[autismo-biologia] Salute mentale in età adulta delle disabilità a esordio infantile

marianna boso m_boso a yahoo.it
Gio 14 Gen 2010 17:42:21 CET





Carissimi,

Stefano
Palazzi segnala che l'area delle "disabilità" è un'area che la
Psichiatria italiana ha, nel suo complesso, per così dire
"dismesso". Ha in sostanza ragione, malgrado esistano, certamente, alcune
realtà locali anche pregevoli -promosse grazie a sensibilità personali-
che fanno eccezione. 

Le ragioni
di questa storica "dismissione" e dell'attuale difficoltà a ri-assumersi
i propri compiti non stanno solo in una questione di scarso aggiornamento. Lo
scarso aggiornamento sembra essere, più che altro, una conseguenza. Va detto,
comunque, che lo scarso aggiornamento di conoscenze (o, in molti casi, vera e
propria ignoranza sugli sviluppi delle conoscenze sull'autismo) dilaga,
per così dire, a 360 gradi… non è peculiarità, come anche una nostra recente
indagine ha confermato, solo della psichiatria, ma è egualmente
distribuito tra tutti gli operatori "psi" dei "servizi"
(psicologi e neuropsichiatri infantili inclusi).

Le radici di
questa storica dismissione e di questi ritardi sono molteplici e complesse. 

Di fatto, la
psichiatria è andata in un'altra direzione. I suoi settori più innovativi si
sono concentrati, per decenni, su altre questioni ed ora, oberata com'è
non solo dal suo ritardo circa le disabilità, ma anche da innumerevoli ristrettezze
e problemi (fra i quali, recentemente, le potenti spinte neo-manicomiali e la fortissima
richiesta di "controllo sociale") fa indubbiamente fatica a
recuperare. Di questa difficoltà di ricezione ne sa del resto
qualcosa il nostro gruppo, che dal 1998, da quando esiste il Laboratorio
Autismo del nostro Dipartimento, vox clamantis in deserto, si occupa
sistematicamente, sia sul piano della ricerca che dell'assistenza, di
evoluzione dell'autismo nell'età adulta. Sarà dunque necessario riflettere
seriamente sui percorsi che stanno alle nostre spalle e lavorare con competenza
e dimostrata efficacia dall'interno delle nostre discipline, se vogliamo a
poco a poco modificare le cose. 

L'Italia,
poi, come è noto, è un paese a fortissimo tasso ideologico. In questo caso,
alcuni nobili principi, genericamente e ingenuamente assunti  (inclusione
sociale, parità di diritti....) hanno sortito un esito paradossale. Essi, da
indicatori etici di carattere generale, da realizzare al meglio tenendo conto
delle specifiche caratteristiche di ciò di cui ci si occupa, si sono
trasformati in molti casi, per quel che riguarda l'autismo negli
adulti, in pregiudizi ideologici che hanno ritardato, invece di
favorirla, una seria riflessione su quali siano condizioni e contesti specifici
che consentano davvero vita di buona qualità, costante tensione
abilitativa e il massimo di relazionalità possibile per persone adulte con
autismo, in particolare con autismo grave. Questi pregiudizi ideologici hanno
lasciato largo e proficuo pascolo ai nuovi venditori di metodi e di illusioni.
Hanno alimentato false credenze scientificamente infondate -cioè che con questo
o quel metodo si possa sostanzialmente sanare la radicale disabilità sociale
autistica. Hanno favorito il deserto attualmente esistente di buoni contesti e
buone pratiche e consentito alibi alla latitanza e all'opportunismo
delle amministrazioni e, in generale, del sistema del welfare, che ha
scaricato il peso, ancora una volta, sulle famiglie. Basti pensare all'enorme,
insensata, sciocca opposizione che ancora trova la progettazione di luoghi
residenziali di vita e abilitazione permanente realmente adatti a persone
adulte autistiche gravi, cioè che tengano conto delle specificità e delle
caratteristiche nucleari dell'autismo, dei suoi bisogni e anche del fatto che,
per buona parte almeno delle persone con autismo, questo problema è, in realtà,
un problema in prospettiva, assolutamente ineludibile. 

Si è
continuato così ad illudersi e ad illudere che il compito fosse quello
(praticamente quasi impossibile) di genericamente "adattare" al mondo
persone autistiche in cui i fondamenti stessi di socialità, intersoggettività, intenzionalità,
organizzazione coerente dell'esperienza ecc. sono basalmente in questione e
necessitano di una continua facilitazione. Perché, invece, non si è pensato, all'opposto, di
adattare il mondo a loro, creando contesti condivisi e sociali non
istituzionali, organizzati ed aperti, adatti alle loro
caratteristiche.....in grado di sintonizzarsi su di esse per espandere nei
limiti del possibile capacità, relazionalità ecc. ? Insomma, c'è una grande
riflessione e una enorme revisione di pregiudizi e luoghi comuni da fare....

Ma intanto,
forse qualcosa nella Psichiatria comincia a muoversi e alcuni segnali
interessanti recenti ci sono stati. Tra di essi: alcuni mesi fa il prof. Maj,
attuale presidente della World Psychiatric Association, ci chiese un
saggio sull' autismo nell'età adulta per un numero di Noos, la rivista di
divulgazione psichiatrica più diffusa (arriva praticamente sul tavolo di tutti
gli psichiatri italiani), dedicato al tema: "Fattori specifici e
aspecifici della riabilitazione psicosociale”. Il numero è ora in
distribuzione, con una bella introduzione di Mario Maj e contiene anche le 40
pagine del nostro saggio: "L’autismo a partire dalla sua evoluzione
nell’età adulta: nuove conoscenze, criticità, implicazioni abilitative"
(autori: Barale F, Politi P, Boso M, Broglia D, Orsi P, Pace A, Ucelli di Nemi
S), che dopo aver descritto l'evoluzione recente delle conoscenze sull'autismo,
descrive ciò che si sa della sua evoluzione nell'età
adulta, analizzando problemi, criticità e implicazioni abilitative. Su
questa base, nella seconda parte dell’articolo vengono poi esposti ragioni,
metodi e risultati dell’esperienza di Cascina Rossago, farm community per
adulti con autismo.

Speriamo
che a qualcosa possa servire, per il problema di ricezione di cui stiamo
discutendo

Molti
cordiali saluti a tutti

 

Marianna
Boso

DSSAP, Sezione
di Psichiatria

Dipartimento
di Fisiologia e Neuroscienze

Università
di Pavia

 

PS
L'articolo ovviamente è a disposizione di chi ne fosse interessato

 





      
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