[autismo-biologia] ancora sui neurolettici

daniela marianicerati marianicerati a yahoo.it
Mer 19 Ago 2009 23:06:24 CEST


Ho letto con molta attenzione il lavoro segnalato da Stefano Palazzi 
http://www.hta.ac.uk/fullmono/mon1321.pdf
 e vorrei fare alcuni commenti.
Uno degli aspetti positivi del lavoro è il fatto stesso che una Istituzione pubblica, la Health Technology Assessment (HTA) programme, part of the National Institute for Health Research (NIHR), si ricordi che esistono i disabili intellettivi adulti, realtà che viene solitamente ignorata sia per l’orrore della cronicità in quanto tale che per la tendenza ad ignorare questa realtà di fronte alla quale la medicina ha così poco da offrire.

La criticità a cui il lavoro vuole dare risposta è la seguente: i neurolettici sono largamente usati nei disabili intellettivi adulti senza che vi sia una “evidence”, ovvero delle sperimentazioni fatte secondo le regole universalmente accettate, che ne dimostrino l’utilità e questo avviene da più di cinquant’anni. Viene citato un articolo del 1955 Bair HV, Herold W. Efficacy of chlorpromazine in
hyperactive mentally retarded children. Arch Neurol
Psychiatry 1955;74:363–4 che ha contribuito a questa abitudine prescrittiva,  la cui qualità è ritenuta estremamente scarsa e che non giustifica l’attuale largo uso di neurolettici nei disabili mentali adulti.
Il quesito a cui la sperimentazione vuole rispondere non è quindi quello solito a cui siamo abituati, ovvero il lancio di un farmaco nuovo, che si suppone sia migliore dei precedenti, ma un partire da zero, rompendo una forza d’inerzia di mezzo secolo di prescrizioni che sono diventate routine senza che nessuno si sia chiesto da dove questa abitudine ha avuto origine
“Neuroleptic drugs are now
prescribed regularly for people with intellectual
disability, with up to 40% of those with intellectual
disability in hospital and about 20% of those in the
community being prescribed such medication.

At least
some of the neuroleptic medication prescribed for
those with intellectual disability is given for simple
behavioural disturbance that lacks underlying
pathology and could possibly be regarded as
superfluous or inappropriate.

If neuroleptic drugs are to be used
in treating challenging behaviour we need clear
evidence of their efficacy and adverse effects in
such settings”


Un altro dato che emerge dall’articolo è la resistenza dei clinici che si occupano di disabilità mentale a partecipare a sperimentazioni in doppio cieco, che vengono ritenute non etiche. 
Esistono delle regole ben precise sulla sperimentazione dei farmaci e sull’uso del placebo. Il placebo non è ammesso quando esiste per quella indicazione un farmaco di provata utilità di cui il paziente verrebbe privato se gli venisse dato il placebo.
Inoltre il paziente o il suo rappresentante deve sapere che sta partecipando a una sperimentazione e che puo’ ricevere un placebo. 
C’è grande preoccupazione morale per questo e c’è molto meno la preoccupazione di prescrivere per la forza dell’abitudine farmaci inutili o dannosi.
Lo studio è stato commissionato nel 2002 e pubblicato nel 2009 e già all’inizio, nel 2003, ci sono state critiche feroci. (Le Surf M.. No grounds for testing. Commun Care
2003, 10 July
If this were about
lesbian and gay rights or a physical disability
or race issue, many people would be actively
demonstrating against the injustice)
Questa opposizione ha ritardato di molto l’arruolamento dei pazienti e ha ridotto la numerosità del campione, che pure è stata ragguardevole (86 pazienti che hanno completato lo studio) L’esito è stato già anticipato da Palazzi: nessuna superiorità dei due neurolettici, aloperidolo e risperidone, rispetto al placebo. Leggendo per esteso il lavoro, risulta che il placebo è stato molto migliore dei due farmaci. Con tutti e tre i farmaci si è avuto un drammatico miglioramento nelle prime due settimane, ma col placebo il miglioramento è stato di maggiore entità e si è mantenuto per quattro settimane, mentre con i due neurolettici ad un iniziale miglioramento è seguito un rapido ritorno alla situazione antecedente 
Archibald Cochrane, il padre della Evidence Based Medicine, diceva “Ogni farmaco, o altra terapia, deve essere ritenuto inefficace finchè non è dimostrato il contrario” 
In alcuni campi della medicina questa affermazione è ritenuta ovvia; in Neuropsichiatria la tendenza a colmare il vuoto di conoscenza e di terapia con rimedi che entrano nell’uso senza passare attraverso sperimentazioni serie è molto diffusa, e non solo nelle cosiddette medicine alternative. 
L’esito di questo e di altri lavori dovrebbe richiamare tutti al rigore e alla serietà. 
Cordiali saluti
    Daniela




      



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