[autismo-biologia] presentazione di un caso clinico

Luciana Bressan luciana.bressan a autismo33.it
Dom 3 Gen 2010 17:13:33 CET


Penso che il problema evocato non riguardi solo le persone con autismo, ma
la maggior parte degli adulti con handicap cognitivo/mentale grave. Si
tratta di far evolvere una societŕ che considera queste persone un
semplice "peso" da "parcheggiare" da qualche parte, "MENO UGUALI" di chi č
in pieno possesso delle facoltŕ di intendere e di volere nel diritto alla
salute, come in altri campi...
Segnalo al proposito le "buone pratiche" consigliate dalla HAS (Haute
Autorite de Sante) francese in un documento del maggio 2009:
"Maladie d'Alzheimer et maladies apparentes: prise en chargee des troubles
du comportement perturbateurs", dove a proposito dei farmaci si consiglia
di evitare le prescrizioni inopportune, sistematiche o prolungate di
psicotropi, in particolare sedativi e neurolettici.
(testo completo in francese: www.has-sante.fr)
Naturalmente la malattia di Alzheimer č cosa diversa dall'autismo, ma
alcune problematiche sono comuni alle due condizioni e, se č vero che
quanto si fa coi bambini puo' servire anche agli adulti, č altrettanto
vero che anche l'esperienza con anziani che presentano deficits cognitivi
gravi puo' servire...
E poi, associarsi a molti altri perché si applichino buone pratiche
potrebbe dare piů forza...
Luciana Bressan



> Dopo che Bice Chini ci ha fatto sognare prospettandoci una possibile
> recente disponibilità di farmaci che agiscono su quello che è lo
> zoccolo duro dell’autismo, la difficoltà a interagire socialmente con
> gli altri esseri umani, io tornerei al triste presente, a
> quell’aspetto dell’autismo di cui si tende a non parlare mai: la vita
> adulta. Essa  occupa la gran parte della vita di queste persone che
> hanno una disabilitĂ  che mina in profonditĂ  la qualitĂ  della vita, ma
> non la quantitĂ . Si parla sempre di piccoli e, recentemente, di
> piccolissimi, ma parlare di adulti è quasi un tabù.
> I venditori di “metodi” non ne parlano perché, in modo palese o
> velato, tendono a far credere che chi compra il loro metodo da adulto
> non avrĂ  piĂą problemi.
> Il SSN qualcosa fa, ma sempre meno, dall’età prescolare alla maggiore
> età, poi li abbandona. La scuola non c’è più fisiologicamente. La
> mamma fino all’ultimo respiro difende il figlio dall’abbandono, cerca
> di tenere alta, per quanto puo’, la sua  qualità di vita . Ma
> l’ultimo
> respiro arriva e si apre un lungo periodo di vita in cui il figlio
> c’è, ma la mamma non più.
> Di questa triste realtĂ , tanto triste che nessuno ne vuole parlare, i
> fondatori dell’ANGSA si sono occupati fin dalla sua costituzione e
> hanno evitato di usare la parola “bambini”, usando invece la parola
> “soggetti” proprio per ricordare che la grave condizione si prolunga
> oltre l’età infantile e dura tutta la vita
> Ed ecco che un numero sempre maggiore di soci ANGSA, associazione che
> nel 2010 compie 25 anni,  sono fratelli e, soprattutto,  sorelle.
> Una di queste, che è sempre stata vicina al fratello, ma lo è in modo
> particolare dopo la perdita della mamma, ci esprime le sue
> preoccupazioni e ci fa notare le criticitĂ  nella gestione del fratello
> da molti punti di vista e, in particolare, nella gestione dei farmaci.
> Credo che valga la pena di esaminare il caso di questo giovane
> ultratrentenne perché credo che non sia un caso isolato.
> Dopo la morte della mamma il giovane è ospite di una struttura che si
> trova a 75 KM dalla famiglia, scelta dall’AUSL in quanto meno costosa
> di quella proposta dalla sorella, a 20 Km da casa. Nonostante questo,
> la sorella fa il possibile per essergli vicino, compatibilmente con
> gli impegni famigliari ( ha due figli piccoli) e professionali ( è
> maestra di scuola dell’infanzia)
> La sorella lo conosce molto bene e ha l’impressione che i farmaci che
> sta assumendo non gli facciano bene. Sappiamo che i farmaci sono solo
> sintomatici e il parere di chi conosce il paziente da molti anni, che
> è in sintonia con lui, che con lui sa “comunicare” nonostante tutto,
> dovrebbe essere la guida della terapia.
> I farmaci sono
> Mattino: 1) EN fiale da 2 ml dose 1/2 fiala, 2) DISIPAL dose 1 compressa,
> 3)
> PROZIN da 100 mg dose 1/2 compressa. Dopo pranzo: 1) EN fiale da 2 ml dose
> 1/2 fiala, 2) PROZIN 1/2 compressa. Sera: 1) EN da 5 ml dose 1 fiala, 2)
> PROZIN dose 2 compresse, 3) DALMADORM dose 2 compresse.
>
> Tra i neurolettici è stato scelto il Prozin, la clorpromazina, il più
> vecchio dei neurolettici, quello dotato di maggior potere sedativo,
> almeno nella popolazione degli schizofrenici. Con la clorpromaziona,
> per quanto mi risulta, non è stata fatta nessuna sperimentazione sulle
> persone con autismo. La scelta sarĂ  stata fatta per sfruttare il
> potere sedativo? O perché costa 2,01 euro per 20 compresse da 100 mg.
> di contro ai 156,01 euro del risperidone 3 mg 60 compresse?
> Abbiamo già discusso a lungo sull’uso dei neurolettici nelle persone
> autistiche. E’ chiaro che il singolo caso va esaminato a sé. Ma se la
> sorella dice che non vede bene il fratello, il curante non dovrebbe
> ignorare questa fonte, che è la più attendibile, ora che la mamma non
> c’è più.
> Ma chi è il curante?
> Copio un altro messaggio della sorella
> “la  responsabilità medica della psichiatra è rivolta soprattutto a
> persone sofferenti di schizofrenia, Per quanto riguarda mio fratello,
> la responsabilità è dell’assistente sociale che si occupa
> dell'handicap adulto, che richiede la sua collaborazione per
> continuare la terapia prescritta nel 2007 dopo il ricovero in diagnosi
> e cura, in un momento di acuzie, terapia che a loro parere deve
> continuare per evitare un altro ricovero”
>
> Dunque: apparentemente il pz. è seguito da un medico specialista, che
> dovrebbe sapere attualizzare la prescrizione di psicofarmaci, ma in
> realtĂ  la psichiatra non sente il pz come suo, non si impegna ad
> aggiornare la terapia, continua a prescrivere i farmaci dati alla
> dimissione da un ricovero del 2007.
> Non  tiene in nessuno conto quanto dice l’attenta e affettuosa sorella
> e, qualunque cosa succeda, pare che il pz sia condannato a continuare
> questa cura vita natural durante.
> E se il pz non è della psichiatra della struttura, di chi è?
>
> Una situazione del tutto simile è descritta nel libro “Il mondo di
> Sergio”, Mauro Paissan, Fazi Editore, Roma, marzo 2008, 184 pagine, 16
> euro.
> Copio qualche riga dalla recensione che ho pubblicato sul bollettino
> dell’angsa, anno XX, 1-2 2008, 79-80
> “Un’altra situazione, che non è solo di Sergio, ma dell’intera
> categoria delle persone autistiche divenute adulte: non sono di
> competenza di nessuno.
> Sergio aggredisce, distrugge, è agitatissimo. Dovrebbe avere il pieno
> diritto ad essere ricoverato nel reparto di Psichiatria e a ricevere
> qui la cura per l’emergenza e l’avviamento ad una cura e/o ad un luogo
> di cura a lui adatto dopo il momento acuto.
> No. Ai genitori viene detto “ questo non è il suo posto. E’ un
> handicappato e quindi non  è di competenza psichiatrica”  Ma non viene
> visitato e preso in carico da qualche servizio o professionista che lo
> ritenga poi di sua competenza. Viene semplicemente dimesso e
> riaffidato ai genitori che devono fornire l’assistenza che nessun
> servizio è capace di fornire.
> Anche questa situazione è la regola e non l’eccezione. Le persone
> autistiche adulte, a parte lodevoli eccezioni, non sono di nessuno. I
> servizi di neuropsichiatria infantile non li vogliono perché hanno
> superato l’età, i servizi di psichiatria adulti non li vogliono perché
> sono handicappati ed evidentemente l’onore di essere da loro curati lo
> hanno solo persone brillanti e intelligenti. Eppure ad un certo punto
> del libro c’è un elenco lunghissimo di farmaci psicotropi, di cui per
> Sergio è stata verificata l’inefficacia o, spesso, l’effetto
> paradosso. Non si capisce chi, se non gli psichiatri, li dovrebbe
> prescrivere, sospendere, monitorarne gli effetti collaterali,
> adattarne il dosaggio”
>
> Il problema della gestione dei farmaci, che dovrebbe far parte di una
> gestione globale della persona con autismo, e non essere sostitutiva
> dell’ assenza di un progetto abilitativo/educativo, riguarda la quasi
> generalitĂ  degli adulti con autismo.
> Sino ad ora si è fatta la politica dello struzzo. C’è qualche segnale
> positivo che spero venga imitato: la creazione di Centri Autismo che
> non pongono limiti di età, come è avvenuto a Rimini e a Mondovì e come
> sta avvenendo col nascente Centro di Ravenna. Si spera che, con la
> nascita di questi centri, gli adulti non continuino ad essere figli di
> nessuno.
> E sperando, come vuole il periodo, in un anno migliore, auguro buon
> anno a tutti gli iscritti alla lista
> Daniela
>
>
>
>
> _______________________________________________
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>




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