[autismo-biologia] CAA e CF

Antonella Costantino a.costantino a policlinico.mi.it
Ven 8 Ott 2010 06:14:23 CEST


scusate se mi permetto di entrare nel merito, sentendomi chiamata in causa come persona che da molti anni lavora nel campo della comunicazione aumentativa, e che nel tempo ha cominciato a farlo anche nel campo dell'autismo.

mi sembra importante premettere che la maggior parte degli utenti con cui oggi ci si confronta, in comunicazione aumentativa, non sono più gli utenti con deficit periferici e relativamente lineari di una volta (intelligenti, senza difficoltà a capire il linguaggio, con pochi problemi neuropsicologici e molti problemi motori) ma sono utenti complessi, multiproblematici, che hanno difficoltà rispetto alle quali è difficile avere certezze, che fluttuano continuamente per l'incrociarsi continuo delle diverse problematiche.

per quanto riguarda le persone con autismo, mi pare che i punti chiave da tenere in mente siano almeno tre.

il primo è che in nessun ambito come l'autismo è evidente che la CAA non è una tecnica riabilitativa, ma una modalità di intervento, una lingua, qualcosa che deve essere trasversale a tutti gli ambienti e gli interlocutori e che non può che procedere con grande rispetto, pezzettino a pezzettino, con fatica e soprattutto continua ricalibrazione e "manutenzione" nel tempo, per poter permettere ai ragazzi di provare ad esprimere man mano la propria soggettività. 

il secondo, come ben dice Francesco Barale, è certamente il problema dell'intenzionalità comunicativa. 
che è uno snodo chiave nell'autismo, e che richiede un'adattamento del modo di lavorare in caa perchè l'intervento possa essere il più precoce possibile, generalizzato e soprattutto legato agli effettivi interessi e ambiti motivazionali del bambino (permettendo così di attivare progressivamente e con molta minore fatica un'intenzionalità comunicativa fragile e discontinua)

il terzo è  il ruolo fondamentale del disturbo di comprensione linguistica in genere presente, in particolare per quanto riguarda gli elementi morfosintattici delle frasi e la pragmatica. che implica anche esso una profonda modificazione dell'intervento che si usava una volta per le paralisi cerebrali e disturbi analoghi, e che richiede un'estrema attenzione alle modalità di sostenere la comunicazione in entrata, assai al di là dell'uso di pochi simboli in entrata, con la necessità di garantire un supporto ampio e diffuso, trasversale a tutti i contesti, che permetta ai ragazzi di capire progressivamente anche le sfumature del mondo intorno e non solo gli elementi chiave. aspetto su cui forse non ci sono ancora moltissimi lavori pubblicati, ma qualcuno sì, e soprattutto molto studio e confronto in corso, tra i professionisti e con le famiglie.

il tema di quanto andiamo a sovrapporre i nostri contenuti a quelli dell'altro resta un tema chiave trasversale, tanto più presente quanto più l'altro si trova in una situazione di povertà di strumenti e competenze per comunicare, e noi ci troviamo ad avere poco modo di poter ascoltare. 

mi sembra però importante ribadire che comunicazione aumentativa e comunicazione facilitata sono due cose molto diverse, e che il rischio di influenzare i contenuti della comunicazione è massimo per la facilitata, proprio per le modalità insite nell'intervento, mentre è molto minore in comunicazione aumentativa. 
ciò non toglie che debba essere tenuto in mente e affrontato nel tempo.

cordiali saluti a tutti

Antonella Costantino

  ----- Original Message ----- 
  From: Prof.Francesco Barale 
  To: autismo-biologia a autismo33.it 
  Sent: Friday, October 08, 2010 12:52 AM
  Subject: Re: [autismo-biologia] CAA e CF


  Come al solito Stefano, con asciuttezza "british", è andato direttamente al cuore della questione, evitando di infilarsi nei fanatismi, nelle approssimazioni, negli atteggiamenti sbrigativi, nelle guerre di religione e nelle rozzezze metodologiche che su questi temi, negli anni trascorsi, hanno caratterizzato, da tutte le opposte parti, la discussione (e anche purtroppo la maggior parte dei lavori "scientifici", spesso, devo dire, piuttosto ridicoli). La questione che si pone per tutti (sottolineo "per tutti") i metodi di implementazione delle capacità comunicative nell'autismo è, come dice Stefano, proprio di confrontarsi seriamente con il deficit di intenzionalità comunicativa, di coerenza cognitiva e, aggiungerei, di organizzazione pragmatico-intenzionale, dell'autismo. Deficit importanti, reali, le cui radici neuropsicologiche cominciamo solo recentemente e solo parzialmente a capire e che nessuna "tecnica" pensata per defici "periferici" può aggirare magicamente. Questo è il problema. Sappiamo però anche che tali deficit non sono di regola né globali né statici, che sono esposti ad innumerevoli fluttuazioni contestuali, e che frammenti di intenzionalità magari non organizzata e non in grado di esprimersi in modi coerenti con i "normali" canali comunicativi pure permangono nell'autismo, talvolta anche in gravi condizioni autistiche. Come scriveva U. Frith qualche anno fa, "i defit nell'autismo non sono mai nè statici nè globali". Compresi quelli comunicativi. Sappiamo anche che la distinzione tra "deficit centrali" e "deficit periferici" nel caso dell'autismo è essa stessa altamente problematica (se non altro perchè tutti gli step che vanno dalla organizzazione ideo-motoria dell'intenzionalità, compresa quella comunicativa, alla sua espressione prassica sono in questo caso coinvolti tutti insieme). Sappiamo inoltre che, comunque, le procedure abilitative procedono di regola proprio dal "periferico" al "centrale" (anche se sono tanto più intelligenti quanto più considerano la globalità dei problemi). Sappiamo anche che proprio perchè l' intenzionalità e le capacità pragmatico-comunicative sono così fragili nell'autismo, tutti (sottolineo "tutti") i metodi di implementazione delle capacità comunicative sono esposti ai notissimi e documentati rischi di sovrapporre (più o meno inconsciamente) le intenzioni comunicativa del facilitatore o dell' implementatore a quelle, incerte, fragilissime, non organizzate, nella maggior parte dei casi non in grado di organizzarsi pragmaticamente in modo autonomo, del soggetto autistico. Non per questo la questione è meno rilevante: qualsiasi possibilità di implementare, incanalare e amplificare le capacità espressive dei soggetti, delle persone con autismo, va perseguita, con umiltà, scetticismo, spirito critico e prudenza, senza fanatismi e senza illusioni, con competenza tecnica e grande rispetto della alterità autistica, senza cercare scorciatoie, senza onnipotenti negazioni della realtà dei deficit e della complessità neuropsicologica dei problemi, sapendo bene quali sono i rischi ma anche sapendo bene, d'altro canto, quanto sia importante la posta in giuoco: anche il più piccolo frammento di verità (la possibilità di esprimere la propria soggettività) che si riesca ad ottenere, magari confuso, magari incerto, magari da districare dall'impasto più o meno inevitabile di artefatti, è assolutamente prezioso; è un compito da perseguire col massimo possibile del pessimismo dell'intelligenza, ma a cui non possiamo rinunciare. 
  Cordiali saluti a tutti 
  Francesco Barale
    ----- Original Message ----- 
    From: Stefano Palazzi 
    To: autismo-biologia a autismo33.it 
    Sent: Thursday, October 07, 2010 9:58 AM
    Subject: [autismo-biologia] CAA e CF


    Conosco e apprezzo la Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) in ambito fisiatrico e neuromotorio in particolare, dove si intende compensare un deficit "periferico" sensoriale o motorio. L'approccio ora è diffuso anche per l'autismo (vedi allegato).  
    Che possa occupare lo spazio riabilitativo della illusoria Comunicazione Facilitata (CF)? Il problema resterebbe quello del deficit di intenzionalità e coerenza cognitiva, che sono alla base della diversità autistica. Il partner comunicativo della persona con autismo potrebbe inferire significati che riflettono più l'orecchio e lo sguardo di chi ascolta affatto compiuti nel soggetto.   
    Che ne pensa il gruppo autismo-biologia?


    Stefano P.




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    PS: per chi legge in inglese segnalo il sito con ulteriori considerazioni sulla problematica centrale-periferico nell'autismo sotto forma di review della raccolta Autism and Blindness. Research and Reflections: http://bjp.rcpsych.org/cgi/content/full/187/3/296


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    Conosco e apprezzo la Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) in  
    ambito fisiatrico e neuromotorio in particolare, dove si intende  
    compensare un deficit "periferico" sensoriale o motorio. L'approccio  
    ora è diffuso anche per l'autismo (vedi allegato).
    Che possa occupare lo spazio riabilitativo della illusoria  
    Comunicazione Facilitata (CF)? Il problema resterebbe quello del  
    deficit di intenzionalità e coerenza cognitiva, che sono alla base  
    della diversità autistica. Il partner comunicativo della persona con  
    autismo potrebbe inferire significati che riflettono più l'orecchio e  
    lo sguardo di chi ascolta affatto compiuti nel soggetto.
    Che ne pensa il gruppo autismo-biologia?

    Stefano P.

    PS: per chi legge in inglese segnalo il sito con ulteriori  
    considerazioni sulla problematica centrale-periferico nell'autismo  
    sotto forma di review della raccolta Autism and Blindness. Research  
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    autismo-biologia a autismo33.it
    http://autismo33.it/mailman/listinfo/autismo-biologia



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