una banca di tessuti cerebrali (the Brain and Tissue Bank for Developmental Disorders at the University of Miami) 
In ogni caso ogni considerazione tratta dai dati dello studio deve tenere presente il limite costituito dall’esiguità del campione.
Il primo dato è che 7 casi su 10 presentano una densità di spine dendritiche maggiore rispetto ai controlli. In un caso però la differenza è  trascurabile, quindi l’aumentata densità di spine dendritiche dei probandi rispetto ai controlli è  significativa solo in 6 casi su 10.
 
Spine density differences between ASD
subjects and their age- and sex-matched controls were driven largely by a subgroup of cases
Only seven of the ten ASD cases showed increased averaged spine densities relative
to age-matched control cases, and in one instance the magnitude of this difference was negligible
 
Il fatto però che nessuno dei cervelli delle persone con autismo mostri una diminuzione di spine dendritiche è importante, in quanto questo si verifica in molte condizioni di disturbi dello sviluppo mentale “individual ASD cases never showed fewer spines than control
cases, as is commonly found in other developmental disorders associated with mental retardation”
 
L’aumento di connessioni sinaptiche si ritrova soltanto in altre due disturbi dello sviluppo: l’X fragile e la emi-megalencefalia 
Only a few conditions associated with mental retardation have shown an increase in spine densities, including fragile X syndrome (Irwin et al., 2001) and hemi-megalencephaly (Takashima et al., 1991). 
In molti disordini dello sviluppo si riscontra il contrario, ovvero una diminuzione delle spine sinaptiche.
Using the same methodology employed here, many developmental
disorders, such as fetal alcohol syndrome (Ferrer and
Galofre, 1987), severe infant protein-calorie malnutrition
(Benitez-Bribiesca et al., 1999), infant brain damage (Dietzmann
and von Bossanyi, 1994), and Down syndrome (Suetsugu
and Mehraein, 1980), show reductions in the number of
synaptic spines
 La somiglianza con l’X fragile, condizione determinata dalla mutazione di un gene ben identificato e quindi molto meglio studiabile nei suoi meccanismi patogenetici rispetto ad una patologia eterogenea a origine ignota, supporta l’ipotesi che una eventuale terapia biologica efficace nell’X fragile, che abbia come target l’eccesso di sinapsi non eliminate, possa essere  utile anche nello spettro autistico. 
Fin qui l’analisi del lavoro scientifico.
 
Ora veniamo all’articolo divulgativo che ci ha segnalato Sonia Zen. file:///C:/Documents%20and%20Settings/Daniela/Impostazioni%20locali/Temporary%20Internet%20Files/Content.IE5/0Q63IT1Q/Autismo%252020%2525%2520in%2520piu%27%2520di%2520connessioni%2520cerebrali%5B1%5D.htm
 
L’articolo,  dopo avere riassunto abbastanza correttamente il contenuto del lavoro scientifico, conclude:
” Una conferma a questa possibilita' e' venuta dai primi risultati dell'Early Childhood Autism Program, un progetto che consiste in una serie di esercizi da far compiere ai bambini per almeno 30 ore settimanali, che ha migliorato le loro condizioni portando a una scomparsa della malattia nel 50 per cento dei casi” 
La scomparsa della malattia nel 50 per cento dei casi è un’illazione del giornalista, non contenuta nel lavoro. 
Il lavoro, nella discussione finale, dice che la densità delle spine sinaptiche  raggiunge un massimo tra i 12  e i 36 mesi per poi decrescere a causa del “culling” (raccogliere, scegliere, quasi selezionare ciò che è ancora utile eliminando ciò che ha compiuto la sua funzione e ora è diventato inutile e dannoso). 
In typically developing humans, spine densities reach a
maximum between 12 and 36 months postnatal depending
upon the cortical location (Huttenlocher and Dabholkar, 1997;
Michel and Garey, 1984).
This maximum is followed by a
gradual decline in spine numbers, which is believed to be
associated with the “culling” of unused connections and the
establishment of mature cortical networks
Since spine culling
occurs postnatally, this process is thought to be experience
dependent and guided by environmental interactions (Dawson
et al., 2000; Huttenlocher and Dabholkar, 1997; Jacobs et
al., 2001; McAllister, 2007)
Dunque: il processo di “culling” ovvero il raggiungimento di un nerwork sinaptico maturo mediante selezione di sinapsi ed eliminazione di altre, si pensa (ovvero non è sicuro, ma si ipotizza ) che sia dipendente dall’esperienza  e guidato da interazioni ambientali 
It has been proposed elsewhere that
individuals with ASD may have impaired synapse elimination
attributable to their inability to fully utilize this environmental
input (Courchesne, 2004; Frith, 2004; Mundy and Neal, 2001).
If higher spine densities
are due to a deficit in spine reduction, then the period between
four and ten, when spines are eliminated from the temporal
lobes in typically developing humans, may be of particular
importance in ASD subjects.
Such a model suggests that
behavioral impairments could interfere with the environmentally
dependent process of spine elimination during specific
periods of cortical development in ASD subjects (Glasson et al.,
2004; Ijichi and Ijichi, 2004).
As has been previously
suggested, alterations in spine densities could be the result of
improper synaptic culling during the postnatal period that
results from an impairment in the experience-dependent
strengthening and weakening of neuronal interconnections.
In sintesi: se tutto si svolgesse nella vita intrauterina, non ci sarebbero le premesse perchè un intervento basato su interazioni con l’ambiente, ovvero un intervento educativo, potesse influenzare questa evoluzione nella formazione delle sinapsi avvicinandola alla normalità. Dal momento che il processo di sfoltimento delle sinapsi avviene dopo la nascita e pare influenzato dall’esperienza, questa è una premessa che dà una base alla possibilità che gli interventi educativi (is thought to be experience dependent) possano alterarlo, avvicinandolo alla normalità. Il lavoro dice onestamente e prudentemente solo questo e da qui al 50 per cento di guarigioni ne passa!
 
Quella del 50 per cento di guarigioni è una vecchia storia nata dal lavoro di Lovaas dell’87 (Lovaas, O. I. (1987). Behavioral treatment and normal education and intellectual functioning in young children. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 55, 3-9) di cui si fa un commento critico magistrale su  http://www.angsalombardia.it/parola_esperti.htm 
Molto più  corretto dal punto di vista metodologico e più credibile per i risultati è il recente lavoro della Rogers, che riferisce miglioramenti consistenti, ma non parla di guarigione  (Published online November 30, 2009, PEDIATRICS (doi:10.1542/peds.2009-0958) 




 




 
Randomized, Controlled Trial of an Intervention for Toddlers With Autism: The Early Start Denver Model
Geraldine Dawson, PhDa,b,c, Sally Rogers, PhDd, Jeffrey Munson, PhDe,f, Milani Smith, PhDe, Jamie Winter, PhDe, Jessica Greenson, PhDe, Amy Donaldson, PhDg, Jennifer Varley, MSe
http://pediatrics.aappublications.org/cgi/content/abstract/peds.2009-0958v1 
 
Le linee guida scozzesi “The SIGN Guideline on autism spectrum disorders in children and young people”
 http://www.sign.ac.uk/pdf/sign98.pdf 
affermano, come grade of recommendation A, ovvero come affermazione che ha il massimo di “evidence”,  la seguente “The Lovaas program should not be presented as an intervention that will lead to normal functioning”
 
Credo che sarà molto interessante l’intervento di I. McClure “The SIGN Guideline on autism spectrum disorders in children and young people”  al convegno dell’ISS dell’11 ottobre prossimo per chiarire quanto la presente evidenza ci dice sulla reale efficacia del trattamento educativo che, naturalmente, e in ogni caso, dovrebbe essere il più precoce possibile e condotto secondo quanto ci dice la “Evidence based practice”
 
 
 
 


      
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